Caso Segre Seymandi, il parere dell'avvocato: "Illecita diffusione di dati personali"

Piemonte

L’avvocato Davide Piazzoni intervistato dal Corriere della Sera: "C’è un regolamento Ue, la signora potrebbe fare causa. Anche se lui non l’ha insultata, e la scelta dei vocaboli può fare la differenza"

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"Si potrebbe parlare di danno da illecita diffusione di dati personali". A dirlo in un'intervista al Corriere della Sera è l’avvocato Davide Piazzoni, esperto in diritto di famiglia e diritti della personalità, in merito alla vicenda di Massimo Segre, il banchiere che ha lasciato la futura sposa Cristina Seymandi alla festa di annuncio del matrimonio e il cui video è stato diffuso sui social.

Il parere

Secondo il legale cofondatore di Flin (Family lawyers international network) Cristina Seymandi potrebbe fare causa per risarcimento danni all’ex, ma sarebbe un percorso non semplice, anche se i dati personali, soprattutto quelli relativi alla vita sessuale, e la loro eventuale illecita diffusione, sono meritevoli "di particolare tutela, in base all’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento dell’Ue 679 del 2016".  Per Piazzoni anzitutto "bisognerebbe provare che la reputazione e l’immagine sociale e interiore della signora sono stati profondamente lesi da ciò che ha detto lui". Inolter la coppia non era ancora sposata: "I conviventi non hanno obbligo di fedeltà — precisa l'avvocato — ovvero, il non rispettarla non comporta conseguenze giuridiche. Dopodiché, che ci sia un obbligo morale è altro paio di maniche". 

"Partiamo da un presupposto - dice il legale - : due conviventi sono liberi. E se io dico che lei mi tradisce, le creo un danno? Se ne può discutere ma, francamente, trattandosi di una convivenza, uno è libero e fa quello che vuole. Lui è stato piuttosto elegante nella sua esternazione, perché nella mia vita professionale sento ben di peggio: può essere fastidioso, ma dimostrare che la signora ha subito un danno ingiusto alla sua reputazione, perché tale deve essere per ottenerne il risarcimento, è una montagna da scalare. Ma la scelta dei vocaboli può fare la differenza. Qual è la reputazione lesa? Perché il rischio è di andare verso un latente sessismo. La donna non è forse libera di fare quel che vuole? Oppure deve essere sostanzialmente angelica, e nel momento in cui le dico che non lo è, a quel punto ledo la sua reputazione? Non l’ha insultata; ha riferito fatti che ritiene di poter provare. Ha però diffuso dei dati senza il suo consenso".

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