Sindacalista investito a Biandrate, la moglie: "Combatteva sfruttamento"

Piemonte

"Vado avanti solo per i nostri due bambini, Abelahi e Adam, sei e quattro anni. Stavano aspettando il loro papà. Non lo abbracciavano da gennaio. Invece gli ho dovuto raccontare che è andato in cielo. Io ho scoperto della sua morte dai social", ha raccontato

"So che quello che è successo è una tragedia. Ma io voglio giustizia. Non si può morire così. E quel camionista dovrà pagare per quello che ha fatto". Lo afferma Lucia Marzocca, moglie di Adil Belakhdim, il sindacalista investito e ucciso a Biandrate, in provincia di Novara, in un'intervista a Il Corriere della Sera.

Le dichiarazioni

"Vado avanti solo per i nostri due bambini, Abelahi e Adam, sei e quattro anni. Stavano aspettando il loro papà. Non lo abbracciavano da gennaio - racconta - Invece gli ho dovuto raccontare che è andato in cielo. Io ho scoperto della sua morte dai social. Volevamo costruire qui in Marocco il nostro futuro insieme e invece ora aspetterò il suo corpo qui ad El Jadida solo per dirgli addio". In un'intervista alla Stampa, la donna descrive il marito: "Amava il suo lavoro, gli piaceva difendere i lavoratori e combattere contro lo sfruttamento. Voleva che chi si spacca la schiena per tutta la giornata fosse ben retribuito e che avesse garantiti tutti i suoi diritti. Mio marito ha sempre dovuto combattere, fin dal primo giorno che ha messo piede in Italia. Adil era un combattente. E non piegava mai la testa". Quello che non sopportava "era il razzismo. L'ha vissuto in prima persona. Mi raccontava che molti capi lo trattavano male perché era nato in Marocco. Diceva che erano razzisti e che i lavoratori stranieri erano sempre quelli trattati peggio. E lui si batteva anche per questo, per chiedere che i lavoratori fossero trattati tutti allo stesso modo".

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