Sono stati tutti condannati a un anno e sei mesi i 5 imputati nel processo con rito abbreviato per i fatti di piazza San Carlo. Appendino: "Amarezza, ma fiduciosa di far valere mie tesi". Il pm: "Una condanna per omicidio colposo è sempre una sconfitta per la società"
La sindaca di Torino, Chiara Appendino, è stata condannata in abbreviato a un anno e sei mesi nel processo per i fatti di Piazza San Carlo (COSA È SUCCESSO - FOTO COMMEMORAZIONE - VIDEO), quando, la sera del 3 giugno 2017, durante la proiezione su maxischermo della finalissima di Champions League, una serie di ondate di panico tra la folla portarono a 1.600 feriti e in seguito alla morte di due donne a causa delle lesioni subite.
Nel suo intervento di replica, il pm Vincenzo Pacileo aveva sottolineato che Appendino nella vicenda non ebbe solo un ruolo politico ma anche "gestionale" e aveva proposto per la sindaca una condanna a un anno e otto mesi di reclusione. L'udienza si è svolta nell'aula magna del Palazzo di Giustizia di Torino davanti al gup Maria Francesca Abenavoli.
Appendino: "Amarezza, pago per gesto altrui"
"Accetto e rispetto la decisione della giudice, anche per il ruolo istituzionale che ricopro, ma non posso non nascondere una certa amarezza perché c'è un sindaco che sostanzialmente paga per un gesto folle di alcuni ragazzi, che sono già stati condannati anche in appello". Così la sindaca di Torino, Chiara Appendino, ha commentato la sentenza lasciando Palazzo di Giustizia. "Sono stati fatti imprevedibili, non c'è alcuna responsabilità", ha aggiunto il suo legale, avvocato Luigi Chiappero.
In un post su Facebook, la sindaca ha sottolineato di non avere intenzione di sottrarsi alle responsabilità, ma "è altrettanto vero che oggi devo rispondere, in quanto sindaca, di fatti scatenati da un gesto, folle, di una banda di rapinatori". Sul "difficile ruolo dei sindaci forse andrebbe aperta una sana discussione", ha aggiunto dicendosi "fiduciosa di riuscire a far valere le nostre tesi nei prossimi gradi di giudizio". "La tesi dell'accusa, oggi validata in primo grado dalla Giudice, è che avrei dovuto prevedere quanto poi accaduto e, di conseguenza, annullare la proiezione della partita in piazza. È una tesi dalla quale mi sono difesa in primo grado e che, dopo aver letto le motivazioni della sentenza con i miei legali, cercherò di ribaltare in Appello". "E' evidente che, se avessi avuto gli elementi necessari per prevedere ciò che sarebbe successo, l'avrei fatto. Ma così non fu e, purtroppo, il resto è cronaca", scrive la prima cittadina. "Questa tragica vicenda mi ha segnato profondamente. Quei giorni e i mesi che sono seguiti sono stati i più difficili sia del mio mandato da sindaca sia della mia sfera privata, personale - si legge nel post -. E il dolore per quanto accaduto quella notte è ancora vivo e lo porterò sempre con me".
Le condanne
La sentenza del gup riguarda, oltre ad Appendino, l'ex capo di gabinetto del Comune Paolo Giordana, l'allora questore Angelo Sanna, l'architetto Enrico Bertoletti e l'ex presidente dell'Agenzia Turismo Torino, Maurizio Montagnese, tutti condannati a un anno e sei mesi. Un sesto imputato, Danilo Bessone, esponente di Turismo Torino, ha chiesto e ottenuto di patteggiare un anno e sei mesi. Tutti hanno ottenuto la sospensione condizionale della pena. Le accuse mosse dalla procura erano disastro, lesioni e omicidio colposo.
Il pm: "Condanna per omicidio colposo è sconfitta per la società"
"Una condanna per omicidio colposo è sempre una sconfitta per la società. Finora come procura abbiamo avuto ragione. Ma non c'è motivo di essere contenti", ha commentato il pubblico ministero Vincenzo Pacileo.
Il legale di Appendino: "Sindaco non può essere colpevole"
"Rispettiamo le sentenze, ma questa situazione la accettiamo a fatica, perché la sindaca ha dato patrocinio a un evento, punto - ha ribadito l'avvocato Luigi Chiappero, legale della sindaca Chiara Appendino -. Ci sono responsabilità vere e altre di posizione, che non sono di ordine penalistico". "Non capisco la corsa a voler fare il sindaco, un mestiere pericoloso - ha aggiunto il noto penalista - perché non è giusto che un fatto che lo stesso consulente ha detto imprevedibile nella prima reazione debba essere pagato da chi ha deciso con un atto politico che la manifestazione si potesse fare. Per me nessuna responsabilità deve ricadere su un sindaco in questi casi".
Sulla questione è intervenuto anche il viceministro al Mise Stefano Buffagni. "Questa vicenda rischia di portare qualsiasi amministratore e dirigente pubblico, non solo sindaci o figure apicali istituzionali, a temere per ogni decisione da prendere e quindi a non fare - scrive su Facebook -. Dobbiamo come parlamentari e legislatori aprire una serie riflessione sulla tutela dei sindaci e degli amministratori, anche in vista dell'esigenza del Paese di spendere velocemente, con attenzione, con onestà e intelligenza i soldi del Recovery", sottolinea.
Anche l'ex sindaco di Torino, Piero Fassino, invita a riflettere sul ruolo dei sindaci. "Le sentenze si rispettano, tuttavia comprendo l'amarezza espressa da Chiara Appendino dopo la sentenza su Piazza San Carlo, condivido quanto ha detto sul difficile ruolo dei sindaci su cui andrebbe aperta una sana discussione", scrive Fassino su Twitter.
I figli di una delle vittime: "Il dolore resta"
"La sentenza di oggi non ci restituisce nostra madre e non fa scomparire la sofferenza, fisica e psicologica, da lei patita". Così Valeria e Danilo, figli di Marisa Amato, rimasta tetraplegica e poi deceduta dopo essere stata travolta dalla folla la sera del 3 giugno 2017. "Questa sentenza non cancella il dolore e non colma la sua assenza, né oggi né domani" hanno aggiunto.
Caterina Diafona, avvocato che rappresenta le parti civili nel processo di Piazza San Carlo, ha affermato: "Sono stati tutti condannati con la stessa pena di un anno e sei mesi con condizionale. Sono state ammesse tutte le parti civili rimaste. È una vittoria a 360 gradi". "Vista anche la mia responsabilità, avendo più parti civili, è veramente una grande emozione e soddisfazione anche perché l'impegno è stato enorme", ha aggiunto.
La richiesta di nullità
L'avvocato Paolo Pacciani, difensore dell'architetto Enrico Bertoletti, uno degli imputati, aveva chiesto di annullare l'atto di chiusura delle indagini preliminari lamentando il "deposito intempestivo" di alcuni atti, che la procura aveva recuperato da un altro fascicolo solo lo scorso dicembre e messo a disposizione delle difese. L'avvocato Simona Grabbi, difensore dell'ex questore Angelo Sanna, si era associata alla richiesta. Il pm Vincenzo Pacileo aveva ribadito che le carte non fanno riferimento ai fatti di piazza San Carlo e non hanno rilevanza. L'avvocato Luigi Chiappero, difensore di Chiara Appendino, si era rimesso alla decisione del giudice.