Bimbo morto a Novara, tenta il suicidio il compagno della madre

Piemonte
Foto di archivio (ANSA)

Nicholas M. ha cercato di impiccarsi con un lenzuolo alle inferriate della sua cella. È stato salvato dalla polizia penitenziaria. Il giovane è accusato di omicidio volontario pluriaggravato per la morte del figlio della compagna

Ha tentato di suicidarsi in carcere Nicholas M., il 23enne accusato di omicidio volontario pluriaggravato per la morte del figlio della compagna, di 20 mesi. A darne notizia è l'Osapp, l'Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria. Nella notte tra lunedì 27 e martedì 28 maggio, a poche ore dal funerale del bimbo, il giovane ha cercato di impiccarsi con un lenzuolo alle inferriate della sua cella. Solo l'intervento della polizia penitenziaria ne ha evitato la morte.

La morte del bambino

Il 23enne era recluso da venerdì, quando gli agenti della squadra mobile di Novara su ordine della procura lo avevano arrestato assieme alla compagna Gaia R., 22 anni, al momento ai domiciliari in una struttura protetta perché incinta. Era stata lei, giovedì scorso, a telefonare al 118 perché il figlio di venti mesi si sentiva male. "È caduto dal letto", aveva detto ai soccorritori. L'autopsia sul bimbo, morto all'arrivo in ospedale, ha rilevato una serie di traumi e un'emorragia al fegato, causata da un violento colpo all'addome. 

Il 23enne non ha risposto alle domande degli inquirenti

Prima di tentare il suicidio, il 23enne, con problemi di droga e numerosi precedenti alle spalle, si è sempre avvalso della facoltà di non rispondere alle domande degli inquirenti. Di fronte al pm Ciro Caramore, titolare dell'inchiesta, si era limitato a dirsi "con la coscienza pulita", parole che il magistrato ha definito "agghiaccianti". Il suo tentativo di suicidio, sostiene il segretario generale dell'Osapp Leo Beneduci, "è l'ennesimo episodio che dimostra quanto e come l'attenzione dei poliziotti penitenziari sia rivolta alla sicurezza dei detenuti".

Minacce e insulti ai legali della coppia

Nel frattempo, i legali Annalisa Gibin e Barbara Grazioli, difensori d'ufficio della coppia, hanno ricevuto minacce e insulti sui social. Contro la gogna del web sono intervenuti l'Ordine degli Avvocati del Foro di Novara e l'Associazione Italiana Giovani Avvocati, che esprimono "il più totale appoggio e la più convinta solidarietà" alle colleghe. L'Ordine stigmatizza, in particolare, "l'ennesima offesa alla nobiltà della funzione difensiva, essenziale per il corretto funzionamento dello stato di diritto e per la garanzia del diritto di difesa garantito dalla Costituzione, del quale l'avvocato è insostituibile baluardo anche, e soprattutto, quando assiste persone accusate dei reati più gravi".

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