È palermitano il primo robot "empatico"

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Raffaella Daino

Raffaella Daino

Progettato nel laboratorio di Robotica del Dipartimento di Ingegneria nell’Università del capoluogo siciliano, grazie all’inner speech, cioè il discorso interiore, Pepper è in grado di riflettere ad alta voce, spiegare il ragionamento che lo ha portato ad una decisione ed esprimere le emozioni che quella situazione gli fa provare

Pepper segue la voce del suo interlocutore, gira il viso, sposta il corpo. Ha microfoni e telecamere. Risponde alle domande e riflette ad alta voce. Oltre ai comportamenti base presenti negli altri Pepper, questo robot ha una vita interiore, reagisce agli stimoli e spiega i sentimenti che sta provando. È stato programmato nel laboratorio di Robotica fondato dal professor Antonio Chella nel Dipartimento di Ingegneria dell'Università di Palermo, all’avanguardia nella cosiddetta robotica cognitiva che prende spunto dalla condizione umana per sviluppare robot sempre più vicini alle persone. E qui, nell’ateneo del capoluogo siciliano, a settembre partirà il primo corso di laurea in robotica.

Pepper, l’etica e l’empatia

Pepper ha un viso simpatico, occhi tondi, è alto come un bambino di 5 anni.  E il suo aspetto non è un elemento secondario, ci spiega il professore Antonio Chella che dirige il laboratorio di robotica da lui stesso fondato nel’97. Uno dei punti su cui si concentrano gli studi del team che dirige è proprio quello della fiducia. “Il nostro interesse principale è sempre stato quello della interazione con le persone“, ci spiega.  “La nostra mission è la robotica sociale. Sogniamo un mondo in cui persone e robot possano convivere insieme, con il giusto livello di fiducia, perché noi umani dobbiamo fidarci dei robot nella maniera corretta, non delegare compiti che sono e devono essere di nostra competenza ma approfittare delle straordinarie possibilità che ci offrono. Collaboriamo con psicologi, filosofi, neuroscienziati, musicisti e compositori e con loro studiamo le persone per individuare modelli computazionali che possiamo inserire nel robot. Stiamo lavorando sulle emozioni, sul discorso interiore e sulla teoria della mente. Quando parlo con una persona immagino quali siano i suoi gusti e le sue preferenze e cerco di impostare il giusto dialogo. Ecco, vorremmo che i robot capissero con chi stanno parlando per relazionarsi in maniera corretta con le persone e interagire con loro nel modo giusto.”

Gli usi possibili, dalla medicina alla cultura

“Stiamo studiando l’interazione con i soggetti autistici, che spesso si trovano più a loro agio con i robot e stiamo lavorando anche sulla possibilità - per chi è affetto da sla - di controllare il robot utilizzando uno speciale casco” dice Chella. “Ci sono poi gli usi artistici e culturali. Siamo stati i primi a realizzare robot che svolgevano il ruolo di guida, al museo di Agrigento e all’Orto Botanico e abbiamo stretto una collaborazione con il Conservatorio di Palermo per creare un robot che facesse da direttore d’orchestra. Immaginiamo il robot non solo come strumento sociale o medico ma anche come mezzo espressivo.”

Un team interdisciplinare lavora al progetto

Le parole chiave sono empatia ed etica e per i suoi studi ed esperimenti il professor Chella si avvale di un team interdisciplinare, guidato dalla ricercatrice Arianna Pipitone, docente di intelligenza artificiale al dipartimento di scienze umanistiche che nei test sul robot coinvolge anche gli studenti delle sue classi al Dams. “Uno degli aspetti sotto osservazione è il modo in cui il linguaggio interiore può influire sulle azioni di un robot e migliorarne la capacità di risolvere quesiti e dilemmi” dice la Pipitone. “Analizziamo quanto la riflessione ad alta voce influisca sulla percezione che le persone hanno del robot. Diamo al robot la possibilità di provare delle emozioni in base a quello che rileva.” 

 

Il suo team conduce un esperimento, a cui abbiamo la possibilità di assistere; l’operatrice Sofia al computer sposta un piatto e lo mette su una tovaglietta, in una posizione giusta, compiendo dunque una operazione corretta. Pepper osserva il monitor, riflette ad alta voce, dice che la posizione in cui il piatto è stato collocato è corretta, fa i complimenti a Sofia e aggiunge che sulla base della valutazione di quel contesto, un evento negativo si può verificare solo nel 10% dei casi e di conseguenza prova felicità ad alta intensità. “Abbiamo condotto esperimenti che hanno coinvolto l'interazione con le persone con l'obiettivo di valutare gli effetti dell'inner speech e la percezione delle persone ” dice  Alessandro Geraci, psicologo del team. “Il risultato è che interagendo con un robot molto più antropomorfo, per aspetto e comportamento, il senso di fiducia da parte delle persone aumenta.


Da anni conduciamo studi sulla “coscienza” dei robot. Siamo certi che se siamo in grado di sentire cosa pensano i robot” conclude il professore Antonio Chella “allora il robot può essere più affidabile e più facile da capire, anche per chi non è un tecnico o un ingegnere, e rivelarsi di estrema utilità.” L’esperimento si conclude, Pepper saluta me, i ricercatori, gli studenti che hanno assistito.  E ci ringrazia per aver partecipato alla giornata.

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