L'uso della biometria per controllare accessi e flussi è già realtà in 21 scali nel mondo, Italia compresa. Nei prossimi tre anni lo sarà nel 75% degli hub
Forse non servirà a fronteggiare il caos che in queste prime settimane di vacanze estive ha coinvolto molti aeroporti del mondo tra voli cancellati, scioperi e ritardi.
Ma di sicuro è una nuova prassi che si sta facendo sempre più strada nei principali hub del mondo, Italia compresa: parliamo del riconoscimento biometrico.
Tecnologia in espansione
Attualmente questa tecnologia è usata per il controllo del passaporto alla frontiera o per il check all'imbarco in 21 scali del mondo, compresi alcuni in Italia come Capodichino, Roma Fiumicino e Bologna. Secondo le previsioni degli addetti ai lavori però entro il 2025 il 75% degli aeroporti del mondo farà uso del riconoscimento biometrico.
Tra rischi e opportunità
Immagazzinare dei connotati fisici individuali correlandoli a una tecnologia che poi consente o meno di accedere a un servizio - lo abbiamo appreso definitivamente dopo questi anni di pandemia - può essere un rischio ma anche un'opportunità. Di sicuro consente un controllo più veloce e su più ampia scala rispetto a ciò che un gruppo di essere umani sarebbe in grado di garantire. Si stima che il risparmio in termini di tempo sia di circa il 30%: code all'imbarco ridotte, dunque, ma anche, sottolinea Sergio Colella, presidente di Sita Europa, la possibilità di riservare un più attento intervento "umano" a casi che lo necessitano, come per disabili o minori.
Ma come la mettiamo con l'enorme tema della protezione dei dati? Su questo fronte Colella rassicura, spiegando che, conformemente alle direttive Ue in materia, i dati - raccolti ovviamente con il consenso dell'utente - vengono distrutti alla fine del viaggio.