Abel, abbiamo incontrato l'androide bambino

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Chiara Caleo, inviato a Pisa

Robot umanoide sia sotto l’aspetto estetico sia comportamentale. Costruito dai ricercatori dell’Università di Pisa in collaborazione con la Biomimics di Londra, sarà utilizzato per studiare e aiutare pazienti affetti da disturbi del comportamento e del linguaggio

Conosciamo Abel, androide bambino, volutamente no gender. Creatura del genio

dell’animatronica Gustav Hoegen, già papà dei personaggi di Guerre Stellari e dei

dinosauri di Jurassic Park nella mitica Biomimics di Londra. Gli ingegneri di biorobotica del Centro di Ricerca E. Piaggio dell'Università di Pisa gli stanno dando un’anima. Abel sorride, diventa triste, ha una capacita espressiva inusuale per un robot. “Ha quasi una quarantina di motori “spiega il ricercatore Roberto Garofalo, “più della metà sono dedicati all’espressione facciale e l’altra metà per la gestualità delle braccia e delle mani” .

Il robot empatico che ci assomiglia

Abel, nome semitico che significa “scintilla della vita”, non è solo “carino” , non solo

somiglia tanto a noi umani. Sarà utile per studiare in maniera più approfondita il rapporto tra gli uomini e le macchine. I ricercatori dell’Università di Pisa stanno mettendo a punto la tecnologia del tipo reti neurali e machine learning che gli consentirà di tradurre in azioni i segnali che provengono da chi ha di fronte. Reagirà diversamente in base al tono di voce, alla sudorazione, agli stati d’animo e alle emozioni.

Un androide come amico

Abel ha grandi potenzialità: l'obiettivo è quello di generare una sorta di rapporto. Le

applicazioni vertono là dove c’è una difficolta nell’espressione delle emozioni e nella loro comprensione. Carenze nello sviluppo o nel creare il dizionario comune di questo

linguaggio, disturbi del comportamento o legati allo spettro dell’autismo. Ma può essere utile anche quando c’è una degenerazione di queste caratteristiche, come ad esempio nella demenza senile e in pazienti che soffrono di Alzheimer.

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