Privacy sul web, Tim Cook avverte: "I nostri dati sono diventati armi"

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L’amministratore delegato di Apple ha evidenziato i possibili impieghi negativi della tecnologia e ha elogiato la legge in vigore in Europa

Durante la conferenza Ue sulla privacy, in svolgimento a Bruxelles, Tim Cook ha rilasciato una serie di dichiarazioni sul tema. L’amministratore delegato di Apple ha messo in guardia sui possibili effetti negativi dovuti a un uso errato della tecnologia. Ciò che è stato pensato che garantire il progresso della società può nascondere delle insidie difficili da prevedere ed è necessario prestare grande attenzione a come lo si utilizza. La tecnologia è neutra e solo l’azione dell’uomo può determinare una sua connotazione positiva o negativa. Un uso scorretto dei mezzi a disposizione può “ingrandire le peggiori tendenze umane”, “rendere più profonde le divisioni esistenti” e “minare il discernimento tra quello che è vero e quello che non lo è”.

L’uso dei dati personali

"Oggi l'uso dei dati personali degli utenti internet è stato reso un'arma con efficienza militare dove tutto, dalle nostre speranze alle nostre paure, è stato assemblato in profili digitali. Questa è sorveglianza", ha dichiarato Tim Cook durante la conferenza internazionale.
"Le società digitali ci conoscono meglio di noi stessi, arrivando a mostrarci solo le cose che ci interessano", ha aggiunto l’amministratore delegato di Apple. Cook ha poi sottolineato che Apple è da sempre attenta alla privacy dei propri utenti.

L’allarme di Tim Cook

Il numero uno di Apple ha affermato che per garantire una migliore tutela dei dati personali, gli Stati Uniti dovrebbero dotarsi di una legge "organica sulla privacy come quella europea".
“È tempo per il resto del mondo di seguire l’esempio di Bruxelles”, ha infatti dichiarato. “Credo che la privacy sia un diritto umano fondamentale e che vada protetta. Sono favorevole alla realizzazione di una legge federale negli Stati Uniti”. L’intervento di Tim Cook è stato più volte applaudito dai presenti.
“C’è il rischio che le aziende che possiedono i nostri dati ci conoscano meglio di quanto noi stessi non ci conosciamo. Ma questa sorveglianza, questo accumularsi di dati personali in mano alle aziende arricchiscono solo le società che li raccolgono, questo dovrebbe destabilizzarci e farci pensare”. 

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