Sorpresa: Facebook non è morto come pensavamo

Per anni abbiamo raccontato - e ci siamo raccontati - che Facebook era ormai finito. Il social dei genitori e ormai dei nonni, dei boomer, di chi non ha seguito il flusso verso Instagram prima e TikTok poi. La piattaforma dei "buongiornissimi". Ma gli ultimi dati del Pew Research Center sul tema, appena pubblicati, dipingono un quadro molto diverso: tra gli adulti statunitensi, Facebook è ancora oggi la piattaforma più utilizzata dopo YouTube. Una presenza silenziosa ma massiccia, che contrasta con la narrativa dominante fatta di trend, hype e piattaforme super giovani che catturano l’immaginario collettivo. La ricerca, raccontata anche da Engadget mostra come, nonostante il calo di popolarità nei discorsi pubblici, Facebook continui a occupare una porzione enorme della dieta digitale quotidiana degli adulti americani. Non è il social più cool, certo, e qualcuno spesso si vergogna pure di esserci rimasto sopra ma è quello su cui ci si informa , quello su cui si discute - e ci si scontra - con una certa regolarità. YouTube domina ma Facebook segue a breve distanza, molto più di quanto la percezione comune suggerisca. Il sondaggio conferma che il 71% degli adulti statunitensi utilizza Facebook, una quota superata solo da YouTube, mentre oltre la metà lo consulta almeno una volta al giorno, con un 37% che dichiara accessi multipli quotidiani. È un dato impressionante se confrontato con piattaforme percepite come più “vive”: Instagram si ferma al 50%, TikTok al 37%, Reddit e Snapchat rimangono molto più indietro. E non è solo una questione di popolarità nominale: Facebook è l’unico social, oltre a YouTube, ad avere una penetrazione significativa in tutte le fasce d’età, inclusi gli over 65, e mostra livelli d’uso costante nei segmenti adulti - quelli che definiscono buona parte della conversazione pubblica, dei consumi e dell’informazione. La piattaforma risulta inoltre più utilizzata dalle donne rispetto agli uomini e conserva un ruolo centrale tra le comunità locali, familiari e civiche. L’Italia non fa eccezione. Secondo il rapporto Digital 2025 di We Are Social, la piattaforma di Mark Zuckerberg mantiene saldamente il secondo posto nel panorama nazionale, anche nel nostro caso dietro a YouTube. Qui il fattore demografico pesa naturalmente non poco: la popolazione italiana, più anziana rispetto ad altri paesi, conserva un legame più forte con il social che ha introdotto il concetto stesso di “feed” nella vita delle persone. Ma la demografia da sola non basta a spiegare la tenuta del mezzo: Facebook continua a funzionare come infrastruttura relazionale, come spazio informativo e come luogo di dibattito collettivo, anche quando il tono del dibattito è quello - spesso insostenibile, passatissimo e grottesco - che conosciamo. Il paradosso è che Facebook resta così centrale proprio mentre lo consideriamo superato. E questo ha effetti piuttosto concreti. Se la nostra attenzione mediatica è proiettata su TikTok e Instagram, la realtà è che l’opinione pubblica adulta continua in gran parte a muoversi e confrontarsi all’interno dell’ambiente che più di tutti ha plasmato l’infosfera contemporanea. È su Facebook che molti italiani leggono notizie - le poche che restano accessibili dal feed - commentano fatti di cronaca, discutono di politica, ostaggi – spesso con un gusto un po’ sadico - di dinamiche di conferma, contrapposizione e appunto polarizzazione. È il social che ha battezzato l’era degli algoritmi del confronto ed è ancora lì che questi meccanismi vengono ferocemente riprodotti ogni giorno. Questo scarto tra percezione e realtà è forse la parte più interessante dei dati. Da un lato, la cultura digitale dà per morto Facebook perché da un pezzo non detta più le tendenze visive o narrative. Dall’altro l’uso quotidiano e silenzioso degli adulti dimostra che resta uno dei grandi hub sociali del presente. Non è “il futuro”, ma è ancora parte decisiva in cui fermenta una bella porzione d’immaginario. E se continuiamo a ignorarlo perché suona vecchio, caotico, pieno di cose poco interessanti rischiamo di perdere di vista una parte fondamentale di come gli italiani e non solo si informano, parlano, discutono e si formano una qualche, pur sbilenca, opinione del mondo. Facebook non è accattivante né innovativo come TikTok né fluido e di una qualche ispirazione come Instagram. Non detta trend, non gonfia hype, non produce viralità culturale, finisce nelle cronache solo per questioni spregevoli come gruppi discutibili o criminali. Ma resta, sorprendentemente, il luogo dove una parte consistente della popolazione continua a tornare ogni giorno, quasi fosse una specie di infrastruttura rimasta appiccicata nelle abitudini digitali. E questa persistenza, silenziosa ma immensa, dice molto più di qualsiasi trend del momento.

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Simone Cosimi