Come l'Ai sta cambiando il futuro della videosorveglianza

All’epoca della defunta Germania Est, la sua organizzazione di spionaggio e controspionaggio, la Stasi, aveva messo in piedi una delle maggiori reti di sorveglianza della popolazione del mondo. Si stima che almeno 200mila cittadini fossero dipendenti o informatori dell’agenzia. Rivelatasi già micidiale così, è difficile immaginare cosa avrebbe potuto fare la Stasi se fosse stata in possesso degli strumenti di sorveglianza moderni, in gran parte alimentati dall’intelligenza artificiale. La stessa capacità di individuare schemi di comportamento e anomalie all’interno di immensi insiemi di dati che rende la IA così preziosa, per esempio, per analizzare le radiografie in medicina, si trasforma in un’arma potentissima per chi si dedica a monitorare la popolazione. La Cina fa scuola Fino a non moltissimo tempo fa, la possibilità di intercettare e analizzare conversazioni, volti e immagini, articoli e post in rete, era in qualche modo limitata dalla necessità di avere sufficiente personale e tempo a disposizione. Oggi gran parte del lavoro può essere svolto in maniera automatica, 24 ore su 24, da un insieme di algoritmi creati allo scopo. Non solo, ma è possibile combinare rapidamente dati in diversi formati e diversa provenienza, come telecamere a circuito chiuso, database biometrici, transazioni finanziarie, registri di viaggio, registri telefonici, per creare profili capillari e completi di un individuo o in un gruppo di persone. Famigerata è la Piattaforma integrata per operazioni congiunte utilizzata in Cina nella regione dello Xinjiang per sorvegliare la minoranza uigura, che aggrega i dati sulle persone - dai loro documenti d'identità e dati biometrici all'uso della porta sul retro della loro casa o al consumo di elettricità - e segnala alla polizia quelle ritenute potenzialmente “sospette”. All’ingresso di molti edifici pubblici, non solo nello Xinjiang, sono spesso presenti telecamere “intelligenti” in grado di scansionare non soltanto il volto dei passanti, per poterli identificare, ma perfino il loro modo di camminare. In Iran, questo tipo di tecnologia viene utilizzato per far rispettare la legge che impone l'uso del velo. In Iran le telecamere di sorveglianza dotate di IA e riconoscimento facciale scansionano le auto di passaggio alla ricerca di guidatrici a volto scoperto e del relativo numero di targa. Una volta raccolti questi elementi parte in automatico un Sms che contesta alle guidatrici la violazione, che può costare loro il sequestro del veicolo. Effetto Musk Casi estremi, si dirà, abusi possibili solo in regimi totalitari. Fino a un certo punto. Una delle conseguenze più durature, e potenzialmente più inquietanti della breve “incursione” di Elon Musk alla Casa Bianca, è forse quella per cui sulla spinta della modernizzazione e del “facciamo fare all’IA il lavoro dei dipendenti fannulloni”, il dipartimento da lui guidato, il Doge ha avuto accesso a banche dati governative finora tenute volutamente separate. Non è ben chiaro a quale scopo, o scopi. Di sicuro si sa solo che uno di essi è la creazione di un gigantesco database per la profilazione degli immigrati, per scoprire e deportare quelli non in regola. È evidente però che le stesse tecniche possono essere usate per effettuare analisi di qualsiasi genere sull’intera popolazione, ed eventualmente per individuare i punti deboli dei nemici del momento. In democrazia dovrebbe esserci un livello di controllo che impedisca abusi: così come per intercettare un telefono è necessario chiedere l’autorizzazione a un giudice, per effettuare analisi su cittadini fino a prova contraria innocenti dovrebbe essere necessario un qualche tipo di permesso. Lo sviluppo tecnologico, tuttavia, è ben più rapido di quello regolatorio. Accade così che nel Regno Unito, uno dei Paesi al mondo con il maggior numero di telecamere di sorveglianza pro capite, le forze dell’ordine facciano massiccio ricorso al riconoscimento facciale, senza che vi sia una specifica regolamentazione in materia. Secondo un’inchiesta del Guardian, nel solo 2024 la polizia di Inghilterra e Galles ha scansito il volto di 4.7 milioni di persone, senza che fosse rivolta loro alcuna accusa specifica, ma solo per controllare se il loro volto combaciava con quello di qualche criminale. Negli Stati Uniti la situazione è molto variegata, con le normative che cambiano a seconda dello Stato o della singola città. Di New York si sa che la polizia della città ha speso più di tre miliardi di dollari per acquistare strumenti di sorveglianza per tracciare i comportamenti dei cittadini. Il risultato, secondo l’ex difensore pubblico di Brooklyn e Washington Dc, Elizabeth Daniel Vasquez, “è una macchina del tempo digitale che non solo rende il nostro passato costantemente disponibile alle forze dell'ordine, ma può anche fornire loro previsioni sul nostro futuro”. Una volta raccolti dal Dipartimento di polizia della città, i dati vengono convogliati in un centro di archiviazione e analisi denominato Domain Awareness System, in grado di conservare le informazioni per anni e di utilizzarle per prevedere, ad esempio, chi viaggerà dove, o con chi entrerà in contatto. Il Vecchio continente In Europa, l’AI Act stabilisce diverse limitazioni per l’utilizzo dell’IA per tracciare e predire i comportamenti dei cittadini, come il divieto di riconoscimento biometrico da remoto negli spazi pubblici, o di profilazione predittiva. Tuttavia, lo stesso regolamento contempla molteplici eccezioni per motivi di sicurezza nazionale o di gestione dell’ordine pubblico e rimanda ai singoli Stati l’effettiva implementazione caso per caso. E in Italia? Potrebbe sembrare strano dirlo, viste le recenti polemiche sul suo ruolo, ma è grazie al Garante per la Privacy, oltre che a un quadro regolatorio stringente e all’attività di associazioni per i diritti civili, che si sono evitati finora gli eccessi visti altrove. Non che non vi siano zone d’ombra: per quanto riguarda il riconoscimento facciale, in particolare, risulta difficile avere dati precisi sul suo utilizzo da parte delle forze dell’ordine. Non sono mancati inoltre vari esperimenti di polizia predittiva da parte di singole città o amministrazioni, e il Dipartimento di Pubblica Sicurezza starebbe lavorando a Giove, un sistema integrato di previsione e analisi che dovrebbe essere sottoposto all’approvazione del Garante. Gli ultimi annunci su di esso risalgono però al 2023, e da allora non ci sono più state notizie ufficiali in merito.

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Come l'Ai sta cambiando il futuro della videosorveglianza

Federico Guerrini