Si accende il dibattito in merito a come poter sfruttare al meglio lo strumento legislativo per tutelare i cittadini perchè, secondo l'avvocato Anna Romano si rischia di compromettere l’efficacia e la coerenza della futura governance dell’IA in Italia
L'Italia è il primo Paese dell’Unione a dotarsi di una legge sull'intelligenza artificiale, la numero 132/2025 pubblicata in Gazzetta Ufficiale lo scorso 25 settembre, in linea con l'AI Act europeo, il quadro normativo di riferimento. Si tratta di un insieme di disposizioni che stabiliscono un uso “corretto, trasparente e responsabile” dell’AI in settori come sanità, lavoro, pubblica amministrazione, giustizia, professioni intellettuali e trattamento dei dati, ma che sono state accusatedi un eccesso di regolamentazione.
“La frammentazione delle competenze di vigilanza e attuazione che il legislatore ha deciso di affidare a una pluralità di autorità preesistenti anziché costituire un’autorità indipendente ad hoc interamente dedicata all’AI – osserva l’avvocato Anna Romano, name partner dello Studio Satta Romano & Associati - è sicuramente una scelta discussa e criticabile”. Una simile impostazione “rischia di compromettere l’efficacia e la coerenza della futura governance dell’AI in Italia”. Un’autorità “autonoma, dotata di competenze tecniche verticali – sottolinea l’esperta - avrebbe potuto garantire maggiore capacità di intervento su un terreno così innovativo e in rapida evoluzione”.
Il nodo delle competenze: l'articolo 20
È nell’articolo 20 che si concentra l’aspetto più controverso, spiega l’avvocato: “Il testo attribuisce le funzioni di vigilanza e attuazione a un insieme eterogeneo di autorità già esistenti:AgID (Agenzia per l’Italia Digitale); ACN (Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale); Banca d’Italia, CONSOB, IVASS; Garante per la protezione dei dati personali; AGCOM, nel ruolo di ‘coordinatore dei servizi digitali’”. Una simile dispersione delle responsabilità pone interrogativi sull’effettiva capacità del sistema di affrontare, in modo coordinato, le sfide poste da tecnologie complesse e intersettoriali”. Una scelta, fa capire Romano, “che risponde probabilmente a criteri di efficienza amministrativa e di utilizzo delle risorse già presenti, ma che rischia di creare sovrapposizioni, lacune operative e scarsa responsabilizzazione”. E aggiunge: “La coesistenza fra più autorità “genera problemi interpretativi e applicativi, spesso legati all’esigenza di dirimere eventuali conflitti di competenza”.
Il ruolo del Governo e i decreti attuativi
La legge prevede inoltre che il Governo, entro un anno, “adotti decreti legislativi destinati a disciplinare l’utilizzo di dati, algoritmi e metodi matematici per l’addestramento dei sistemi di AI – chiarisce l’esperta: dovranno essere definite tutele (anche risarcitorie), sanzioni e l’attribuzione della competenza per eventuali controversie alle sezioni specializzate in materia d’impresa”. La strategia nazionale per l’intelligenza artificiale invece “sarà affidata alla Presidenza del Consiglio e dovrà puntare a favorire la collaborazione interistituzionale, in coerenza con i principi del diritto internazionale umanitario – sottolinea Romano -. A supporto dell’attuazione della strategia viene istituito un Comitato di coordinamento con il compito di indirizzare e promuovere le attività di enti, fondazioni e organismi pubblici e privati operanti nel campo dell’AI”.
Una legge di principi, ma con lacune di governance
In definitiva, la Legge pubblicata sulla Gazzetta ufficiale numero 232, “rappresenta un primo tentativo organico di inquadrare l’intelligenza artificiale all’interno del nostro ordinamento, tuttavia – illustra l’avvocato - il suo impianto rimane ancora incompleto e la mancata creazione di un’autorità unica lascia aperti interrogativi rilevanti sulla tenuta del sistema di vigilanza, sulla capacità di rispondere rapidamente agli sviluppi tecnologici e sull’effettivo bilanciamento tra promozione dell’innovazione e tutela dei diritti”. La vera prova di efficacia “arriverà con i decreti attuativi che potranno correggere o consolidare gli orientamenti attuali, ma il nodo della governance oggi – fa notare Romano - appare tutt’altro che risolto”.