Cresce l'uso dell'IA per informarsi, ma la fiducia dei lettori resta bassa

Tra il 2024 e il 2025, l’utilizzo di strumenti come ChatGPT e Google Gemini è aumentato a dismisura. Secondo il Generative AI and News Report 2025 del Reuters Institute dell’Università di Oxford, che analizza l’impatto dell’intelligenza artificiale generativa sulla fruizione delle informazioni e sul ruolo dei media in sei Paesi del mondo , nel giro dell’ultimo anno la quota di popolazione che ha utilizzato questi strumenti almeno una volta è passata dal 40% al 61%, con un aumento significativo dell’uso settimanale dal 18% al 34%. Tutti i più diffusi modelli di IA generativa hanno visto il loro regolare impiego crescere a dismisura: l’utilizzo settimanale di ChatGPT è raddoppiato, passando dall’11% del 2024 al 22% del 2025, mentre quello di Google Gemini e Meta AI è triplicato, passando rispettivamente dal 4% all’11% e dal 3% al 9%. Gli strumenti più apprezzati dai professionisti, come Claude e Perplexity, sono invece rimasti piuttosto di nicchia: la quota di quanti li usano con regolarità è rimasta stabile all’1%. Nell’ultimo anno non solo è aumentata la frequenza di utilizzo, ma anche il modo in cui usiamo questi strumenti. La ricerca di informazioni e notizie è diventata il principale motivo per cui le persone interagiscono regolarmente con i chatbot o i modelli integrati nei browser , superando la creazione di contenuti come immagini, testi e video . Sempre più utenti si rivolgono infatti all’IA per ottenere risposte rapide a domande fattuali o consigli, funzioni precedentemente dominate dai motori di ricerca e, indirettamente, dai giornali. Questo fenomeno è evidente soprattutto nei risultati di ricerca sui browser, dove sempre più utenti visualizzano risposte generate dall’IA senza cliccare sui link alle fonti originali. Negli Stati Uniti, ad esempio, nella settimana precedente al sondaggio, il 61% degli intervistati si è imbattuto almeno una volta in una risposta data dall’IA, ma solo un terzo dichiara di cliccare “spesso” sui link delle fonti. Ciò rappresenta un grave problema per i siti di informazione, e più in generale per tutti i siti che si affidano al traffico degli utenti per generare profitti. Una difficoltà aggravata dal fatto che circa la metà degli utenti esprime fiducia nelle risposte dell’IA, trovandole utili soprattutto per informazioni semplici e immediate. C’è però un elemento che offre una parziale rassicurazione al mondo del giornalismo online: gli utenti mantengono maggiore cautela quando si tratta di temi complessi come salute e politica, per i quali rimane più frequente la verifica attraverso fonti tradizionali. Entrando infine nel merito dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale per la produzione di informazioni in ambito giornalistico, emerge un marcato “comfort gap” tra gli utenti: solo il 12% degli intervistati si dice a proprio agio con notizie generate interamente dall’IA, quota che sale al 21% se c’è un intervento umano, al 43% se la notizia è prodotta da un giornalista con il supporto dell’IA e al 62% per contenuti prodotti completamente da un essere umano. In generale, il pubblico ritiene che l’IA possa rendere la produzione di notizie più veloce ed efficiente, ma la percepisce meno affidabile e trasparente. Per le redazioni, il messaggio è chiaro: il pubblico usa l’IA per informarsi, ma rimane scettico verso la sua piena applicazione in ambito giornalistico. Secondo gli autori del report, la strategia migliore non è nascondere l’uso dell’intelligenza artificiale, ma puntare sulla trasparenza e su un giornalismo originale che si distingua dai contenuti chiaramente prodotti con l’IA.

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Gianluca De Feo