"Quando non so con chi parlare, uso l'IA": lo studio sugli under 18

“Ehi Siri, che tempo fa oggi?”. Ricordate? Era una delle frasi più iconiche dell’era digitale nascente. L’assistente virtuale di Apple ci ha abituati a risposte rapide e funzionali, ma nel giro di pochi anni qualcosa è cambiato. Al posto di semplici comandi vocali, sono arrivati chatbot capaci di ricordare, dialogare, riflettere. Ci accompagnano in tante attività quotidiane: dalla lista della spesa alla risoluzione di un’equazione complessa. Oggi l’intelligenza artificiale non è più solo un assistente: per molti è diventata una confidente, un’amica, e persino una sorta di psicologa digitale. Ogni aggiornamento, ogni evoluzione, rafforza l’illusione di avere davanti qualcuno di reale: l’assistente virtuale può essere seriosa, ironica, gentile, risoluta… e senza neanche accorgercene, i confini si sfumano fino a chiederci: stiamo parlando con una macchina o con una nuova forma di relazione? L’urgenza di un’educazione civica 2.0 Un fenomeno sempre più evidente: i giovani si avvicinano al web, allontanandosi progressivamente dal mondo adulto. Secondo l’Osservatorio Scientifico sull’Educazione Digitale del Movimento Etico Digitale, solo il 4,4% degli studenti si sente competente nell’uso dell’IA, mentre il 41,9% teme che possa essere usata contro l’uomo, con un incremento dell’11% rispetto al 2024. L’indagine, condotta su 20mila studenti tra gli 11 e i 18 anni, evidenzia l’urgenza di una formazione strutturata, diffusa e integrata nei programmi scolastici: una vera “educazione civica 2.0”. “La cittadinanza digitale è la capacità di vivere il web con consapevolezza, rispetto e spirito critico” - spiega Davide Dal Maso, presidente del Movimento -. “Se un giovane trascorre oltre cinque ore al giorno sul telefono, non possiamo relegare questo tema a poche ore l’anno”. Senza una formazione adeguata, si rischia di perdersi tra contenuti superficiali, modelli distorti e disinformazione. “Il vero pericolo è la solitudine digitale: quando mancano punti di riferimento, il web diventa rifugio anziché strumento di crescita”, continua Dal Maso. Solo il 55,7% degli studenti ha ricevuto una qualche forma di educazione al web, e tra questi, oltre la metà ne giudica la qualità insufficiente. Il rischio? Una generazione che sa cosa dire, ma non perché. “Senza una guida, i giovani diventano utenti passivi, vulnerabili e manipolabili” - aggiunge Gregorio Ceccone, pedagogista del digitale -. “Dobbiamo formarli come cittadini consapevoli, liberi e responsabili. Per farlo, scuola, famiglia e comunità educativa devono agire insieme, con visione e coraggio”. L’IA come nuova presenza relazionale Il 15% degli studenti ammette di non saper usare l’IA, nonostante il 43% la utilizzi per informarsi. Internet è la principale fonte di informazione , ma cala la fiducia nei genitori e solo il 6% indica gli insegnanti come riferimento. I chatbot sono percepiti come interlocutori immediati, mentre il mondo adulto appare distante. “È fondamentale che genitori e insegnanti rafforzino la propria capacità relazionale, affettiva e normativa. I ragazzi hanno bisogno di presenza autentica e ascolto sincero”, avverte Ceccone. “Non servono adulti perfetti, ma figure capaci di esserci davvero, con il cuore aperto e lo sguardo attento. Un adulto che si ferma, guarda negli occhi e ascolta senza interrompere vale più di mille risposte generate da un algoritmo”. Il report evidenzia come l’IA non sia più solo un supporto scolastico, ma per molti ragazzi diventi un amico o persino uno psicologo. “ChatGPT è il mio assistente. Quando non so con chi parlare, parlo con lui. Almeno lui c’è sempre”, racconta una studentessa di 11 anni. “L’empatia simulata dell’IA può replicare risposte emotive, ma non sostituire quella autentica - dichiara Ceccone - Dietro uno sguardo umano c’è esperienza, sensibilità, memoria affettiva. Il rischio è che i nostri figli si abituino a un conforto relazionale artificiale, privo di profondità, e fatichino poi a gestire la complessità delle relazioni vere. Le relazioni umane sono lente, faticose, a volte ambigue. Ma è proprio lì che nasce l’empatia autentica”. Identità online: tra errori, dialogo e presenza umana Incoraggiare il pensiero critico tra i più giovani, quindi, non significa spaventarli, ma accompagnarli nella consapevolezza che ogni parola, immagine o azione compiuta online contribuisce a costruire la loro identità presente e futura. Un dato emblematico del report lo conferma: il 67,7% degli studenti ammette di essersi pentito almeno una volta di ciò che ha condiviso sui social. Un segnale chiaro di quanto sia ancora fragile e sfaccettato il rapporto tra le nuove generazioni e la propria identità digitale. “Sbagliare è normale, soprattutto in adolescenza - sottolinea Dal Maso - Dobbiamo passare dal giudizio al dialogo: solo dal confronto nasce la consapevolezza”. In un’epoca in cui le relazioni affettive passano anche attraverso schermi e algoritmi, è naturale che bambini e adolescenti cerchino conforto e risposte nell’IA, sempre disponibile e mai giudicante. “Ecco perché è importante osservare con attenzione come i ragazzi si relazionano con questi strumenti - afferma Ceccone - Segnali come il distacco dalle relazioni umane o la confidenza esclusiva con assistenti virtuali vanno compresi, non giudicati”. E proprio in questo contesto, la sfida non è tecnologica, ma profondamente educativa. “Nel 2030 mi immagino una scuola ideale in cui tecnologia e umanità sono unite, dove il digitale sia regolamentato e utilizzato in modo etico e proattivo, con più momenti di confronto tra generazioni e più esperienze offline", conclude Dal Maso. Serve uno sguardo nuovo, capace di riconoscere i segnali, ascoltare i silenzi e restituire ai giovani il valore delle relazioni autentiche perché dietro ogni schermo c’è un cuore che cerca risposte e quelle più importanti non le dà un algoritmo.

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Beatrice Subissi