Zerocalcare: "È il mio libro più divisivo: dico dei no per tenere la barra dritta"

“Il Nido dei serpenti” inizia con una tavola in cui c'è scritto: “questa è una storia complicata”, perché? Perché è una storia che racconta di un processo con più di 20 persone accusate di un fatto comunque controverso: un attacco ad alcuni dei nazisti nel “Giorno dell'onore” e in cui si mischiano legislazioni dei vari paesi. Perché c’è l'Ungheria, la Germania, l'Italia, c'è la Francia, ci sono tante nazionalità tra le vittime e i carnefici. È un calderone di robe abbastanza complicate. C'è una prima parte che è dedicata a una persona che tutti ormai conosciamo, Ilaria Salis, che si è salvata dalla prigione in Ungheria dopo essere stata eletta Eurodeputata. Un processo che avevi seguito e già raccontato su Internazionale. La parte inedita è però la seconda in cui racconti la storia di Maja, persona non binaria, che sta avendo una sorte molto differente... Maja è accusata degli stessi fatti di cui era accusata Ilaria, quindi di questo attacco che in teoria in Italia non avrebbe portato neanche a un giorno di carcere. Parliamo di nazisti refertati con otto giorni di prognosi e che non hanno neanche fatto una denuncia. Maja non è riconosciuta in nessuna immagine, in nessun video, però è stata arrestata in Germania, esattamente come fu poi per altri suoi coimputati. È però l'unica persona che è stata estradata in Ungheria con un procedimento che poi è stato dichiarato illegittimo dalla Corte Federale: non si poteva estradarla, però, ormai è troppo tardi. Maja si trova in Ungheria e rischia fino a 25 anni di carcere. E' in isolamento da più di un anno e mezzo, in condizioni molto dure, con una sentenza che arriverà tra qualche settimana. A dieci anni da “Kobane Calling” perché ora hai deciso di raccontare questa storia? Perché è un tema che mi sta a cuore. Io nella vita ho avuto a che fare coi nazisti, come tutti quelli che sono cresciuti nei centri sociali a Roma agli inizi degli anni 2000. In termini di aggressioni diciamo che ho subito anch'io una situazione complicata di un pestaggio abbastanza intenso! È una cosa che in genere mi sta a cuore e ho deciso di continuare a seguirla, nonostante poi la vicenda di Ilaria fosse finita bene con la questione dell'Europarlamento, ma mi sembrava umanamente deprecabile pensare di aver trattato il caso per un po' e poi chiudere quel capitolo, quindi fino a che c'è qualcuno che sta sotto processo mi sembra giusto continuare a seguirlo. Chi sono i serpenti del tuo libro? Io usavo l'immagine del serpente che è un po' quella della Seconda guerra mondiale, col serpente a forma di svastica iconografia del nazismo. Questa idea però di un animale che striscia nel buio e che ha continuato a strisciare negli anni successivi, nei decenni successivi, mi sembrava che fosse adatto al tipo di storia che stavo raccontando È il tuo libro più militante, il tuo libro più politico? Io non so se sia il libro più politico, sicuramente è il libro più divisivo. Penso che politica sia praticamente tutto, perché non è che quando uno parla di precarietà della vita dei nostri amici, di uno che a 45 anni fa l'inventario al supermercato e non riesce ad arrivare alla fine del mese sia meno politico. Sicuramente è un libro in parte più militante, visto che poi anche una parte dei ricavati andrà a pagare le spese legali degli imputati e delle imputate. Sicuramente è più divisivo, nel senso che sul non arrivare alla fine del mese spesso siamo tutti d'accordo mentre non lo siamo quasi mai su come ci si comporta davanti ai nazisti. Il libro fa infatti riferimento alla necessità di dare una risposta all'avanzata dei gruppi neonazisti in Europa, soprattutto in Germania. C'è una vignetta molto bella in cui c’è una bambina che dice: “no”. Si può allora chiedere alle persone di dire di no? Ah, secondo me si può chiedere alle persone di dire no, ciascuno con quello che si sente e con la sua postura. È ovvio che non a tutti si può chiedere tutto. Ci sono anche delle posizioni di privilegio sul lavoro, per cui certe persone si possono permettere di dire no a certe cose mentre altre sono molto più ricattabili e non possono. Quello che però penso è che anche soltanto a mensa coi colleghi, a scuola, alla fermata dell'autobus o al bar la mattina, quando c'è qualcuno che dice qualcosa di orrendo e intollerabile, invece di girarsi dall'altra parte e farsi i fatti propri, ricordare che quello che sta dicendo è qualcosa di cui si dovrebbe vergognare, che quella roba lì non può passare. Secondo me è qualcosa che ci aiuterebbe tutti a ritrovare un minimo di igiene nel discorso. A proposito di dire no, ultimamente lo hai fatto diverse volte recentemente a “Più libri, più liberi” ma è capitato altre volte anche in altri eventi. È un periodo storico in cui bisogna dire più no o sei tu ad essere cambiato? Io non sono cambiato, nel senso che 15 anni fa avevo gli stessi paletti di oggi: non fare le cose con i nazisti e non fare cose elettorali. Paradossalmente 15 anni fa era semplice, non mi capitava di fare le cose coi nazisti e adesso invece è diventato oggettivamente un campo minato, ci sono delle cose che prima sembravano impensabili e che adesso sono completamente sdoganate nel discorso pubblico. E se uno vuole mantenere quei paletti si trova lavorativamente a dover fare delle scelte che sono complicate. A me non è che mi diverte fare ogni volta questa pantomima, mi vergogno, però non so come fare per tenere la barra dritta. Una barra che è sempre stata dritta per te è quella dell'essere fumettista e autore di graphic novel, ma ultimamente hai espresso una certa insofferenza. Anche nel libro scrivi: “se mi metti una matita in mano e come se mi ficchi due dita in gola”. Che succede? A me in realtà piace fare fumetti, mi piace raccontare. Quando sto al telefono comunque mi metto a scarabocchiare è una roba che mi piace fare. Quello che mi è venuto un po' meno è il piacere di fare ‘sto mestiere, un po’ per le cose che dicevamo prima, perché poi se uno vuole tenere un minimo di regole sulle cose che fa si trova in mezzo comunque a mille polemiche, a delle tempeste tra media e social. Sono questioni che mi rendo conto che hanno stufato probabilmente chi le legge ma in realtà hanno stufato pure me che ci sto dentro. Però non capisco bene come fare per chiamarne fuori senza smettere di fare questo lavoro. Hai anche un cane adesso, come va? È il mio spazio di tranquillità. Il cane non legge i commenti su Facebook, non può parlare, forse vorrebbe dire cose orribili e non me le dice e quindi va bene. Oddio in realtà al parco litiga con tutti i cani maschi, ogni volta che lo porto mi faccio il segno della croce.. Non voglio fare la gaffe di Mastrandrea, quindi non ti chiedo dettagli sulla nuova serie Netflix... Eh, uscirà nel 2026 E poi? E poi boh! Ho almeno altre due storie, però non so se me va di invorticarmi nell'idea di raccontarle . Sono due storie che mi frullano in testa che ogni tanto mi ritrovo a scrivere così però la prospettiva di buttarmi nel frullatore in questo momento mi agita. Ora vediamo col Natale Panettone, pandoro e passa la paura... Eh sì

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Zerocalcare: "È il mio libro più divisivo: dico dei no per tenere la barra dritta"

Roberto Palladino