Cyberattacco agli aeroporti Ue: bloccare l'aviazione è così facile per gli hacker?

Sabato 20 settembre, in uno dei momenti di maggiore traffico per i viaggiatori, un attacco informatico ha colpito numerosi aeroporti europei. Heathrow a Londra, Bruxelles e Berlino Brandenburg sono stati i più duramente colpiti mentre anche Dublino e Cork hanno segnalato disagi, soprattutto al Terminal 2. I sistemi elettronici di check-in e di consegna dei bagagli basati sul software MUSE di Collins Aerospace sono stati messi fuori uso, costringendo gli operatori a ricorrere a procedure manuali. Ne sono naturalmente derivate lunghe file, ritardi diffusi e decine di voli cancellati, con un impatto che ha attraversato più confini nazionali e coinvolto decine di migliaia di passeggeri. Tanto per fare un esempio, molti voli sono stati cancellati anche in altri scali sia per i ritardi che per muovere gli aeromobili verso gli aeroporti colpiti così da riproteggere le migliaia di passeggeri rimasti senza volo. L’Agenzia europea per la cybersicurezza ha confermato che l’episodio è stato causato da un ransomware diretto a un fornitore esterno, a riprova di quanto le catene di approvvigionamento digitali rappresentino un tallone d’Achille per l’intero settore. L'anello debole dei fornitori L’attacco non ha quindi avuto come bersaglio diretto le compagnie aeree o gli scali ma un fornitore tecnologico centrale. È questa la chiave che rende particolarmente insidiosa la minaccia: colpire un nodo della catena significa generare ricadute su decine di infrastrutture contemporaneamente. Nel caso del software MUSE, usato in numerosi aeroporti europei, il blocco si è tradotto in un effetto domino con conseguenze operative immediate e di portata significativa. Questo scenario era stato in realtà anticipato da più analisi recenti, che sottolineavano come il settore dell’aviazione, più di altri comparti, sia interconnesso e dipendente da tecnologie comuni, con – è un pericoloso paradosso, ma è così - fornitori che spesso hanno risorse di difesa informatica inferiori rispetto agli operatori principali. I numeri di Check Point Research Secondo le rilevazioni più recenti di Check Point Research, il comparto trasporti e logistica è sottoposto a una pressione costante: ogni organizzazione subisce in media 1.143 tentativi di attacco alla settimana, un dato in crescita del 5% su base annua che ad agosto 2025 ha toccato un picco di 1.258. Sul piano globale i ransomware restano la minaccia più dirompente, con oltre 1.600 incidenti segnalati nel secondo trimestre del 2025, e il settore ha contribuito per circa il 4% di questi eventi. A conferma dell’escalation, nel primo trimestre del 2025 l’attività ransomware è aumentata del 126% rispetto all’anno precedente, stabilendo nuovi record e rendendo evidente quanto le interruzioni dei servizi digitali — come quelle che hanno colpito gli aeroporti europei — non siano episodi isolati ma parte di una tendenza strutturale. I dati del rapporto Verizon A dare ulteriore consistenza a queste preoccupazioni ci sono anche i dati del Data Breach Investigations Report di Verizon 2025. Lo studio evidenzia che gli incidenti legati a terze parti sono raddoppiati nell’ultimo anno, passando da circa il 15 al 30% del totale. I ransomware, in parallelo, appaiono in quasi la metà delle violazioni gravi analizzate, con un’incidenza del 4%. Il rapporto mostra anche come le intrusioni nei sistemi costituiscano oltre l’80% degli incidenti originati dai fornitori, con le credenziali rubate e le vulnerabilità non risolte che restano tra le modalità di intrusione più sfruttate. A completare il quadro c’è la crescita della cosiddetta “ingegneria sociale” e delle email di phishing, sempre più sofisticate e spesso generate con l’ausilio di strumenti di intelligenza artificiale. Il momento scelto dagli aggressori Gli esperti osservano che i criminali informatici scelgono con attenzione i tempi per colpire. Attacchi come quello del 20 settembre arrivano nei fine settimana o nei giorni festivi, quando i team IT e di sicurezza sono meno presidiati e i tempi di risposta inevitabilmente più lunghi. In questo modo, i disservizi si protraggono fino alle giornate di traffico più intenso, come il lunedì, amplificando la portata del caos. Nel caso degli aeroporti, l’effetto è stato immediato: centinaia di voli sono stati sospesi o riprogrammati, con costi elevati per compagnie e scali, e disagi diffusi per i passeggeri. La Cybersicurezza come sicurezza operativa Il caso di sabato 20 settembre ha reso ancora più evidente come la sicurezza informatica non possa essere trattata come una questione puramente tecnica. Bloccare i sistemi digitali significa fermare i flussi di passeggeri, cancellare voli e mettere a rischio la fiducia dei viaggiatori. Per il settore dell’aviazione, la cybersicurezza deve insomma essere considerata allo stesso livello della sicurezza fisica legata alle minacce concrete: un prerequisito essenziale per garantire continuità operativa e protezione delle persone. La necessità di un cambio di rotta Gli esperti concordano sul fatto che serva una nuova cultura della resilienza. Aggiornamenti regolari dei software, monitoraggi costanti per rilevare attività sospette, piani di backup collaudati e una cooperazione transfrontaliera più stretta sono passaggi indispensabili. Così come nessun aereo decollerebbe senza i dovuti controlli di sicurezza, anche la rete digitale che sostiene l’aviazione deve essere sottoposta a verifiche rigorose e continue. A quella check-list che tutti i piloti scorrono prima di ogni volo. L’attacco di settembre ha mostrato quanto rapidamente un singolo evento possa tradursi in un’emergenza internazionale.

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Simone Cosimi