Che rapporto abbiamo con la solitudine digitale?

Che rapporto abbiamo con la solitudine? E in particolare, come viviamo quella digitale? Permettendoci di restare sempre connessi, il web ci unisce o ci isola sempre più dal cosiddetto mondo reale? Esistono diversi modi di vivere il rapporto tra solitudine e tecnologia, anche molto distanti tra loro. A fotografarli è la nuova indagine “Le solitudini tra noi”, realizzata dall’agenzia Hearts & Science, che ha voluto esplorare il rapporto tra solitudine ed esperienze online. Se la parola “solitudine” porta spesso il peso di un’accezione negativa legata a emarginazione e anzianità, la “solitudine digitale” rappresenta invece "l’esperienza di chiudersi nella propria infosfera", spiega a SkyTG24 Insider Emanuele Giraldi, director dell’agenzia che ha condotto lo studio: “All’interno di quello spazio siamo fisicamente soli. Ma non emotivamente. E il concetto di ‘solitudine digitale’ di per sé non ha un’accezione negativa”, sottolinea. La ricerca ha voluto indagare come la tecnologia “modifichi non solo le relazioni, ma anche il modo in cui le persone affrontano le diverse esperienze di solitudine”. L'immagine di un vagone di una metropolitana affollata da persone fissano il proprio schermo dello smartphone è una fotografia della nostra epoca. Ma in quanti modi diversi si può vivere l'esperienza online? L’indagine di Hearts & Science, realizzata su un campione di 2 mila utenti che navigano online tra i 18 e i 44 anni , ha identificato due macro profili, ribattezzati, indipendentemente dal genere a cui appartengono, Marco e Laura, protagonisti de “La solitudine”, celebre canzone con cui Laura Pausini ha vinto il Festival di Sanremo nel 1993. Per raccontare attraverso un gioco di parole come, trent’anni dopo, la solitudine non passi più per “il treno delle 7.30 senza lui” ma attraverso lo schermo di uno smartphone. Perché il numero delle persone che si aggregavano in luoghi reali è sempre aumentato, fino al boom dei social network che ha interrotto questa crescita, osserva Giraldi. Ma come vivono diversamente l’esperienza della solitudine digitale questi due profili? Tre macro aree, tre esperienze di vivere la solitudine digitale Marco rappresenta persone che vivono lo spazio digitale come rigenerante, creativo, consapevole e considerano arricchente l’esperienza di stare da soli online. Per loro, la connessione digitale è una scelta attiva, un’opportunità per coltivare passioni, apprendere, sentirsi parte di community affini e sperimentare forme di espressione personale in ambienti percepiti come autentici e accoglienti. Uno spazio in cui esprimersi liberamente, sentirsi parte di qualcosa e allo stesso tempo starci bene anche da soli. Mentre opposta è l’esperienza di Laura . Dalle persone che condividono le sue caratteristiche il digitale è vissuto come una necessità più che una scelta, spesso connotata da diffidenza, disagio emotivo, senso di vuoto, ansia da confronto e una percezione passiva e negativa dell’esperienza online in solitudine. Sono utenti che frequentano il web ma vivendolo come uno spazio che amplifica la solitudine e non un rifugio dove colmarla. “Mentre le persone come Marco scelgono la solitudine digitale per gratificarsi, le persone come Laura, al contrario, soffrono di quella stessa solitudine. Sono esperienze molto diverse, e noi non prendiamo una posizione netta su nessuna delle due. Penso che però entrambi andrebbero aiutati”, commenta Giraldi. Fra questi due profili che “mostrano un’eccessiva polarizzazione”, si trova anche un terzo gruppo, quello che corrisponde a un cluster “neutrale” : questo gruppo di utenti si è mostrato indifferente ai vantaggi così come ai rischi del mondo online. Un target che ha un rapporto ambivalente e non polarizzato con il digitale: non lo subisce, ma non lo idealizza. Il digitale diventa spazio di arricchimento Nel profilo Marco, l’80% del sottogruppo dei 18-24enni e il 64% del sottogruppo dei 25-44enni dichiara invece di ricavare momenti gratificanti dall’esperienza online. Il digitale è vissuto come un luogo di libertà, auto-formazione e socialità non invasiva. Il 57% degli adulti e il 45% dei giovani preferisce rivolgersi alla rete, anche tramite AI, per ottenere risposte invece che coinvolgere amici o parenti. Le attività preferite sono le serie TV, musica, videogame, ma anche community digitali frequentate quotidianamente dal 28% dei giovani e dal 25% degli adulti. Sono persone soddisfatte della loro rete sociale, e la connessione li aiuta a coltivare e amplificare legami significativi. Quando il digitale crea diffidenza Solo il 34% del profilo Laura tra i 18-24enni e addirittura il 27% tra i 25-44enni dichiara di ricorrere alla solitudine online per gratificarsi. Il 51% dei più giovani e il 63% degli adulti all’interno di questo cluster esprime insoddisfazione rispetto alle proprie relazioni sociali digitali. In molti casi, chi appartiene a questo profilo si sente più isolato e meno compreso dopo aver trascorso del tempo online , e spesso sperimenta un senso di solitudine durante l’utilizzo dei social . Il profilo Laura manifesta il desiderio di ampliare la propria rete relazionale, ma incontra difficoltà nel trovare canali adeguati per farlo: il digitale viene vissuto frequentemente come un ambiente ansiogeno o escludente, uno spazio che restituisce fragilità più che connessione. Vita sociale e virtuale si influenzano Vita sociale e vita virtuale sono strettamente connesse, e si influenzano l'un l'altra. Per questo, spiegano da Hearts & Science, la soddisfazione rispetto alla propria vita sociale, quella offline, rappresenta un indicatore cruciale per comprendere come i due gruppi così polarizzati si relazionino al mondo, dentro e fuori dalla rete. Per gli utenti come Marco la soddisfazione è alta. In entrambi i “suoi” sottogruppi prevale la fascia di coloro che si dichiarano molto appagati, con un’elevata affinità verso le risposte più alte della scala di valutazione. Non solo: Marco mostra anche una forte affinità con l’idea di essere perfettamente a proprio agio nella propria rete di relazioni esistenti. Laura e chi convivide il suo modo di affrontare la solitudine digitale si caratterizza invece per un profilo relazionale più fragile e insoddisfatto. Il suo profilo mostra un basso grado di affinità verso l’idea di “stare bene da soli”, mentre risulta molto più affine a frasi che esprimono disagio o senso di mancanza. "Vorrei avere più relazioni ma non so come costruirle" è una di queste. Luoghi della socialità: digitale o reale? La ricerca evidenzia una frattura profonda anche nei contesti dove i due profili si sentono “a casa”. Marco frequenta quotidianamente community online e considera i social come luoghi che stimolano il senso di appartenenza. Laura, invece, si trova a suo agio solo in contesti fisici intimi come case di amici o piccoli gruppi; solo una piccola quota si sente a proprio agio sui social media. Per Marco, social media e chat sono veicoli quotidiani di relazione, ritenendo le conversazioni online meno stressanti rispetto a quelle faccia a faccia. Il profilo Laura, invece, apprezza gli incontri di persona: il 39% per la fascia d’età tra i 18 e i 24 anni e il 42% per quella tra i 25 e i 44 anni. "Socializzare al giorno d'oggi è sempre più difficile", commenta il director dell'agenzia. "È diventato un problema: abboiamo molte paure rispetto alla socializzazione. Tra queste anche quelle di non riuscire a emergere o non trovarsi a proprio agio in mezzo alla gente offline". Per persone come Laura il mondo digitale non è equiparabile a un contesto reale, mentre per profili come Marco quello online è un ambiente imprescindibile. Le differenze in questo senso, spiega Giraldi, "si inaspriscono nei piccoli centri urbani: le piccole realtà che non sempre propongono veri luoghi di aggregazione. Oppure offrono non-luoghi come ad esempio i centri commerciali". Sarebbero necessarie nuove forme di socialità "sia nella versione offline che in quella online". L'importanza dell'educazione digitale Questi due mondi, diversi ma interconnessi, dovrebbero essere integrati il più possibile: "Un ruolo fondamentale in questo senso è quello della scuola, che si è già molto digitalizzato". Ma i ragazzi e le ragazze non ricevono un'educazione digitale che invece li aiuterebbe ad abitare gli spazi online in modi più consapevoli. "L'anno scorso nella nostra precedente ricerca 'Riprendiamoci l'Iternet' abbiamo raccontato le paure che i genitori hanno nei confronti del digitale, soprattutto quando utilizzato dai minori. E loro stessi devono essere formati per poter insegnare ai loro figli come navigare in sicurezza". Un intervento sarebbe quindi necessario in primis sui padri e le madri: "Noi genitori di oggi non siamo nati nell'era digitale: a un certo punto il mondo della Rete ci ha attraversato. E allora ben vengano i corsi di educazione digitale per noi adulti. Dobbiamo acquisire gli strumenti migliori per poter guidare i nostri figli". Il digitale come termometro della vita sociale Vita sociale e vita virtuale sono strettamente connesse, e si influenzano l'un l'latra. Per questo, spiegano da Hearts & Science, la soddisfazione rispetto alla propria vita sociale, quella offline, rappresenta un indicatore cruciale per comprendere come i due gruppi così polarizzati si relazionino al mondo, dentro e fuori la Rete. Per gli utenti come Marco la soddisfazione è alta. In entrambi i suoi sottogruppi prevale la fascia di coloro che si dichiarano molto appagati, con un’elevata affinità verso le risposte più alte della scala di valutazione. Non solo: Marco mostra anche una forte affinità con l’idea di essere perfettamente a proprio agio nella propria rete di relazioni esistenti. Laura e chi convivide il suo modo di affrontare la solitudine digitale si caratterizza invece per un profilo relazionale più fragile e insoddisfatto. Il suo profilo mostra un basso grado di affinità verso l’idea di “stare bene da soli”, mentre risulta molto più affine a frasi che esprimono disagio o senso di mancanza. "Vorrei avere più relazioni ma non so come fare" è una di queste. Luoghi della socialità: digitale o reale? La ricerca evidenzia una frattura profonda anche nei contesti dove i due profili si sentono “a casa”. Marco frequenta quotidianamente community online e considera i social come luoghi che stimolano il senso di appartenenza. Laura, invece, si trova a suo agio solo in contesti fisici intimi come case di amici o piccoli gruppi. "Socializzare al giorno d'oggi è sempre più difficile", commenta il director dell'agenzia. "È diventato un problema: si hanno molte paure rispetto alla socializzazione. Tra queste anche quelle di non riuscire a emergere o non trovarsi a proprio agio in mezzo alla gente offline". Per persone come Laura il mondo digitale non è equiparabile a un contesto reale, mentre per profili come Marco quello online è un ambiente imprescindibile. Le differenze in questo senso, spiega Giraldi, "si inaspriscono nei piccoli centri urbani: le piccole realtà che non sempre propongono veri luoghi di aggregazione. Oppure offrono non-luoghi come ad esempio i centri commerciali". Forse allora sarebbero necessarie nuove forme di socialità "sia nella versione offline che in quella online". Questi due mondi, diversi ma interconnessi, dovrebbero essere integrati il più possibile: "Un ruolo fondamentale in questo senso è quello della scuola, che si è già molto digitalizzato". Ma i ragazzi e le ragazze non ricevono un'educazione digitale che invece li aiuterebbe ad abitare gli spazi online in modi più consapevoli. "Nostra precedente ricerca 'Riprendiamoci l'Internet' abbiamo raccontato le paure che i genitori hanno nei confronti del digitale, soprattutto quando utilizzato dai minori. Loro stessi devono essere formati per poter insegnare ai loro figli come navigare in sicurezza", spiega ancora l'agenzia. "Noi genitori di oggi non siamo nati nell'era digitale: a un certo punto la Rete ci ha attraversato. E allora ben vengano i corsi di educazione digitale per noi adulti. Dobbiamo acquisire gli strumenti necessari per guidare i nostri figli".

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Giulia Mengolini