Il futuro dell'intelligenza artificiale, ci stiamo affezionando troppo?

Quale futuro si prospetta per l'intelligenza artificiale? Quali rischi e potenzialità dei chatbot dobbiamo tenere in considerazione per sviluppare un rapporto sano e positivo con l'IA? Stiamo diventando troppo affezionati e legati a questi strumenti? Di questo si è parlato a Connessi, in scena a Live In Milano 2025. Condotta dalla giornalista Chiara Piotto, la puntata, eccezionalmente sul palco del Teatro Dal Verme, ha indagato a fondo sul tema, interrogandosi non solo sui vantaggi che l'intelligenza artificiale è in grado di garantirci nella vita di tutti i giorni, ma anche sui potenziali pericoli che un utilizzo errato di questi strumenti può comportare. A confrontarsi sulla questione sono stati quattro esperti del settore: Maura Gancitano, filosofa e scrittrice di Tlon, Andrea Nuzzo, content creator, Jacopo d'Alesio, youtuber tech, e Paolo Spreafico, customer engineering director Italy di Google Cloud. A salire sul palco anche un ospite d'eccezione: il robot umanoide Cybernetic Robotic Intelligent Operator. Per gli amici, Ciro. Siamo troppo affezionati all'IA? È questa la domanda con si è aperta la puntata. Oggi gli utenti sembrano essere un po' troppo affezionati all'intelligenza artificiale, che ci dà l'impressione di poter essere in grado di sostituire il nostro migliore amico, il nostro psicoterapeuta e, addirittura, il nostro partner. “Nei modelli di intelligenza artificiale, quel che manca è quel vero briciolo di umanità e di reale imprevedibilità”, spiega Jacopo d'Alesio. Partendo dall'esempio di Ciro, “lui ad oggi è un robot, fa le sue attività. I modelli con cui ci interfacciamo ci danno delle risposte che sono plausibili e probabili, ma sono anche le risposte che di fatto ci aspettiamo”, sottolinea lo youtuber, aggiungendo che “tutti i modelli si basano su calcoli molto complessi, ma sono sempre calcoli probabilistici che partono da dati e che forniscono altri dati. Che è quello che un umano non fa, perché l'umano in qualche modo crea da zero qualcosa di nuovo”, rimarca lo youtuber tech. L'impatto delle nuove tecnologie sulla dimensione intima umana Approfondendo il rapporto tra uomo e intelligenza artificiale, ci si chiede quindi quale possa essere l'impatto delle nuove tecnologie sulle dimensioni anche più intime dell'essere umano. Per esempio quello della genitorialità. “Quello che l'IA potrebbe fare è, secondo me, aiutarci un po' ad alleviare il carico, per esempio, dell'essere genitori, che richiede delle capacità manageriali che molto spesso ancora ricadono soprattutto sulle spalle delle donne. Sarebbe utile nel lavoro domestico, per esempio”, spiega Maura Gancitano. “Quello che oggi ci dicono i dati è che, negli ultimi decenni, il lavoro domestico non è diminuito. Abbiamo le case piene di elettrodomestici che ci hanno promesso di abbassare il numero di ore che dedichiamo durante la settimana a occuparci di noi, della casa, degli animali. Invece non è così: quel numero di ore, purtroppo, non si abbassa”, rimarca la filosofa. In questo senso le nuove tecnologie, secondo Gancitano, potrebbero costituire un valido aiuto. “Questi strumenti potrebbero aiutarci a livello pratico, io lo spero. E spero che non sia solo per chi se lo può permettere ma che sia accessibile a più persone, a tutte le persone”, sottolinea la scrittrice. La relazione umana però “non è sostituibile" e, per quanto riguarda la genitorialità, “questo è un momento molto complicato in cui essere genitori perché siamo più consapevoli, rispetto al passato, dei danni che possiamo causare. Però sappiamo di non avere un libretto delle istruzioni e, a volte, di sostituire il bisogno di consapevolezza con il bisogno di controllo”, spiega. Poi aggiunge: “Quando parliamo di intelligenza artificiale, parliamo di moltissime cose diverse e di campi di applicazioni sterminati. Non è possibile che uno dica: 'Io non la uso'. Perché molto spesso la si usa senza saperlo e, per questo, bisognerebbe diventarne consapevoli”. IA e rapporti sentimentali Come emerge dai dati, alcune persone hanno iniziato a utilizzare i chatbot di IA anche come “partner sessuali”. “Nel caso dell'intelligenza artificiale generativa, e quindi dei chatbot, c'è un rilascio di dopamina costante. Perché nel momento in cui noi chiediamo un qualcosa, ad esempio a ChatGPT, e ci risponde in quel determinato momento, magari anche confermando i nostri bias, le nostre credenze, allora ci abituiamo e pensiamo che quello è il nostro compagno di vita perfetto da un punto di vista sessuale, da un punto di vista sentimentale”, afferma Andrea Nuzzo. Secondo il content creator, è “importante essere consapevoli del fatto che non c'è un'entità cosciente. Si tratta comunque di calcoli probabilistici, quindi di fatto stiamo parlando con una proiezione di noi stessi che si basa su tutto lo scibile di internet”. Un rischio esiste, per questo “bisogna capire come limitarla e usarla consapevolmente, come tutti gli strumenti”, ribadisce Nuzzo. Le novità di Google Lo scorso 20 e 21 maggio si è tenuto allo Shoreline Amphitheater di Mountain View il Google I/O 2025, l'evento organizzato dal colosso tech per presentare le novità dell'anno. “Le novità sono continue e il Google I.O., in cui presentiamo tutte le nuove caratteristiche delle soluzioni che vanno ad arricchire le properties che Google pone sul mercato, sono veramente molteplici”, afferma Paolo Spreafico. Ciò che più colpisce è “l'evoluzione di questi modelli che permettono per esempio un'interazione con l'intelligenza artificiale tramite la multimodalità, quindi tramite più canali che non sono solo quelli testuali o quelli che magari fanno riferimento a una chatbot più classica, ma anche la capacità multisensoriale di questi modelli di percepire la realtà intorno a noi”, ribadisce il customer engineering director di Google Cloud Italy. Tra i progetti annunciati di recente dal colosso di Mountain Vew spicca il Progetto Astra che “sostanzialmente rappresenta la possibilità - data anche tramite uno smartphone o con uno smart glass - di percepire tramite un assistente, un agente universale la realtà circostante e suggerire all'utente tutta una serie di azioni che possono in qualche modo arricchire la vita quotidiana, aiutandoci ad essere più presenti e ad assolvere determinati compiti ripetitivi, in maniera più competitiva e più efficace”, spiega ancora Spreafico. Tutto questo ha un impatto “importante anche sul mondo del lavoro, sulla competitività per esempio delle aziende italiane che in questo modo possono diventare attori primari sul mercato internazionale”. L'esperimento in diretta a Live In Durante la puntata di Connessi in scena al Teatro Dal Verme, si è tornati nuovamente a parlare del concetto di reciprocità tra uomo e intelligenza artificiale: l'utente chiede e fornisce un input, l'IA risponde. La giornalista Chiara Piotto ha quindi chiesto a Gemini, il chatbot di Google, se è possibile che l'IA si innamori di noi. La risposta “breve e scientificamente accettata è no: un'intelligenza artificiale non può contraccambiare i sentimenti nel senso umano del termine”, ha replicato Gemini. IA e robotica: il caso del robot Ciro Tra i protagonisti della puntata, anche il robot Ciro che ha salutato il pubblico agitando la mano. “La robotica è in giro ormai da 10-15 anni, ma è proprio mettendo i vari modelli di AI sui robot che si avrà quel qualcosa che prima non avevamo”, ha specificato lo youtuber Jacopo d'Alesio. “Noi li possiamo addestrare su quello che facciamo come umani nel mondo vero, nel caso degli umanoidi, e soprattutto dare loro una sorta di 'propriocezione', quindi far capire a loro stessi dove sono nello spazio per fare dei compiti”, ha aggiunto, concludendo che “questo è molto inquietante, è molto potente, ma potrebbe risolvere tanti problemi”. I dati Tra i temi che hanno animato l'incontro a Live In, anche la questione relativa all'imprevedibilità dei sistemi di intelligenza artificiale. L'IA potrebbe effettivamente svilupparsi in modo errato e “ribellarsi” al suo creatore? “Ci sono tre problemi”, precisa d'Alesio. “Uno è il famoso concetto dell'intelligenza generale che tutto può fare, la famosa AGI. I vari uomini della Silicon Valley dicono che è vicina, che si può raggiungere. Ovviamente nessuno sa ancora oggi quale sarà veramente il segreto eventuale e se veramente si potrà raggiungere. Elon Musk ha detto che c'è un 20% di possibilità che questa AGI - se mai verrà fatta - ci distrugga tutti, però c'è un 80% che non lo farà”, spiega. I due problemi principali riguardano “la questione energetica, perché parliamo veramente di tanti calcoli che devono essere fatti da dei data center che hanno valanghe di schede video, che fanno calcoli su calcoli. Si sta lavorando tantissimo, si abbassano i costi, si creano modelli più efficienti. Bisogna vedere e bisogna trovare il bilancio giusto”, aggiunge. L'altro aspetto è quello relativo ai “dati”, che “secondo me è la cosa più pericolosa” perché “sono stati presi i dati su cui sono stati allenati i vari modelli attuali, ma i dati 'grezzi' sono già finiti - ammesso e non concesso che li abbiano presi legalmente perché poi sono stati un po' rubati in giro. Quando finiscono i dati che si fa? Si allenano intelligenze artificiali su dati fatti da intelligenze artificiali? A quel punto si crea un circolo vizioso dove il dato peggiora sempre su se stesso, e quindi diventa un rifiuto su rifiuto su rifiuto”, chiarisce lo youtuber. Allo stesso tempo “questo può essere un grande valore per avere dati di valore. Da qui in avanti chi genera nuovi nuovi dati, in un contesto che comunque deve essere secondo me regolamentato, può avere un grosso futuro: ricercatori, accademici, scrittori, youtuber, artisti potranno generare dei dati nuovi che poi potranno migliorare questi modelli”. Resta però l'urgenza di “trovare l'equilibrio giusto tra chi genera i dati e chi li usa per fare delle cose”. Ipnocrazia: il libro di Tlon scritto con l'IA La casa editrice Tlon, un progetto di ricerca e divulgazione culturale e filosofica ideato da Maura Gancitano e Andrea Colamedici, ha pubblicato nel 2024 il libro Ipnocrazia, firmato dal filosofo Jianwei Xun. In realtà questo autore non esiste. E il libro è stato scritto interamente da un'intelligenza artificiale. Il progetto ha riscosso un grande successo a livello globale, stimolando profonde riflessioni sulle possibilità e sui rischi legati all'utilizzo dell'IA in diversi ambiti. “Ipnocrazia è stato un esperimento elaborato soprattutto da Andrea Colamedici e che rientra nel percorso di riflessione che stiamo facendo con Tlon in questi anni. Ha avuto una risonanza globale e sta creando dibattito sia nell'ambito accademico sia in quello pubblico. In qualche modo solleva una serie di domande, che sono effettivamente inquietanti, sull'autore, sul fatto che l'intelligenza artificiale generativa ha un enorme potenziale di manipolazione”, sottolinea Gancitano. Ipnocrazia ha sollevato una serie di domande sul modo di utilizzare l'intelligenza artificiale, in particolare su “quello che noi chiamiamo pro-thinking, cioè il fatto che possiamo usarla passivamente e quindi semplicemente avere il prodotto. Possiamo usarla per pensare meglio, per pensare di più, per cercare di capire cosa non stiamo vedendo delle cose”, ribadisce la filosofa, secondo cui il volume “ci interroga come persone e come esseri umani”. “L'IA può renderci più pigri” “Ci sono diversi video su TikTok in cui le persone riportano le risposte fornite dell'intelligenza artificiale, ad esempio 'Che idea geniale', 'Quanto sei intelligente'. L'IA fa sentire le persone più intelligenti perché, prima di tutto, siamo clienti, siamo degli utenti che deve soddisfare e che devono sentirsi intelligentissimi”, afferma la filosofa e scrittrice. Il rischio però è quello di “renderci molto pigri e di non farci rendere conto che poi, quando parliamo di tutto questo, parliamo della nostra azione umana, parliamo del modello economico, della sostenibilità ambientale, dell'etica. E quando parliamo dell'etica non possiamo dire che la responsabilità etica debba essere del robot, la responsabilità etica è nostra”, chiosa Gancitano. “Quando i ragazzini devono fare i compiti e pensano subito a ChatGPT, si solleva un problema: è chiaro che magari si è stanchi e quella può essere la soluzione veloce. Però il problema è che a 13-14 anni non ci si domanda che cosa si sta imparando effettivamente. È quello che dovremmo invece insegnare noi: lo scopo è imparare, non creare il prodotto. Il problema è che anche gli insegnanti lo usano oggi, per esempio per correggere i compiti”, spiega la scrittrice. La questione, dunque, è “enorme” e “tocca noi prima di tutto”. L'intelligenza artificiale come “psicologo” Sul rapporto tra utente e intelligenza artificiale emerge anche un'altra questione: l'utilizzo dei chatbot di IA come “confidenti”, “amici” e addirittura “psicoterapeuti”. “Ci troviamo di fronte a un bivio”, risponde Andrea Nuzzo. “Se vogliamo essere ottimisti e guardare il bicchiere mezzo pieno possiamo immaginare l'intelligenza artificiale, in futuro, come un valido supporto da un punto di vista della salute mentale, che sicuramente non va a sostituire il professionista, ma che comunque può aiutarci a riorganizzare le idee in modo non troppo ripetitivo, confermativo”, sottolinea il content creator. Poi aggiunge: “La visione un po' più apocalittica, come direbbe Umberto Eco, sta nel rischio che poi questo abuso di intelligenza artificiale da un punto di vista psicologico inneschi in noi dei processi mentali che sono dei problemi a loro volta. E a quel punto dovremmo andare al terapeuta per farci curare dopo aver fatto terapia con l'intelligenza artificiale”, specifica Nuzzo. È necessario quindi “sensibilizzare tanto su questo, senza demonizzare lo strumento perché è normale che le persone utilizzino i chatbot per confrontarsi da questo punto di vista: è gratis nella maggior parte dei casi, e i chatbot non ti giudicano. Non dobbiamo colpevolizzare le persone, dobbiamo solo insegnare loro a capire che è diverso andare dallo psicoterapeuta e che i due mondi possono anche coesistere”, conclude. Intelligenza artificiale e medicina Secondo un report di Ipsos, tanti italiani puntano sull'intelligenza artificiale per la scienza e gli aspetti medici che possono derivarne. “Oggi stiamo attraversando un'età dell'oro dell'innovazione, come ha detto l'amministratore delegato di Google Sundar Pichai, siamo di fronte un'opportunità imperdibile per migliorare la vita dell'uomo a 360 gradi in ambito lavorativo e non”, ha affermato Spreafico. “Sicuramente un ambito di utilizzo in cui questo concetto, che fa riferimento anche a un impatto sociale che l'intelligenza artificiale può avere, è rappresentato da un progetto che Google ha lanciato e che è valso anche due premi Nobel alla nostra azienda, nella chimica: il progetto AlphaFold. Il fatto che siano stati assegnati a due membri di Google DeepMind, John Jumper e Demis Hassabis, sulla chimica dà anche l'idea della pervasività”, ha aggiunto il customer engineering director. Qual è l'obiettivo di questo studio? “Sostanzialmente quello di aiutare i ricercatori a 360 gradi in ambito medico a predire la struttura della proteina, che non è assolutamente un compito semplice e che tipicamente richiede anni di studio. Se un farmaco viene applicato a un essere umano per curare una malattia, questo farmaco provoca tutta una serie di conseguenze nella definizione molecolare che è sottesa alla proteina stessa”, spiega Spreafico. AlphaFold ha permesso quindi di “predire la struttura delle proteine in settimane invece che decenni”.

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