Verso i referendum, interazioni e post: cosa ci dicono i social

Come è accaduto molto spesso in passato, anche questa volta, quanto più ci si avvicina al voto referendario, cresce il rischio che i quesiti smarriscano le loro originarie ragioni per subire nei fatti una profonda mutazione delle cause di innesco. Una trasformazione legata a un eccesso di politicizzazione, di partigianeria, che trasforma l’appuntamento in altro da ciò che era e che dovrebbe essere: sollecitare i cittadini, a prescindere dalle singole appartenenze politiche e partitiche, a esprimersi liberamente sulle scelte normative. Al rischio di una politicizzazione, che è oggi in primis una polarizzazione digitale, non sono sfuggiti neanche i cinque quesiti per i quali gli italiani dovranno recarsi ai seggi domenica 8 e lunedì 9 giugno. Le tracce, un tempo si sarebbe detto e scritto le prove, di questa amara constatazione le troviamo ovviamente andando a estrarre dati, interazioni e post che i cittadini connessi hanno lasciato in rete. Adesso, prima di immergerci in alcuni di questi è utile rammentare per comprendere i volumi di questo traffico digitale, che secondo l’ultimo rapporto diffuso da We Are Social ad inizio anno, in Italia il 90% della popolazione è connesso a Internet, con un tempo medio di navigazione di quasi 6 ore al giorno, di cui sui social almeno 1 ora e 48 minuti. I social media sono parte integrante e crescente della nostra quotidianità, tant’è che il 32% degli utenti internet si informa sui temi più disparati, non ultimo quindi anche i cinque quesiti referendari, tramite i contenuti pubblicati sui social media. Allora, partiamo subito dal censimento delle menzioni che la parola chiave referendum ha incassato nelle conversazioni digitali e in particolare dal crescendo delle stesse registrato nell’ultimo mese: nella prima decade di maggio la media giornaliera di citazioni online è stata di 9 mila menzioni, nella successiva invece questa soglia è cresciuta raggiungendo la media giornaliera di 16 mila menzioni e assestandosi attualmente in questa ultima parte del mese a poco più di 13 mila menzioni. A questa prima ricognizione ne aggiungiamo un’altra, non meno interessante che ci arriva dal conteggio totale delle interazioni raccolte dai primi 500 post che su Facebook e Instagram hanno postato un contenuto con il termine referendum: 6.138.803 le interazioni negli ultimi 28 giorni, di cui però 4.109.892 solo nella seconda decade del mese. Questi due dati tendenziali, ci svelano e ci aiutano a misurare la dinamica polarizzatrice, che si è concentrata in modo particolare dal 10 al 20 maggio, ma non quella della politicizzazione dei quesiti che per essere portata alla luce richiede l’estrazione di altri dati. In questo caso, ci sono diversi momenti del processo di politicizzazione che si è generato sui social media e che ha avuto più di un innesco ibrido a partire dalle dichiarazioni che sono state immediatamente socializzate dagli utenti di alcuni personaggi pubblici. Da Geppy Cucciari a Marco Mengoni, da Piero Pelù a Cathy La Torre che sono intervenuti sul tema referendario spronando gli italiani a recarsi alle urne le cui posizioni state rilanciate con letture opposte dagli esponenti politici. Al tempo stesso, un’altra occasione di politicizzazione che ha infiammato subito la rete è registrata, sempre a metà mese, in coincidenza della dichiarazione del presidente del Senato, Ignazio La Russa, che si è detto pronto a “far campagna per il non voto”. Era inevitabile che la posizione della seconda carica dello Stato generasse una forte polarizzazione che si è manifestata principalmente con i post di leader ed esponenti delle opposizioni. Su Facebook e Instagram a prendersi una quota di coinvolgimento elevata sono stati i post pubblicati da Giuseppe Conte, presidente del M5S. Altrettanto polarizzanti, per completare questa breve analisi, sono stati anche i contenuti postati dall’europarlamentare e vice-segretario della Lega, Roberto Vannacci che sempre negli stessi giorni ha pubblicato diversi post contro l’istituto del referendum.

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