Apple e il Regno Unito: il nuovo grande gioco geopolitico sui dati

Quando il governo britannico ha chiesto ad Apple di introdurre una backdoor nei suoi sistemi di crittografia per facilitare l’accesso ai dati da parte delle autorità, la risposta dell’azienda di Cupertino è stata netta: un rifiuto che ha evidenziato le crescenti tensioni tra i governi nazionali e le grandi piattaforme digitali. Il caso, riportato dal Washington Post, non è isolato. Si inserisce in un contesto più ampio, in cui le Big Tech non solo detengono immense risorse economiche, ma influenzano attivamente la geopolitica globale. Se nel Novecento il petrolio ha definito le gerarchie economiche e politiche del mondo, oggi i dati ricoprono un ruolo analogo. L’accumulo e la gestione delle informazioni digitali determinano non solo la competitività delle imprese, ma anche la capacità degli stati di mantenere il controllo sulla sicurezza nazionale e sulle dinamiche sociali. Il caso Apple-UK mostra come le piattaforme tecnologiche possano sottrarsi alle pressioni statali e porre limiti persino a governi sovrani. Non è solo una questione di privacy degli utenti, ma di un nuovo paradigma di potere. Chi possiede i dati ha il controllo, e le grandi aziende tecnologiche oggi esercitano un’influenza che supera quella di molte nazioni. Le Big Tech come attori geopolitici Non è un caso che, all’inaugurazione di Donald Trump nel 2025, fossero presenti i vertici delle più grandi aziende tecnologiche americane. Google, Amazon, Facebook, Apple e Microsoft hanno assunto un ruolo che va ben oltre il business: sono diventati interlocutori privilegiati dei governi, spesso con un potere negoziale superiore a quello delle istituzioni nazionali. Le loro infrastrutture digitali sono fondamentali per la sicurezza nazionale, la difesa e la sorveglianza, rendendo qualsiasi tentativo di regolamentazione un terreno minato. Il rifiuto di Apple alle richieste del governo britannico non è dunque un caso isolato, ma il sintomo di uno scontro più ampio tra sovranità statale e potere tecnologico transnazionale. La storia offre un interessante parallelo tra il ruolo delle Big Oil nel Novecento e quello delle Big Tech oggi. Le compagnie petrolifere erano sostenute dai governi occidentali per garantire l’accesso alle risorse energetiche e, in molti casi, influenzavano direttamente la politica estera delle grandi potenze. Le guerre per il petrolio hanno caratterizzato tutto il secolo scorso. Oggi, la battaglia per il controllo dei dati si sta configurando come il nuovo grande gioco geopolitico. L’Unione Europea ha tentato di imporre limiti alle aziende tecnologiche con regolamenti come il GDPR, il Digital Markets Act e l’AI ACT ma le reazioni delle Big Tech dimostrano la difficoltà di incasellare questi colossi all’interno di regole statali. Allo stesso tempo, potenze come la Cina hanno sviluppato un modello di sovranità digitale che esclude le aziende occidentali e favorisce giganti nazionali come Tencent e Alibaba, mostrando un diverso approccio alla questione del controllo sui dati. Un’altra analogia interessante è quella tra il complesso militare-industriale del XX secolo e il cosiddetto "complesso militare-digitale" odierno. Se le industrie belliche erano essenziali per la proiezione della potenza americana nella Guerra Fredda, oggi le Big Tech sono diventate partner strategici del Pentagono e delle agenzie di intelligence. Contratti miliardari come quello tra il Dipartimento della Difesa statunitense e Microsoft per la gestione del cloud militare, o il coinvolgimento di Google e Amazon in progetti di sorveglianza avanzata, evidenziano il ruolo di queste aziende nell’architettura della sicurezza globale. Senza dover menzionare l’oramai onnipresente Musk e il suo incarico nell’attuale amministrazione di Trump. La sovranità digitale: una nuova sfida per gli Stati Di fronte a questo scenario, gli stati si trovano a dover ridefinire il concetto di sovranità. Se un’azienda privata può rifiutare una richiesta di accesso ai dati da parte di un governo, chi detiene realmente il potere? L’UE sta tentando di affermare il concetto di "sovranità digitale", cercando di impedire che i dati dei cittadini europei siano controllati da aziende statunitensi. Tuttavia, la realizzazione di questa visione è tutt’altro che semplice. Gli ecosistemi digitali sono ormai globalizzati e spezzare il dominio delle Big Tech richiederebbe non solo regolamentazioni stringenti, ma anche alternative credibili a livello infrastrutturale e tecnologico. Il caso Apple-Regno Unito è solo un tassello di una partita molto più ampia. La battaglia per il controllo dei dati definirà i futuri equilibri di potere, e le nazioni dovranno trovare un modo per bilanciare la necessità di sicurezza con la protezione della privacy e dei diritti digitali. Se il XXI secolo è destinato a essere segnato dalla geopolitica dei dati, il ruolo delle Big Tech come nuovi attori sovranazionali non potrà essere ignorato. Resta da vedere se gli stati riusciranno a imporre il loro controllo o se il potere tecnologico continuerà a erodere il concetto tradizionale di sovranità.

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