TikTok: social per i sindaci, molto meno per i ministri

Il 2024 non è stato un anno facile per le piattaforme social. Nei Paesi dell’Unione Europea è entrato in vigore il DSA, acronimo di Digital Service Act, che ha imposto alle società proprietarie dei social network di rivedere profondamente le politiche di gestione dei dati comportamentali degli utenti del vecchio continente e quelle relative alla trasparenza di alcune informazioni sulle loro attività. Contemporaneamente, dagli Stati Uniti all’Australia, prende corpo il dibattito sui rischi connessi ai social, dalla salute degli utenti alla sicurezza nazionale per non dimenticare quelli connessi alla disinformazione dell’opinione pubblica, e si moltiplicano gli interventi legislativi, quasi sempre con un approccio repressivo, che tendono a limitane l’uso. In particolare, tra le diverse piattaforme a essere più esposta a questo fuoco di fila sembra essere TikTok, il social network della Bytedance, società partecipata dal governo cinese. Eppure, nonostante i governi provino a stringere i cordoni alle società del capitalismo della sorveglianza, questi continuano a crescere, anche in termini di iscritti. Infatti, proprio TikTok negli ultimi anni ha percentualmente incrementato di più rispetto a tutte le altre piattaforme i suoi account. Un successo che trova riscontro in un dato anagrafico per nulla trascurabile, il 67% degli utenti che in Italia almeno una volta al mese navigano sull’applicazione di intrattenimento ha un’età superiore ai 25 anni. Alla faccia del social destinato ai balletti e alla challenge stupide degli adolescenziali. Solo che nonostante questo successo sono ancora pochi i politici nostrani che postano su TikTok. Evidentemente, non è stata ancora compresa appieno la lezione che ci è arrivata dall’altra sponda dell’Atlantico, dove sia Donald Trump che Kamala Karris hanno sfruttato proprio questo social per avere l’attenzione di pubblici online che mai avrebbero raggiunto, né con altre piattaforme, né con altri media, televisione compresa. Tra i leader politici di primo piano, infatti, non troviamo Elly Scheiln o Nicola Fratoianni, mentre ci sono Matteo Salvini, Giuseppe Conte e Giorgia Meloni. Negli ultimi due anni hanno aperto un account anche Matteo Renzi, Carlo Calenda e Antonio Tajani. Molto diverso è invece il discorso per i ministri. Qui il quadro delle presenze è ancora molto fragile. Infatti, fatta eccezione per Alessandra Locatelli, ministro per la disabilità, tutti gli altri esponenti del governo Meloni, così come una larghissima parte dei viceministri e dei sottosegretari, risultano assenti dalla piattaforma. Forse, perché ancora non abbiamo colto appieno quella finestra di opportunità che i social media possono garantire: riuscire a portare il proprio messaggio e la propria quotidianità a una vasta pluralità di utenti – pubblici, farlo senza alcuna intermediazione e soprattutto raggiungerli contemporaneamente e in real time. Si pensi, ad esempio alle dirette social che garantismo un rapporto diretto tra mittente e destinatari. Il censimento non migliora di molto neanche se lo allarghiamo ai deputati e ai senatori di questa XIX legislatura. Diverso è il quadro, invece, se scendiamo i gradini istituzionali dell’ordinamento costituzionale. Infatti, in proporzione, è folta la rappresentanza dei presidenti di Regione, con Vincenzo De Luca e Luca Zaia in testa, ma soprattutto è alquanto corposa e dinamica la presenza dei sindaci, che più di altri politici sentono la necessità di un dialogo quotidiano con i loro concittadini. A prescindere dall’ampiezza demografica dei comuni. Tra tutti, c’è il primato, tutt’ora imbattuto, di Marco Ballarini, sindaco di Corbetta, centro di 19 mila residente in provincia di Milano. L’account TikTok del primo cittadino lombardo è seguito da 882.200 follower e ha all’attivo oltre 50 milioni di like. Quindi, quando avrà smesso la fascia tricolore potrà decidere se lanciarsi nel mondo della creator economy, tanto dal 1° gennaio l’INPS attiverà il nuovo codice ATECO, oppure con quella dote di follower candidarsi alla Regione o al Parlamento.