La Corte d'Appello federale del District of Columbia ha confermato la legge che impone al social di rescindere i legami con la casa madre cinese ByteDance, oppure di essere messo al bando in terra americana entro metà gennaio. Secondo i giudici, che hanno respinto il ricorso di TikTok, la legge è costituzionale. L'app aveva invocato il Primo Emendamento e sostenuto di essere stata ingiustamente presa di mira
TikTok perde il ricorso di fronte alle Corte d'Appello federale del District of Columbia contro la legge, firmata lo scorso aprile da Joe Biden, che prevede il divieto della piattaforma negli Stati Uniti a meno che la società cinese che la controlla, la ByteDance, non venda entro il 19 gennaio. La corte d'appello ha quindi dato ragione al dipartimento di Giustizia, definendo costituzionale la misura che riconosce al governo americano l'autorità di vietare il popolare social media per motivi di sicurezza nazionale, nel timore che possa essere usato dal governo cinese per ottenere dati degli americani o influenzare l'opinione pubblica. “La Corte Suprema vanta una lunga tradizione nella tutela del diritto alla libertà di espressione negli Stati Uniti, e confidiamo che agirà con la stessa determinazione su questa rilevante questione costituzionale - commenta un portavoce di TikTok - Purtroppo, il ban di TikTok è stato ideato e sostenuto basandosi su informazioni inesatte, fuorvianti e speculative, configurandosi come una vera e propria forma di censura nei confronti del popolo americano. Se non sarà fermato, questo divieto rischia di soffocare le voci di oltre 170 milioni di americani negli Stati Uniti e in tutto il mondo a partire dal 19 gennaio 2025". La scadenza fissata per il momento, il 19 gennaio, coincide con al vigilia dell'insediamento alla Casa Bianca di Donald Trump che, dopo aver sostenuto la misura durante il primo mandato, durante la campagna elettorale ha promesso che avrebbe cercato di "salvare TikTok".
La decisione della Corte
La piattaforma aveva sostenuto che il divieto viola il diritto di espressione dei suoi utenti americani - stimati intorno a 150 milioni - garantito dal primo emendamento. La Corte d'appello ha sentenziato che "il Primo Emendamento esiste per proteggere la libertà di parola negli Stati Uniti e con questa legge il governo ha agito esclusivamente per proteggere quella libertà da una nazione straniera ostile e per limitare la capacità di quell'avversario di raccogliere dati privati degli americani". Il giudice ha comunque riconosciuto che la decisione avrà "implicazioni significative" per TikTok e i suoi utenti. "Di conseguenza, i milioni di utenti della piattaforma dovranno trovare mezzi di comunicazione alternativi". La colpa di tutto ciò, ha sottolineato ancora la Corte, "è attribuibile alla minaccia della Cina alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti, non al governo americano". Nella sentenza, i giudici infine fanno riferimento al fatto che Biden fino al 19 gennaio e poi Trump, una volta insediato, potrà concedere un'estensione di 90 giorni sulla scadenza ora fissata "sulla base dei progressi" fatti verso la vendita ordinata.