Intelligenza artificiale, la proposta di Liliana Segre: “Contrasti odio e razzismo”

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La senatrice a vita ha presentato la sua visione alla Commissione contro i fenomeni di intolleranza, razzismo e antisemitismo da lei presieduta: “È indispensabile, alla luce della radicalizzazione della violenza on line negli ultimi anni, sottolineare in maniera esplicita e perentoria il bisogno impellente di contrastare ogni fenomeno di odio razzista, antisemita e di ogni altra forma discriminatoria”

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L’intelligenza artificiale deve essere addestrata in modo da contrastare ogni forma di razzismo, antisemitismo e discriminazione: è questa la proposta presenta dalla senatrice a vita Liliana Segre, a integrazione dell’articolo 3 del ddl sull’IA attualmente in esame presso le commissioni Ambiente e Affari sociali del Senato.  La senatrice ha presentato la proposta alla Commissione contro i fenomeni di intolleranza, razzismo e antisemitismo - da lei presieduta - e “tutti i componenti hanno detto: 'Leggiamo e ci pensiamo". Una cosa di buon senso”, ha fatto sapere Segre. Tilde Mimasi, senatrice della Lega e relatrice del ddl, ha commentato: “Da parte nostra c'è assoluta disponibilità”.

La proposta di Segre sull’IA

Nel suo discorso alla commissione Liliana Segre ha spiegato che ritiene "indispensabile, alla luce della radicalizzazione della violenza on line negli ultimi anni, sottolineare in maniera esplicita e perentoria il bisogno impellente di contrastare ogni fenomeno di odio razzista, antisemita e di ogni altra forma discriminatoria, promuovendo l'addestramento degli strumenti di intelligenza artificiale in funzione del contrasto" all'odio e alla violenza. Puntando quindi a "una corretta declinazione del rapporto uomo-tecnologie”. Dunque la proposta della senatrice a vita riguarda l'articolo 3 della legge: quello sui diritti fondamentali e i principi costituzionali a cui l'intelligenza artificiale dovrebbe ispirarsi. Il testo attuale cita "trasparenza, proporzionalità, sicurezza, non discriminazione, parità dei sessi e sostenibilità". Segre chiede dunque un passo in più: gli algoritmi devono sì essere efficienti ma anche strumenti di "valorizzazione delle diversità" senza pregiudizi e nella piena tutela dell'identità di ciascuno.

Benanti: “Algoritmi possono amplificare odio”

Sul tema è poi intervenuto anche Paolo Benanti, presidente della Commissione intelligenza artificiale per l'Informazione, che nel corso dell'audizione al Senato della Commissione Segre sui fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all'odio e violenza ha detto: “L'intelligenza artificiale infusa negli smartphone e nei dispositivi richiede un accesso al cloud, una centralizzazione dei dati che afferiscono alle persona e a caratteristiche specifiche. Una identità centralizzata è uno strumento di pervasività enorme. Parlare di un sistema sociale che si fonda sugli algoritmi e sui sistemi di computazione è importate per evitare esiti involontari, oppure voluti e discriminatori". Per Benanti, “rispetto a fenomeni come odio e antisemitismo potremmo avere algoritmi che amplificano processi e formano gruppi di interesse, tutto questo è sottratto al potere del Parlamento. Il comportamento delle piattaforme è autoregolatorio, è crollata la capacità di intervento del potere nazionale rispetto a queste piattaforme di contenuti. C'è un vulnus giuridico non risolto e sarà difficile da affrontare. Bisogna evitare che fenomeni commerciali portino effetti di altro tipo".

Le possibili soluzioni

Paolo Benanti in commissione ha poi parlato di soluzioni e metodi che si stanno studiando come "filigrane" da applicare a contenuti che distinguano quelli creati dall'uomo da quelli creati dagli algoritmi e ha poi fatto un excursus di come gli smartphone negli ultimi 20 anni abbiano cambiato la realtà e il racconto quotidiano. E poi ha aggiunto: “Per alcuni cose si danno patenti e licenze, perché l'intelligenza artificiale devono poterla usare tutti e non si deve pensare ad un regolamento anche di questo tipo? Dove di fatto quel permesso è associato anche a una responsabilità sociale”. Per Benanti  “viene chiesta la patente per guidare la macchina perché posso far male a qualcuno, anche con questi strumenti potrei far male a qualcuno. Non so quanto sia efficace ed applicabile ma potrebbe essere un modello a cui ispirarsi. Questo è il problema anche dei minori di 14 anni".

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