Ue, Jourova a Sky TG24: “I social hanno potere ma poche responsabilità. Serve equilibrio”
TecnologiaIn un’intervista a Sky TG24, la vicepresidente della Commissione europea per la Trasparenza ed i Valori si è espressa anche in merito a uno dei temi più caldi degli ultimi anni, la disinformazione in rete: “Piattaforme e Governi non possono essere arbitri della verità”
“Le piattaforme online e i social network hanno già un potere troppo grande e una responsabilità troppo piccola, quindi dobbiamo trovare un equilibrio migliore”. Lo ha riferito la vicepresidente della Commissione europea per la Trasparenza ed i Valori, Vera Jourova, in un’intervista a Sky TG24.
“Ecco perché la Commissione sta pianificando regole per combattere prima di tutto contro i contenuti illegali: abbiamo bisogno di stabilire un certo livello di responsabilità delle piattaforme”.
Jourova: “Piattaforme e Governi non possono essere arbitri della verità”
Nel corso del suo intervento, Vera Jourova si è espressa anche in merito a uno dei temi più caldi degli ultimi anni, la disinformazione in rete.
“Riguardo alla verità, è una storia più complicata, perché la disinformazione non è un contenuto illegale: può essere molto dannosa, ma la cosa che fa più paura è che noi tutti crediamo così facilmente alle menzogne”, ha aggiunto la vicepresidente della Commissione europea per la Trasparenza ed i Valori, sottolineando come sia necessario “arrivare a delle misure che permettano alla gente di leggere sulle piattaforme dei fatti”. “Le piattaforme non dovrebbero essere gli arbitri della verità, i governi e la Commissione non dovrebbero essere gli arbitri della verità. L’ho sperimentato da giovane durante il regime comunista quando c’era un’unica dottrina ufficiale: tutto questo non capiterà mai più in Europa”, ha aggiunto Jourova.
“Fake news? Non vogliamo che le piattaforme le cancellino”
Quanto alle fake news, “abbiamo già stabilito un meccanismo basato su un accordo con le piattaforme che scoveranno in modo proattivo la disinformazione prodotta intenzionalmente con l’obiettivo di creare sfiducia e paura, e ora durante il Covid anche per diffondere consigli dannosi alla gente”, ha spiegato Vera Jourova, aggiungendo di essere al lavoro per fare in modo che “le piattaforme invitino i fact-checker a fornire informazioni e prove affidabili da pubblicare accanto alla disinformazione”.
“Non vogliamo che sia rimosso alcunché. Vogliamo però anche più trasparenza: dunque le piattaforme dovrebbero riferire ogni mese all’opinione pubblica, non a noi, ma alla gente, su che tipo di disinformazione è comparsa nei loro sistemi, da dove, quali tecniche sono state usate per manipolare la gente e chi sono le persone prese di mira”, ha aggiunto la vicepresidente della Commissione europea per la Trasparenza ed i Valori nel suo intervento a Sky TG24. “Credo che maggiore trasparenza aiuterà la gente anche a capire che è oggetto di manipolazione e che dovrebbe avere la possibilità di trovare i fatti pubblicati da qualche parte vicino alla disinformazione che legge”, ha spiegato, quando le è stato chiesto quale può essere la soluzione per combattere le fake news e la disinformazione online.
“Se dichiarassimo la disinformazione un crimine sarebbe la fine della libertà di parola”
“Siamo a metà strada perché l’impegno volontario delle piattaforme funziona: stanno facendo molto. Non stanno ancora facendo abbastanza, ma stanno migliorando”, ha aggiunto Vera Jourova, elogiando alcune delle scelte adottate dai social.
“Anche le piattaforme stesse sono consapevoli che dovrebbero essere adottate delle regole, si aspettano che l’Europa adotti delle norme per aumentare la responsabilità e la trasparenza. Parliamo principalmente di contenuti illegali come estremismi, terrorismi, pedopornografia, incitamenti all’odio: questi sono i tipi di contenuti contro cui vogliamo che loro combattano in modo responsabile per individuarli e rimuoverli e denunciarli alle forze dell’ordine, perché sono crimini. Per la disinformazione è un’altra storia. Se dichiarassimo la disinformazione o la sua diffusione un crimine credo sarebbe la fine della libertà di parola in Europa. Sarebbe facilissimo abusarne”, ha spiegato la vicepresidente della Commissione europea per la Trasparenza ed i Valori.
“Stiamo incoraggiando gli inserzionisti a tagliare i finanziamenti ai siti con disinformazione”
“Le piattaforme sono innanzitutto un business. Ecco perché stiamo incoraggiando gli inserzionisti a tagliare i finanziamenti a server e siti dove c’è disinformazione a livello particolarmente intenso. Devono dunque diventare editori? Dovrebbero accettare nuove regole secondo cui il lavoro dei giornalisti professionisti dovrebbe essere pubblicato con più evidenza nei loro siti e dovrebbe essere pagato: questo è il cambiamento di modello di business che vorremmo vedere”, ha spiegato la vicepresidente della Commissione Europea per i valori e la trasparenza rispondendo quando le è stato chiesto se i social network e le piattaforme devono essere considerati editori. “Abbiamo già la direttiva sul copyright, che sta cercando di ribilanciare in qualche modo questa ingiustizia, ma dobbiamo fare di più”, ha concluso.