Intervista al presidente dell’Aesvi che organizza la kermesse milanese passata in 8 anni da 30mila presenze a quasi 150mila
Il nostro conto alla rovescia verso la Milan Games Week prosegue con un’intervista al presidente dell’Aesvi, Paolo Chisari, l’associazione che rappresenta i videogiochi in Italia e organizza la kermesse milanese.
Com’è cambiata nel corso degli anni la manifestazione arrivata alla sua ottava edizione?
Da quando siamo partiti, nel 2011, la Milan Games Week è cambiata molto. Abbiamo guardato ad esperienze internazionali, chiedendo anche consigli e suggerimenti a colleghi di altri Paesi, che ci hanno aiutato a passare dai 30mila partecipanti della prima edizione ai quasi 150mila dell’anno scorso. Il che ha comportato anche la necessità di aumentare lo spazio espositivo per creare un ambiente più confortevole e rispetto al 2017 quest’anno avremo tre padiglioni anziché due. Sicuramente si tratta dell’evento più importante del settore in Italia e tra le cose che mi fa più piacere sottolineare è lo spazio per gli sviluppatori nazionali con un’area dedicata che ospiterà 57 studi. Quest’anno poi avremo l’onore che a fare da padrino della fiera ci sia un guru come David Cage.
Cosa manca a Milano per diventare a livello europeo un appuntamento importante come quelli di Colonia e Parigi?
Direi che ancora mancano i partner internazionali, Colonia e Parigi rappresentano mercati più grandi. Ad esempio la fiera tedesca catalizza l’attenzione di tutto il pubblico per Pc, una proposta commerciale sostanziosa che nella Games Week non è invece così rilevante. Ma possiamo comunque essere soddisfatti di piazzarci dietro questi due appuntamenti internazionali e direi che per il numero di presenze e per il valore del mercato presente c’è da essere molto soddisfatti. Poi è chiaro che le cose si possono sempre fare meglio.
Alla Milan Games Week ci sarà ampio spazio agli eSports con due arene dedicate, è dalla parte di chi spinge per equipararli a una disciplina sportiva, addirittura tra quelle olimpiche?
E’ una questione delicata, come associazione non siamo mai entrati nel dibattito che ferve se inserirli o meno tra le discipline olimpiche. In Italia la situazione comunque è diversa rispetto a quella di altri Paesi, ovviamente la competizione è il sale del gioco ed è indubbio che esista una grossa audience on-line e tanti ragazzi si avvicinano così a questo tipo di prodotto attirando grossi sponsor.
A proposito dei ragazzi, alla Milan Games Week c’è spazio anche per talk con gli psicologi dell’ordine della Lombardia.
Sì, è una bella iniziativa, importante, all’interno delle proposte pensate per le famiglie. E’ utile anche a vedere nella prospettiva corretta un prodotto come il videogioco che è anche socialità e non, come vuole un luogo comune, un momento di isolamento, magari nella loro stanza, dei ragazzi.
Quali sono gli obiettivi di questa edizione della Fiera?
Direi dimostrare ancora una volta l’importanza dell’industria dei videogame per l’economia nazionale. Per capirne la portata basta guardare ai numeri: nel nostro Paese sono 17 milioni i videogiocatori in una fascia di età compresa tra i 16 e i 64 anni, ossia il 57% della popolazione italiana. Fino a qualche anno fa il nostro movimento era snobbato da altri settori dell’intrattenimento, pur realizzando un fatturato maggiore di musica e home video. Sono occasioni come questa di Milano ad accreditarci anche a livello istituzionale, come testimonia la presenza dell’Assessore alla Cultura in occasione della presentazione dell’evento. Poi, ovviamente, c’è l’aspetto commerciale.