Il basket vintage di Street Hoop

Tecnologia

Cristian Paolini

Riscopriamo uno dei titoli che hanno fatto la storia dei videogiochi, il basket da strada di Neo Geo. Uno spettacolo a casa e in sala giochi

Come ogni giovedì su Game Show entra in azione la macchina del tempo che questa volta ci porta al 1994. Non erano già più le sale giochi i templi del divertimento elettronico, che per me e i miei coetanei aveva ormai assunto contorni più casalinghi, con le console domestiche o con appendici nei bar. Quelli situati magari nei pressi dei luoghi di studio, dove ancora capeggiavano cabinati affollatissimi. Tra i titoli per cui c’era da fare la fila (e che sottraevano più tempo ed energie agli impegni universitari) c’era Street Hoop, o Dunk Dream/Street Slam, a seconda dell’area geografica in cui è stato commercializzato. Si trattava di un videogioco di basket sviluppato da Data East per Neo Geo, anche se con la pallacanestro vera e propria aveva ben pochi punti di contatto.

Si tratta, come si percepisce già bene dal nome, di una sorta di torneo di basket di strada da giocare con un joystick e due tasti in cui scegliere una tra otto nazionali (Francia, Spagna, Germania, Italia, Stati Uniti, Taiwan, Regno Unito, Cina, Giappone  e Corea del Sud) ognuna formata da tre giocatori, non distinguibili per caratteristiche tecniche e ruolo, ma riconoscibili dai dettagli dell’abbigliamento, spesso di gusto dubbio dal punto di vista estetico. Se i giocatori di ogni team non avevano abilità peculiari, la squadra aveva caratteristiche uniche in base a quattro abilità: schiacciata, tiro da tre punti, velocità e capacità difensiva. C’era chi eccelleva nei tiri da tre (e se il tiro andava a buon fine la performance era sottolineata nel commento originale da un indimenticabile “Three point basket!”, o così ce lo vogliamo ricordare) e chi aveva più dimestichezza con le schiacciate, e c’erano squadre che facevano dell’equilibrio tra le varie abilità il loro punto di forza, pur senza svettare in nulla in particolare. Altra caratteristica del gioco era il colpo speciale, una sentenza che il giocatore poteva spendere dopo quattro canestri. Efficaci anche gli sfondi metropolitani delle sfide e il sottofondo sonoro. La modalità preferita era quella uno contro uno, con uno sfidante umano e non contro l’intelligenza artificiale, per trasportare le gomitate dal mondo virtuale a quello reale. Tutto era lecito pur di concludere in vantaggio i due tempi di gioco, pena lo sgraditissimo game over. (GUARDA IL VIDEO)

Il titolo in tempi recenti è stato convertito da Nintendo per Switch e Wii e inserito nella compilation dei giochi classici arcade della Data East. La sua fortuna tra le mura casalinghe dipese però dal fatto che la console da casa di Neo Geo (l’Aes, acronimo per Advanced Entertainment System) poteva riprodurne fedelmente la qualità della versione Arcade, così come per tutti gli altri suoi giochi. Si trattava di una macchina più potente, e costosa, delle concorrenti del tempo. Una politica e una tecnologia che se da una parte esaltavano gli appassionati, dall’altra, a lungo andare, sul mercato non risultarono vincenti (insieme ad altre soluzioni Arcade). Anche se con i suoi 14 anni di onorato servizio Neo Geo può fregiarsi del titolo di hardware videoludico più longevo di sempre. Una soddisfazione persino maggiore di un tiro da tre a segno a Street Hoop.

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