Aquila torna a volare: il drone di Facebook completa il secondo test

Tecnologia
Aquila durante il suo secondo volo (foto Facebook)
Aquila_drone_facebook

Il velivolo a energia solare punta a connettere le aree con infrastrutture scarse o assenti. Il primo decollo, nel giugno 2016, aveva riscontrato diversi problemi. "Abbiamo imparato la lezione", dicono gli ingegneri dopo la prova eseguita in Arizona

Buona la seconda: il drone di Facebook torna a volare. Aquila (questo il nome del velivolo) ha completato con successo il secondo lancio della sua storia. Il primo risale a un anno fa: il test 28 giugno 2016 aveva però riscontrato alcune possibili anomalie strutturali e costretto Facebook a vederci chiaro prima di procedere a un nuovo decollo.

 

I problemi del primo volo

Il volo è durato un'ora e 46 minuti ed è stato effettuato il 22 maggio (anche se il gruppo guidato da Mark Zuckerberg ne ha dato notizia solo il 29 giugno) in Arizona. Aquila è arrivato a un'altitudine di 3mila piedi (poco più di 900 metri), salendo a una velocità doppia rispetto a quella registrata nel test d'esordio e oltre le aspettative: 180 piedi (circa 50 metri) al minuto. Un risultato frutto, secondo gli ingegneri che hanno lavorato al progetto, di consistenti “ritocchi” rispetto allo scorso giugno e “della lezione imparata” dal primo volo. Tra le altre cose, sono stati aggiungi piccoli alettoni alle ali e incorporati centinaia di sensori. Sono serviti a raggiungere il vero obiettivo si questo secondo volo: raccogliere dati e informazioni che guideranno lo sviluppo futuro. È stato modificato anche il software che governa il pilota automatico e migliorato il sistema di comunicazione radio e corretto alcuni elementi per assicurare un atterraggio più morbido.

 

 

Volare con lentezza

Il drone è alimentato a energia solare e consuma “quanto tre asciugatrici”. Aquila viaggia con lentezza. Sale adagio, scende con altrettanta cautela e vola a tra i 20 e i 25 km/h. Tutto come previsto. Anzi, uno delle novità (la presenza di alettoni sulle ali), oltre stabilizzare l'assetto durante l'atterraggio, è finalizzata proprio alla riduzione della velocità. Perché, spiegano gli ingegneri di Facebook, il velivolo non è costruito per sfrecciare ma per “stare in volo a lungo nella stessa area per assicurare l'accesso a Internet”. A questo servono i droni di Facebook: sono una sorta di ponte aereo che mira a connettere le persone che vivono in zone dove le infrastrutture sono scarse o del tutto assenti. Dopo le difficoltà del primo volo, Facebook ha preferito prendersi più di un mese e verificare che tutto fosse andato bene prima di diffondere la notizia. Il secondo test sembra aver rilanciato il progetto.

 

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