A Melbourne chiusa l'udienza per decidere sul ricorso degli avvocati di Novak Djokovic. Tre giudici dovranno esprimersi sulla decisione del governo di cancellare il visto del tennista serbo per la seconda volta. Djokovic rischia l'espulsione dal Paese e, ovviamente, l'impossibilità di giocare gli Australian Open. La decisione nelle prossime ore
A Melbourne si è chiusa l'udienza della Corte federale australiana per decidere sul ricorso degli avvocati di Novak Djokovic. Tre giudici dovranno esprimersi sulla decisione del governo di cancellare il visto del tennista serbo per la seconda volta, azione che porterebbe alla sua espulsione dal Paese con l'impossibilità di giocare gli Australian Open. La decisione della Corte arriverà nelle prossime ore.
La posizione del governo australiano e la difesa di Djokovic
Secondo il governo australiano la presenza nel Paese del giocatore, non vaccinato contro il Covid, "potrebbe incoraggiare il sentimento contro i vaccini". Le autorità australiane hanno presentato per questo una memoria davanti alla giustizia, chiedendo l'espulsione del serbo dal Paese. Non concordano i legali del tennista: "In Australia e all'estero vogliono che Novak resti in Australia e giochi agli Australian Open 2022". È questo uno degli argomenti con cui gli avvocato di Djokovic hanno chiesto la revoca dell'annullamento del visto decisa dal governo australiano. Il team legale nella sua memoria fa riferimento ai sondaggi online da cui emerge che la maggioranza degli australiani è favorevole alla partecipazione del numero uno del mondo al torneo. L'altro argomento forte della difesa è il presunto danno d'immagine per il Paese, perché la revoca del visto metterebbe in discussione lo stato di diritto per il sospetto di una decisione dettata solo da scelte politiche, con conseguente pregiudizio per gli interessi economici australiani e il rischio di non poter più ospitare il torneo del Grande Slam.
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Manifestazioni a sostegno di Nole
Nel mentre, circa 200 manifestanti anti-vaccino si sono radunati fuori dalla Rod Laver Arena, cantando "free Novak", "free Novak Djokovic", "lascialo giocare" e slogan contro i vaccini e i passaporti sanitari. Mentre a Sydney si è tenuto un altro corteo
no-vax a sostegno del tennista, in cui l'ex deputato liberale Craig Kelly ha criticato il suo partito al governo e ha definito il tennista serbo "un prigioniero politico del regime (del premier Morrison, ndr)". "Questo imbarazza la nostra nazione e
rappresenta un senso di vendetta e rancore che non fa parte del carattere australiano", ha aggiunto. Per l'ex allenatore e mentore del numero uno del mondo, Niki Pilic, la gestione del caso da parte del governo australiano è stata "vergognosa" perché Djokovic è stato considerato alla stregua di un "criminale". "La gente non capisce cosa significhi essere un campione del mondo, che tipo di forza, volontà e morale siano necessari", ha sottolineato Pilic, "non è la fine del mondo se non gioca l'Australian Open...giocherà in altri tornei".
Nadal: “Australian Open più importante di qualunque giocatore”
Intanto sul caso arriva anche il commento di Rafa Nadal. "L'Australian Open è molto più importante di qualunque giocatore", ha detto il tennista."Sarà un grande Australian Open con o senza di lui", ha concluso lo spagnolo riferendosi all'avversario serbo.
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Il caso Djokovic
Djokovic è arrivato in Australia il 5 gennaio per partecipare agli Australian Open che inziano lunedì 17. In aeroporto è stato però bloccato e interrogato per alcune irregolarità sull'esenzione dal vaccino anti-Covid e il visto, ed è stato poi trasferito in un centro di detenzione per immigrati a Melbourne in attesa dell'espulsione. Il 10 gennaio il tennista, che ha dichiarato nel frattempo di aver avuto il Covid ed essere guarito, ha vinto il ricorso sul visto ed è stato rilasciato. Ma sono emerse poi altre incongruenze sui suoi documenti, nei quali dichiarava di non aver viaggiato nei precedenti 14 giorni all'ingresso nel Paese, quando invece a Natale sarebbe stato a Belgrado, passando poi per la Spagna prima di imbarcarsi per l'Australia. Djokovic ha dichiarato che si è trattato di un "errore umano" del suo staff nella compilazione dei documenti. Ma nella polemica rientra anche una violazione della quarantena per i positivi al Covid in Serbia. Il tennista ha riferito di aver fatto il 16 dicembre un test antigenico, nonostante fosse asintomatico, in cui è risultato negativo. Lo stesso giorno, per maggiore "prudenza", ha raccontato di aver fatto anche un tampone molecolare, che ha dato invece esito positivo. Ma quando l'indomani ha incontrato un gruppo di giovani tennisti, ha precisato, non aveva ancora avuto il risultato, e un ulteriore test rapido era stato ancora negativo. Il 18 dicembre però, quando ha rilasciato un'intervista programmata all'Equipe, era invece consapevole di essere positivo, come ha ammesso lui stesso, affermando di non aver cancellato l'impegno per non "deludere il giornalista".