Addio a Pietro Anastasi, vinse tre scudetti con la Juventus. Il figlio: "Aveva la Sla"

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L'ex calciatore, considerato uno dei migliori attaccanti degli anni Settanta, aveva 71 anni ed era malato da circa tre anni. Vinse tre scudetti in bianconero 

È morto all'età di 71 anni l'ex calciatore Pietro Anastasi, simbolo della Juventus degli anni '70. Nato a Catania, esordì a Varese e diventò grande con la maglia bianconera che indossò dal 1968 al 1976 vincendo tre scudetti (LA FOTOSTORY). "Oggi è un giorno triste per tutta la Juventus, per il calcio italiano e per tutti coloro che lo hanno conosciuto", si legge sul sito ufficiale della Juventus. Campione europeo con la nazionale italiana nel 1968, in azzurro ha giocato 25 partite siglando 8 reti. Il primogenito di Anastasi ha spiegato che il padre era stato colpito tre anni fa dalla Sla. "Gli ultimi mesi sono stati davvero devastanti e giovedì sera quando era ricoverato all' ospedale 'di Circolo' di Varese ha chiesto la sedazione assistita per poter morire serenamente", ha dichiarato.

Con la Juve 258 partite in Serie A

Considerato uno dei migliori attaccanti italiani della sua generazione, giocò con la squadra torinese un totale di 258 partite in Serie A realizzando 78 reti, laureandosi capocannoniere della Coppa delle Fiere 1970-1971 e della Coppa Italia 1974-1975, prima di una precoce parabola discendente che lo portò a chiudere la carriera con le maglie di Inter, Ascoli e Lugano.

La foto da bambino con il suo idolo

Era impossibile non volere bene a “Pietruzzo” perché è stato uno juventino fino in fondo e alla squadra del suo cuore ha trasmesso tutta la sua passione. Quella che da bambino, raccattapalle al Cibali di Catania, lo vede chiedere una foto accanto al suo idolo John Charles. Il sogno di vestire la maglia bianconera si concretizza nel 1968: Pietro arriva a Torino forte di una stagione memorabile nel Varese e di un gol storico in maglia azzurra nella finale dell'Europeo a Roma.

L'amore bianconero

Alla Juventus Pietro regala anni straordinari fino al 1976, ma le cifre e l'attaccamento alla maglia spiegano solo in parte l'amore della gente nei suoi confronti. Il suo coraggio nelle giocate, le sue reti in acrobazia, il suo spirito da lottatore lo rendono un idolo, capace di exploit indimenticabili, come i 3 gol segnati alla Lazio in 4 minuti in una gara iniziata seduto in panchina.

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