Gli Estetici su Pechino Express: "Il viaggio più bello della nostra vita". L'intervista

Arrivati a un soffio dalla meta, gli Estetici si ritrovano fuori dai giochi nel bel mezzo dell'ultima puntata. Nei pressi del più antico tempio induista del Nepal, dove si celebrano i riti funebri di cremazione sul fiume sacro Bagmati, Giulio Berruti e Nicolò Maltese accolgono il verdetto emesso da Costantino della Gherardesca, e sul primo tappeto rosso della finale, dicono addio alla gara. Medaglie di bronzo di questa straordinaria edizione di Pechino Express - Fino al Tetto del mondo, i due amici salutano i compagni d'avventura con l'amaro in bocca per aver mancato la vittoria, ma felici e uniti più che mai: "È stato il viaggio più bello della nostra vita". Come avete reagito alla chiamata? Giulio: Benissimo entrambi direi, Pechino Express è molto affine al nostro modo di essere, ci piace viaggiare e la sfida ci ha regalato tanto. Ho subito pensato che questa avventura avrei potuto e voluto farla solo con Nicolò, l’ho chiamato per proporglielo e gli ho dato dodici ore di tempo per decidere. La mattina dopo era un sì. Fin da quel momento, indipendentemente da come sarebbe andata, sapevo che avrei fatto un bellissimo viaggio con un amico. E siete anche arrivati in finale. Giulio: Sì abbiamo cominciato molto bene, siamo partiti con lo spirito giusto. Lungo tutte le varie tappe ci dicevamo “se usciamo oggi va bene lo stesso”, questo atteggiamento ci ha premiato, è stato vincente. Nicolò: Un’esperienza incredibile, unica. Pechino per me è stato veramente il viaggio più bello della mia vita, siamo grati e felici di essere arrivati fino in fondo. Com’è stato il rapporto con il tempo durante il viaggio? Nicolò: Appena arrivati il tempo sembrava quasi sospeso, non avendo cellulari né contatti con l’esterno ci siamo goduti di più la parte autentica del momento. A volte soprattutto all'inizio è stato difficile riassestarsi in questo senso, ma dopo circa una settimana siamo entrati pienamente nel mood, era tutto più dilatato, assaporavamo il nostro tempo, parlavamo molto di più… Io e Giulio siamo amici, lavoriamo insieme e ci confrontiamo tanto, ma non in quella maniera. A Pechino vivi molto più il presente. Giulio: Vivi maggiormente il presente perché non hai distrazioni come nella routine quotidiana tra televisione, cellulare, libri, film e quant’altro. A Pechino stai da solo con te stesso e con il tuo compagno, sei costretto a parlare e questo ti dà la possibilità anche di guardarti dentro e ascoltarti. Emerge una parte di te molto più vera, se vogliamo anche vulnerabile, ma oggettivamente più sincera. E questa sincerità ci ha consentito di affrontare tante tematiche, tanti momenti di vita vissuta, passata, che abbiamo rielaborato insieme, dialogando. Insomma è stato un po' come fare una terapia e invece di pagare noi, ci è stato fatto un regalo. Al rientro siete riusciti a conservare questa magia? Giulio: Molti concorrenti di Pechino che conosco mi avevano detto che una volta tornato in possesso del cellulare non avrei voluto neppure guardarlo e non me ne sarebbe importato niente ed è la verità. Però poi il tema è che facendo entrambi un lavoro di relazione è facile ricascarci. L’importante è non farsi sopraffare, e lo dice uno che lavora tantissimo durante il giorno e ha difficoltà a staccare, però una cosa mi è capitata e ho voluto cambiare qualche abitudine, quando mangio e quando sono fuori con la mia compagna il telefono non si tocca, si spegne e non si usa nemmeno sabato e domenica. Controllo solo che non ci siano emergenze. Nicolò: Anche nella mia routine funziona così, e ricordo sempre le parole di mia madre ogni volta che ci si metteva a tavola e con il suo accento veneziano marcatissimo mi intimava di far sparire il cellulare dalla sua vista. Nella mia vita quotidiana rispetto questa regola. Come Giulio anch’io mi godo la cena, mangiare è un momento di condivisione. Qual è stata la bellezza di Pechino? Nicolò: L'aspetto spirituale del viaggio, nonostante fossimo all’interno di una gara e fossimo sempre di corsa… Avere il tempo di rivivere a fine giornata quanto vissuto dentro di noi, capire cosa avevamo sbagliato, cosa potevamo fare meglio. La bellezza era nei discorsi su come avremmo affrontato le difficoltà della vita al momento del ritorno, quello secondo me è stato il vero senso del viaggio. Giulio: La pace che deriva dall'armonia dei momenti, quel senso del qui ed ora, non aver bisogno di andare con la testa da un'altra parte, essere presenti. A Pechino abbiamo recuperato anche una dimensione più fisica, siamo molto più animali di quello che in realtà ci raccontiamo, la parte fisica che abbiamo in parte perso e che recuperiamo magari in palestra poche ore a settimana, lì l’abbiamo ritrovata. Siamo fatti per muoverci e quando ricominci a muoverti, tante cose si sbloccano anche nella testa, entri in uno spazio più vero e più sincero. C’è più pace in cui tutto scorre, e la sera si dorme senza pensieri, senza troppe ansie. Se doveste dare un titolo a questa vostra esperienza? Giulio: La corsa più pazza del mondo. Nicolò: Il viaggio estetico all'interno di noi.

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