Amadeus, genio e odio: recensione dei primi 2 episodi della serie Sky su Mozart e Salieri
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Amadeus è la nuova serie Sky Original in 5 episodi che rilegge il rapporto tra Wolfgang Amadeus Mozart e Antonio Salieri come uno scontro tra genio, fede e potere. Nei primi due episodi, con Will Sharpe nel ruolo di Mozart e Paul Bettany in quello di Salieri, la musica diventa materia narrativa e conflitto emotivo, tra ambizione, lutto e ossessione. La serie è disponibile in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW: martedì 30 dicembre arrivano anche gli episodi 3 e 4
Quello che devi sapere
Amadeus: trama, temi, primi due episodi della serie Sky
Nei primi due episodi di Amadeus, la serie Sky Original rilegge il mito di Mozart e Salieri come un conflitto carnale, spirituale e politico. Dall’incipit ispirato a T.S. Eliot alla fisicità eccessiva di Mozart, dalla fede ferita di Salieri alla centralità di Constanze e alla Grande Messa in do minore dopo la morte del figlio, la musica diventa un campo di battaglia emotivo e profondamente contemporaneo. Martedì 30 dicembre arrivano in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW anche gli episodi 3 e 4.
«È questo il modo in cui finisce il mondo»
«È questo il modo in cui finisce il mondo.
Non già con uno schianto ma con un lamento.»
I versi di T.S. Eliot da Gli uomini vuoti sembrano risuonare già nei primi minuti di Amadeus. Non un’esplosione, non un gesto eroico, ma un rumore sordo, un grido soffocato dal dolore e dalla neve. Antonio Salieri è vecchio, solo, e ha tentato di togliersi la vita: si è tagliato la gola, si è gettato nel vuoto, ma la caduta è attutita, il coltello non affonda, il corpo non obbedisce fino in fondo.
Il mondo, qui, non finisce con uno schianto.
Finisce con un fallimento.
Al capezzale di Salieri arriva Constanze, la moglie di Wolfgang Amadeus Mozart. E Salieri è pronto a confessare. Non a un prete, ma a lei. Fin dall’incipit Amadeus chiarisce la propria natura: non una biografia, ma un racconto di colpa, memoria e ossessione, narrato dal punto di vista di un uomo che si considera già morto.
I titoli di testa: la musica nasce dalla carne
I titoli di testa animati sono tra i più perturbanti visti in una serie recente. Raccontano la genesi fisica, brutale, della musica: gli intestini di agnello, le minugia, il budello animale da cui nascono le corde dei violini. Un materiale vivo, organico, lavorato, teso fino al limite per produrre suono.
È una dichiarazione poetica e teorica fortissima: la musica non nasce dall’astrazione, ma dalla carne, dal sacrificio, dalla materia. Amadeus parte da qui per dire una cosa semplice e radicale: il genio non è mai disincarnato.
Mozart: il genio come corpo che eccede
Il Mozart interpretato da Will Sharpe è lontano da ogni immagine oleografica. Non è il folle grottesco del film di Miloš Forman, né il bambino prodigio cristallizzato nella leggenda. È un giovane adulto sessualmente vorace, emotivamente disordinato, musicalmente inarrestabile.
Sharpe costruisce un Mozart fisico, che ride troppo forte, beve troppo, ama troppo, compone senza sosta. La musica non è un atto sacrale: è un riflesso naturale, quasi fisiologico. E quando il corpo non riesce più a contenere quell’eccesso, rigetta.
Il vomito di Mozart non è una gag. È un segnale. È il corpo che espelle ciò che non riesce a trattenere, come la musica che gli scorre dentro senza tregua. Amadeus insiste su questa fisicità scomposta: il genio non sublima, somatizza. Non trasforma l’eccesso in eleganza, lo lascia colare fuori, senza vergogna.
Mozart non sfida le regole: le ignora.
Ed è questa indifferenza a renderlo intollerabile.
Salieri: il dono, la fede e il colloquio con Dio
Il cuore teorico del primo episodio esplode nel dialogo tra Salieri e Mozart. Per Salieri, la musica è un dono divino, un colloquio con Dio. I compositori parlano con la sua voce.
Mozart ribalta tutto con leggerezza disarmante: per lui le note sono istruzioni, formule, metodi. Non angeli, non sacralità, ma lavoro e gioco. Quando Salieri insiste sul dono divino, Mozart fraintende — o finge di fraintendere — parlando di “dono di vino”.
È una battuta.
Ed è una frattura metafisica.
Caterina Cavalieri e il desiderio che (in)canta
Nel primo episodio compare anche Caterina Cavalieri, soprano di straordinario talento e musa mozartiana, interprete del Ratto dal serraglio e poi di Donna Elvira nel Don Giovanni. La serie la trasforma in oggetto di desiderio e di fantasia, soprattutto per Salieri, che la osserva e la immagina insieme a Mozart.
In Amadeus il desiderio non è mai innocente: è sempre intrecciato al potere e alla frustrazione.
Giuseppe II: il potere che normalizza
Rory Kinnear è magnifico nei panni dell’Imperatore Giuseppe II d’Asburgo-Lorena. Non una macchietta illuminata, ma un mediatore culturale lucidissimo. È lui che commissiona, finanzia, giudica. È lui che chiede a Mozart di “togliere qualche nota” dal Ratto dal serraglio.
La risposta di Mozart — “quali note avevate in mente, Maestà?” — è una dichiarazione di poetica. Il potere vuole semplificare. Il genio non può.
Giuseppe II incarna una figura modernissima: il potere che non censura apertamente, ma adatta, normalizza, rende accettabile ciò che non riesce a controllare.
Il concerto finale: la voce che parla solo a me
Il primo episodio si chiude con un gesto devastante. Mozart invita tutti — Salieri compreso — a un concerto. Presenta un brano “modesto”, composto nelle prime ore della notte, come se una voce parlasse solo con lui. È Eine kleine Nachtmusik.
Per Salieri è l’insulto definitivo.
Non solo il talento, ma l’idea di essere l’eletto.
La sua sentenza è netta:
«In quel momento ho capito cosa avrei ucciso: Wolfgang Amadeus Mozart».
Amadeus, Episodio 2: il padre, il figlio, il Dio che tace
Il secondo episodio affonda nella tragedia. L’incontro con Leopold Mozart, padre freddo come una lama anche con Constanze, prepara il terreno. Poi arriva la perdita: la morte del figlio di Wolfgang e Constanze, annunciata poco prima con una battuta scherzosa. Il dolore è innaturale, indicibile.
Mozart dice:
«Le persone dicono che Dio parla attraverso di me. Ora si è preso nostro figlio. Forse possiamo rispondere».
Segue l’esecuzione della Grande Messa in do minore (Great Mass in C Minor, K. 427). Un’opera incompiuta, tesa, verticale. Non consola, non pacifica. Espone il dolore.
La musica non guarisce.
Rende il dolore ascoltabile, ma non lo cancella.
Salieri contro Dio
Il contraltare è Salieri. Rimasto solo, pronuncia il suo giuramento. Dio non è beffato, dice la Scrittura. Ma Salieri ribalta il senso: l’uomo non è beffato, e lui non accetta di esserlo.
Da questo momento Dio diventa il nemico.
E Mozart, il suo eletto.
Non è solo vendetta.
È una guerra metafisica.
Perché guardare Amadeus oggi
Non serve amare Mozart, né conoscere l’opera, né essere appassionati di biopic storici per entrare in Amadeus. La serie non chiede competenze, ma attenzione. Usa il Settecento come uno specchio del presente: parla di talento che non consola, di lavoro che non basta, di fede che si incrina, di potere che normalizza ciò che non può controllare.
Mozart e Salieri non sono icone da manuale, ma due uomini messi di fronte alla stessa domanda: cosa succede quando il senso che abbiamo dato alla nostra vita smette di funzionare? In questo senso Amadeus non è una serie “in costume”, ma una storia sul nostro rapporto con il successo, con il fallimento e con l’idea — sempre più fragile — che il merito basti a salvarci.
Il genio come ferita aperta
Dopo due episodi, Amadeus è chiarissimo. Non racconta il genio come dono, ma come ferita. Non come elevazione, ma come eccedenza che lascia macerie.
Il mondo, qui, non finisce con uno schianto.
Finisce con un lamento.
E continua a risuonare.