A Casa Tutti Bene, delitto e castigo. Recensione degli ultimi episodi

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Gabriele Lippi

Gabriele Lippi

Venerdì 26 maggio sono arrivate in esclusiva su Sky e in streaming solo su Now le puntate finali della seconda stagione della serie Sky Original diretta da Gabriele Muccino. Un rally pieno di curve, salite e discese, con pochissimi tratti pianeggianti e rettilinei, verso un epilogo malinconico e decadentista

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La storia si ripete sempre due volte, diceva Karl Marx. Ma nella seconda stagione di A Casa Tutti Bene (LO SPECIALE) – i cui ultimi due episodi sono andati in onda in esclusiva su Sky e in streaming solo su Now venerdì 26 maggio - per la farsa, non c’è spazio, è solo tragedia che si sovrappone a tragedia, in una spirale drammatica che non concede respiro. È Muccino che gioca a fare Muccino, tutto ciò che è sempre stato il suo cinema elevato al cubo e ibridato col thriller e il crime, con una trama che più che scivolare corre verso un epilogo malinconico e decadentista.

Una famiglia che è una maledizione

Gli ultimi due episodi della seconda stagione segnano forse l’apice della visione della famiglia che ha Muccino. Una famiglia che è maledetta ma anche maledizione. In particolar modo per Paolo, continuamente ostacolato dai doveri di fratello nel suo rapporto col figlio Giovanni e definitivamente al bivio con la possibilità di scegliere, finalmente, di essere un buon padre. “Questo ristorante è la nostra gabbia da quando siamo nati”, dice a Sara in una telefonata eloquente quando quel poco che restava dell’unità familiare si disgrega dopo la morte di Maria, ultimo collante tra Ristuccia e Mariani.

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FIDUCIA E SOSPETTI

È tutto un gioco di fiducia (poca) e sospetti (tanti), che porta Ginevra a improvvisarsi detective riluttante, più impegnata nella ricerca di appigli che salvino l’illusione di una serenità che non c’è che nell’analisi degli indizi e delle prove a sua disposizione. Una Sherlock Holmes alla rovescia, che manda in malora il ragionamento deduttivo per costruire teorie consolatorie attorno a una verità sempre più difficile da accettare, accompagnata da un Watson brusco come Diego, che invece cerca in tutti i modi di aprirle gli occhi.

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NESSUN LIETO FINE

Ogni tentativo di depistaggio naufraga davanti alle evidenze e la realtà risale a galla andando a chiudere quel circolo vizioso aperto decenni prima da Alba. Non può esserci lieto fine, non per Carlo e il resort in Sardegna, non per Sara e George, non per Riccardo e Luana o per Paolo e Olivia, che pure sembrano essersi ritrovati. Sulle note della cover di What a Wonderful World meravigliosamente e ossimoricamente reinterpretata da Serepocaiontas, scorrono le immagini di un mondo che di meraviglioso non ha più nulla, di un contesto squallido fatto di bugie, delitti e – finalmente – di castigo.

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CARLO, IL CAPRO ESPIATORIO

A pagare per tutti - in un concetto che viene reso perfettamente nella sequenza che alterna le immagini della sua perquisizione con una serie di ritratti dei suoi famigliari - è Carlo, capro espiatorio di una famiglia in debito con la sorte e con la giustizia, imperfetto, inadeguato, spaventato, ormai sul punto di crollare, interpretato con tutta l’energia possibile da Francesco Scianna. Ma è un’intensità recitativa alla quale Muccino ha costretto tutto il cast per otto episodi di una seconda stagione che deve essere stata dannatamente impegnativa sotto l’aspetto fisico ed emotivo, un rally pieno di curve, salite e discese, con pochi rettilinei e quasi nessun tratto pianeggiante.

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IL MONDO DI LUNA

I momenti più rallentati, quelli in cui prendersi un minimo di respiro, sono affidati al personaggio di Luna, una bravissima Sveva Mariani, costretta ad assumere stupefacenti per poter alleviare lo spirito di un carico di sofferenza e senso di colpa decisamente troppo pesante per le spalle di una ragazza tanto giovane. Luna fuma, con gli occhi trasognanti che fissano il soffitto della sua stanza immaginando un cielo che non c’è, Luna si immerge in piscina, in piena notte, per dare sollievo al fuoco che le brucia dentro. E per un attimo la serie si ferma, le camere smettono di rincorrere i protagonisti e di vorticare loro attorno, indugiando sul volto pulito di una giovane donna finita all’inferno per colpe non sue.

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LA PROMESSA DI SARA

“Non può finire così”, sibila Sara sul finale, con il ristorante chiuso, con George volato via, la vendita da 25 milioni sfumata, i guai che riemergono. Mentre Carlo varca le soglie del carcere e Paolo si ferma in mezzo alle strade di Parigi alle prese con l’ennesimo bivio tra la sua famiglia d’origine e quella che invece sembra aver scelto nuovamente con convinzione, lei pare essere l’unica a non arrendersi, l’unica a non voler mollare. Forse, se c’è una pietra angolare su cui la casa dei Ristuccia può essere costruita, è proprio lei. Ma questa è un’altra storia ed eventualmente dovrà essere raccontata un’altra volta.

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