Lovecraft Country, la recensione del terzo e del quarto episodio della serie tv

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Linda Avolio

Leggi la recensione del terzo e del quarto episodio di 'Lovecraft Country', in onda su Sky Atlantic e disponibile anche on demand e in streaming su NOW TV - ** ATTENZIONE: SPOILER **

Lovecraft Country, cos'è successo nel terzo episodio

Sono passate tre settimane dalla morte di George e dal suo funerale. Tic si è temporaneamente trasferito a casa dell’amato e compianto zio, un po’ per senso di colpa, un po’ per essere vicino alla zia e alla cuginetta. Hippolyta, però, sente che c’è qualcosa che non torna nella storia che le è stata raccontata: suo marito è veramente morto a causa dell’aggressione dello sceriffo Hunt? Montrose, in lutto per la perdita del fratello, passa le giornate a ubriacarsi. Quando Tic gli dice che Hippolyta e Dee hanno il diritto di sapere cos’è realmente accaduto, reagisce con rabbia: no, non c’è bisogno che soffrano ulteriormente, e poi come potrebbero spiegare loro ciò che è realmente accaduto?

Intanto Leti, che ha inaspettatamente incassato una cospicua eredità dalla madre, morta qualche mese prima, ha deciso di comprare una villa in stile vittoriano (un’imponente abitazione fatta costruire da un certo Winthrop) nella zona nord di Chicago. Una zona interamente abitata da bianchi che non vedono di buon occhio il suo arrivo. Miss Lewis, infatti, ha deciso di affittare le numerose stanze della casa ad amici e conoscenti, e ovviamente insieme a lei si è trasferita anche sua sorella Ruby, con la quale spera di migliorare i rapporti. I vicini non prendono bene il loro arrivo, e, col nullaosta della polizia, guidata dal Capitano Lancaster, cominciano a molestarli e intimidirli con croci infuocate e altre "carinerie." Anche Lancaster ci mette del suo, minacciando Leti dopo che questa decide di rispondere alle provocazioni. Il Capitano l’avvisa: in quel posto succedono strane cose, meglio sloggiare.

 

Tra le mura della nuova proprietà, se possibile, va anche peggio: a quanto pare la casa è infestata da inquietanti presenze. Leti si mette a indagare e scopre che il precedente proprietario, uno scienziato dai metodi decisamente poco etici di nome Hiram Epstein, rapì, usò come cavie per assurdi e terribili esperimenti, e infine uccise otto afroamericani. In realtà i corpi non furono mai stati trovati, ma è evidente che la polizia sviò le indagini…e che Lancaster fu attivamente coinvolto. A creare problemi adesso non sono tanto gli spiriti delle vittime, quanto quello di Epstein, anche lui intrappolato lì. Con l’aiuto di una medium e di Tic, Leti riesce a mandare via il fantasma del crudele scienziato. Gli altri, invece, potranno restare, anche a protezione degli stessi inquilini.

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Atticus nel frattempo ha messo insieme i pezzi del puzzle. Il nome Winthrop gli è familiare perché l’ha visto scritto da qualche parte ad Ardham, e qualcosa gli dice che i soldi arrivati a Leti non sono stati né un’eredità né un caso. A orchestrare il tutto è stata infatti Christina, evidentemente sopravvissuta. La figlia di Samuel Braithwhite racconta che la casa fu costruita da Horatio Winthrop, un membro dei Figli di Adamo bandito dalla setta per aver rubato alcune pagine del Libro dei Nomi nel diciannovesimo secolo. Epstein era un suo seguace. Tic, che vuole proteggere Leti e la sua famiglia, prova a spararle, ma a causa di un incantesimo non riesce a premere il grilletto. Mentre lui è bloccato, lei gli spiega che il Libro dei Nomi, tramandato oralmente capitolo per capitolo ai diversi seguaci, è andato perduto, ma che alcune pagine redatte dallo stesso Titus e nascoste chissà dove potrebbero rendere possibile decifrare la Lingua di Adamo, cosa che aprirebbe interessanti scenari (soprattutto per lei, ovviamente!).

Lovecraft Country, cos'è successo nel quarto episodio

Dallo statuto dell’Ordine dell’Antica Alba consegnatogli da George prima di morire con la promessa di proteggere Tic e la sua famiglia – volume prontamente bruciato perché troppo pericoloso –, Montrose scopre che le pagine del Libro dei Nomi appartenute a Titus Braithwhite sono nascoste in una cripta nel Museo di Storia di Boston, museo a cui lo schiavista e seguace della magia fece numerose donazioni e che tutt’ora ha un’ala dedicata a lui e alla sua "carriera" di esploratore. Intanto Leti riceve la visita di Christina, alla ricerca del planetario meccanico di Winthrop, ma l’incantesimo di protezione lanciato dalla medium per fortuna impedisce alla donna di entrare.

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Tic, che è convinto che, una volta decifrata la Lingua di Adamo, sarà in grado di lanciare un incantesimo per proteggere quelli che ama da Christina e da chissà chi, alla fine, costretto da Leti, si ritrova a parlare col padre. Inizialmente Montrose si rifiuta di dargli informazioni, è tutto troppo pericoloso, ma poi, sicuro che suo figlio non si fermerà di fronte a niente, decide di collaborare. I tre decidono dunque di partire alla volta di Boston, ma Hippolyta – che sta provando a decifrare il funzionamento del planetario meccanico – e Dee si uniscono alla comitiva per fare qualcosa di diverso. Nel frattempo Christina ha un acceso scambio di opinioni con il Capitano Lancaster, che non la vuole tra i piedi, perché quella è la sua zona. Soprattutto, quella è la sua loggia.

 

Giunti al museo, i nostri riescono a intrufolarsi durante la chiusura notturna e a scoprire come raggiungere la cripta. Una volta sotto terra devono farsi strada lungo stretti cunicoli e pericolose trappole. Per poco non muoiono affogati – per ogni minuto che passa i cunicoli sono sempre più invasi dall’acqua –, ma il sangue di Tic, la sua eredità, sblocca l’ultima porta d’accesso. Finalmente dentro la cripta, al centro della quale c’è un tavolo con gli scheletri degli sfortunati commensali, tutti di evidenti origini nativo-americane, scorgono una scrivania con sopra libri, fogli e pergamene. Sicuramene le pagine di Titus del Libro dei Nomi si trovano lì. A difenderle, però, c’è un cadavere mummificato che in presenza di Atticus riprende forma e vita: si tratta di Yahima, un’indiana aruachi “due spiriti.”

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Yahima racconta a Tic – che è l’unico che la capisce, a causa della sua discendenza – che Braithwhite l* rapì e l* rinchiuse nella cripta con l’ordine di tradurre per lui delle misteriose pagine scritte in una lingua a lui sconosciuta ma a l*i nota. Quando si rese conto della pericolosità di quelle parole, si rifiutò di andare avanti, e per punizione venne trasformat* in una sirena e rinchius* per sempre lì insieme alla sua famiglia, rimasta umana, dunque mortale. Atticus ovviamente rimane colpito da questa storia, ma lo spirito reincarnato lo rassicura: lui non è responsabile delle colpe del suo antenato. La cripta, però, sta per crollare. I nostri, più Yahima, riescono a fuggire appena in tempo. Al sicuro, Tic e Leti, che dopo il loro incontro amoroso non hanno più parlato, solo bisticciato, si riconciliano con un intenso bacio.

 

Tornati a Chicago, a casa di Leti, Montrose, dopo aver chiarito alcune cose col figlio, uccide in segreto Yahima, per evitare che possa rivelare altre informazioni riguardo le pagine ritrovate. E’ tutto troppo pericoloso, e lui intende onorare la promessa fatta a George. Intanto Ruby, che ha rinunciato al colloquio ai grandi magazzini perché c’è già una commessa nera, si lascia sedurre da William, che le promette che potrà farle avere ciò che più desidera. Lungo la strada del ritorno, Hippolyta, rimasta sola con la figlia, scopre nel cruscotto la mappa del defunto marito. C’è cerchiato un luogo nella Contea di Devon, nel Massachussets: Ardham. Non si torna a Chicago, si va alla ricerca di risposte!

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Lovecraft Country, il commento al terzo e al quarto episodio

Dopo due episodi introduttivi che ci hanno presentato i protagonisti e che ci hanno fatto entrare nel mood della serie, Lovecraft Country porta avanti la sua storia orizzontale – quella legata all’eredità di Tic e ai misteriosi intenti di Christina –, ma intanto ci regala anche una sempre gradita storia laterale (comunque in parte collegata a quella principale) a tema “casa infestata,” un vero e proprio classico del genere horror.

 

Del terzo capitolo, oltre alle vicende relative a Epstein e alle sue povere vittime, ci sono alcuni momenti molto interessanti per quanto riguarda i personaggi principali. Ci riferiamo ovviamente al rapporto tra Leti e Ruby, ma anche a quello tra Tic e suo padre. In merito al primo non si può non citare la scena in cui il personaggio dell’ottima Wunmi Mosaku rinfaccia a quello di Jurnee Smollett di non essersi mai veramente comportata da sorella, addirittura di non sapere realmente cosa ciò significhi; mentre in merito al secondo ci troviamo di fronte a un padre che, pur amandolo con tutto sé stesso, non è mai stato in grado di aprire il proprio cuore al figlio, cosa che, anno dopo anno, ha creato una distanza incolmabile.

 

Sempre presente la sottotematica relativa al razzismo di cui sono pervasi gli Stati Uniti negli anni Cinquanta (e non solo), e sulla violenza dell’uomo bianco contro tutto ciò che non assomiglia a lui. Ci riferiamo ovviamente alle minacce e alle vessazioni subite da Leti e dai suoi coinquilini e al personaggio del Capitano Lancaster, un uomo che si commenta da solo, ma anche alla storyline di Ruby, specialmente allo scambio di battute tra lei e William al bancone del bar in cui lei si è esibita dopo la decisione di non perdere neanche tempo a proporsi come commessa per il grande magazzino in cui vorrebbe lavorare, perché c’è già una ragazza afroamericana, dunque la “quota diversity & inclusion” è già stata raggiunta.

 

NOTE SPARSE

  • Anzitutto una cosa importantissima: ma quanto è forte Leti quando, mazza da baseball in pugno, si mette a fare strage di finestrini? Che bomba!
  • Vogliamo parlare di quanto sono inquietanti i fantasmi delle vittime di Epstein, in particolare il giocatore di basket con la testa di neonato?
  • Attenzione: Tic potrebbe in realtà essere figlio di George, e non di Montrose.
  • La tensione sessuale tra Tic e Leti esplode durante la festa, ma più per la gelosia di lui. Sì, insomma, si poteva fare meglio!
  • In una stanzetta all’ultimo piano, Hippolyta trova un “orrery”, cioè un planetario meccanico (che in realtà sarebbe anche una macchina del tempo), e se lo porta a casa. Solo che Christina lo sta cercando, e chissà per quale motivo…
  • Quando Tic va a casa del padre nel terzo episodio, questi, completamente sbronzo, farfuglia una storia che il nostro sa a memoria. Durante il Massacro di Tulsa, Montrose e suo fratello si ritrovarono circondati da bianchi intenzionati a linciarli. Si salvarono solo grazie all’intervento di uno sconosciuto armato di mazza da baseball. Le sue uniche parole furono “I got you, kid.” Quella maledetta notte viene ricordata anche all’inizio dell’episodio 4, quando Montrose, mentre sta bruciando lo statuto dell’Ordine dell’Antica Alba, commenta con un breve ma esaustivo “Smells like Tulsa,” cioè “puzza di Tulsa.” PS: Michael Kenneth Williams, un nome, una garanzia.
  • William e Christina non compaiono mai insieme nella stessa scena…qui magia ci cova…
  • Christina ha bisogno di ricostruire la Lingua di Adamo per poter creare nuovi incantesimi (e per altre cose che ovviamente per adesso sa solo lei). Per ora resta un personaggio quantomeno ambiguo.
  • William e Ruby, motore, ciak, e tanta “azione!” Poteva mancare una scena di sesso piuttosto coreografica con relativo generoso nudo? Trattandosi di un prodotto di casa HBO, la risposta è “ASSOLUTAMENTE NO!!” 

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