Leggi la recensione del finale (episodi 5 e 6) di The Third Day (la serie è disponibile anche on demand e in streaming su NOW TV) - ** ATTENZIONE: SPOILER **
The Third Day, cos'è successo nel quinto episodio
In sogno, Helen vede Sam, ma viene bruscamente svegliata dalle urla di una donna. Il mistero è presto svelato: si tratta di Jess, ormai prossima al parto. E’ insieme a Larry, a Jason e al predicatore, e rifiuta con forza l’aiuto di chiunque altro, specialmente quello di Mrs. Martin, che però riesce a intuire che il bambino è in posizione sbagliata. La piccola comunità di Osea, quasi interamente riunita nel salone principale del pub, sembra alquanto divisa. Dopo un attimo di esitazione, Helen si fa avanti. E’ pur sempre un’ex veterinaria, e l’essere umano è pur sempre un mammifero. Con calma e sangue freddo riesce a “raddrizzare” il bambino: tragedia evitata. Jess però è ossessionata dal fatto di essere portata via: lei vuole partorire lì! Per avere un po’ di privacy viene accompagnata in bagno, dove rimane sola con Jason.
Ellie e Talulah osservano dal corridoio, ma in pochi secondi cominciano a bisticciare, con la più piccola che prende in giro la più grande per la sua fede. Dal nulla sbuca la bionda Kail, la figlia maggiore di Jess, che rimette al posto la giovanissima atea incutendole del (non molto) sano timore reverenziale nei confronti di Dio, dandole della pecorella e avvisandola: le pecorelle non fanno una bella fine… Ellie è colpita: zittire la sua sorellina è una vera e propria impresa! Kail le chiede perché è lì. Ufficialmente per il suo compleanno…ufficiosamente perché sua madre non vuole farla tornare a scuola perché ha colpito con una pietra una ragazza che l’ha presa in giro. L’altra le risponde raccontandole la storia di Osea e sottolineando l’importanza del mantenimento dell’equilibrio, perché quando manca l’equilibrio succedono cose brutte. E quanto successo, l’aggressione, è stato causato proprio da una mancanza di equilibrio dentro di lei. C’è un posto sull’isola che è vietato agli estranei…ma lei se vuole può mostrarglielo…
In cucina, dopo essere stata snobbata da Mrs. Martin, Helen mostra a Mr. Martin una foto di Sam. Che, a quanto pare, un paio di settimane prima le ha inviato una mail delirante in cui rivelava di trovarsi proprio lì. E poi c’è stata anche quella telefonata a Aday… L’uomo nega di averlo mai visto sull’isola, ma accetta di fare qualche domanda in giro. Noi spettatori ovviamente sappiamo già quale sarà il risultato di questa finta indagine. Fuori è ancora buio. Il passaggio è aperto, ma Helen non può ancora andarsene. Fuma una sigaretta col Cowboy, che le spiega che la comunità si è spaccata in due dopo un festival che, in teoria, invece avrebbe dovuto unirla. Non deve però lasciarsi trarre in inganno: quel posto ha un cuore grande, e può guarire tutte le ferite. Anche le sue. Deve solo volerlo.
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Jess intanto è riuscita a scappare. Helen si lascia convincere dal Cowboy a unirsi alle ricerche, così, dopo aver caricato i bagagli in auto e dopo aver ordinato alle figlie di aspettarla in camera – tra un’ora in ogni caso se ne andranno –, si prepara. Alan le si avvicina per scusarsi: lui e sua madre non l’hanno mandata via per il colore della sua pelle, ma per motivi che non può spiegarle. Poi rischia di far crollare la bugia di Mr. Martin: chi è che non avrebbe visto sull’isola?
Ad ogni modo, Helen si ritrova a perlustrare il Seabird Hotel col Cowboy. I due hanno un intenso scambio di vedute in merito alla fede – lui è credente, lei no, lui passa l’inverno lì per ricaricare le batterie dell’anima, lei pensa che i posti siano solo posti e che non abbiano speciali poteri –, e lei cede alle provocazioni solo nel momento in cui lui le chiede della perdita del suo “angelo.” Nathan non era un angelo, tutt’altro, era un bambino molto problematico, violento e arrabbiato, e lei, nonostante lo amasse, a volte non lo sopportava. “Gli ho detto che avrei voluto che non fosse mai nato. Sono state queste le ultime parole che gli ho rivolto…” si ritrova a confessare Helen, ovviamente pentita. Il cowboy le fa un discorso piuttosto intenso sulla rabbia e sul lutto, sulla necessità di abbracciare il dolore, ma il momento è interrotto dall’improvviso risveglio di Janny, in pieno post sbornia. È lui mettere la pulce nell’orecchio alla straniera citando il nome di Sam, per colpa del quale tutto quel casino ha avuto inizio. La foto è solo una conferma.
Nel frattempo anche Lu fa una confessione a sua sorella: papà non le manca, non le manca vederlo fuori di testa, non le manca vedere la mamma piangere, e lei non è come lui. Helen, furiosa, affronta Mr. Martin. E’ Mrs. Martin, prevedibilmente, a fornirle una versione un po’ modificata della verità: Sam è stato lì durante il festival e si è immischiato in cose in cui non avrebbe dovuto, facendo arrabbiare alcune persone. Ora, però, non si trova più lì. E non le hanno detto subito la verità perché durante il suo soggiorno è stato con un’altra donna. “Il passaggio si chiude tra 10 minuti, vai e non guardarti indietro. Comincia una nuova vita, e prega che quell’uomo non ne faccia mai parte…” sono le ultime parole della proprietaria del pub.
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Helen segue il consiglio, nonostante Ellie voglia rimanere. In prossimità del passaggio, lungo la spiaggia, vede Jess in mare. Non può fare finta di niente, così la riporta a riva, e poi, dopo aver mandato via le figlie, l’aiuta a partorire dentro un capanno. E’ una bambina, ed è così importante. Jess lo sapeva, ne era certa. E no, Jason non è il padre. Il padre si chiama Sam. Un incontro scritto nel destino. Helen mette insieme i pezzi del puzzle, ma non si espone. Quando l’altra le chiede di andare a chiamarlo (si trova presso la “casa grande”), ovviamente non ci pensa due volte.
Intanto Ellie, dopo un iniziale rifiuto, decide di seguire Kail alla scoperta del luogo vietato agli stranieri, lasciando sola Lu con Jess. La ragazzina bionda porta l’amica nei sotterranei di una torre abbandonata, lungo cunicoli pieni di bassorilievi. Scene di un cristianesimo degli albori misto a credenze antiche. Un luogo in cui gli autoctoni hanno trovato rifugio quando altri li hanno perseguitati per il loro credo. Anomalie climatiche, guerre, addirittura Jack the Ripper (identificato con Frederick Nicholas Charrington) e la nevicata estiva di quell’anno: è tutto causato dalla mancanza di equilibrio nell’anima del mondo secondo Kail. Persone come Helen non capiranno mai…ma Ellie invece sì, lei potrà amare Osea. Potrà essere una vera credente, potrà conoscere e farsi conoscere per quella che è.
Lu, nel capanno con Jess, fa l’errore di rivelarle che in realtà oltre a lei e Ellie una volta c’era anche Nathan, che però fu rapito e ucciso. L’altra capisce di trovarsi di fronte alla progenie di Sam, una potenziale rivale per sua figlia, destinata a guidare l’isola, così, dopo averle confiscato il cellulare, decide di eliminarla. Talulah però non è stupida, e riesce a fuggire da una finestra. Intanto Helen, giunta presso la “casa grande,” non può credere ai suoi occhi: in fondo al molo, vestito di bianco e coi capelli lunghi e scarmigliati, c’è suo marito…
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The Third Day, cos'è successo nel sesto episodio
Il sesto e ultimo episodio di The Third Day, il finale definitivo, si apre con la reunion tra Helen e Sam (che continua a chiamarla Cas…). Lei, GIUSTAMENTE, vuole delle spiegazioni, ma quando lui le dice che è il discendente di Cahrrington e che è rimasto lì per stare accanto a Nathan, lei non gli crede. Non c’è però tempo da perdere, suggerisce Mrs. Martin: Jess ha partorito una bambina che è la figlia del “Padre dell’isola,” una bambina che è una minaccia alla sua autorità e al precario equilibrio del luogo, dunque bisogna fuggire. Per Helen, però, la priorità è un’altra: vuole vedere Nathan. Sam è d’accordo, peccato che l’incontro vada in maniera decisamente diversa dal previsto…perché quel ragazzino non è Nathan! Anzitutto è troppo giovane – sono passati dieci anni dalla tragedia –, e poi anche il colore degli occhi e il colore della sua pelle sono sbagliati!
Eppure Sam è convinto che quello sia proprio il loro bambino. Lei, però, ora non ha più né tempo né voglia per stare a giustificare certe cose: il suo dolore e il suo senso di colpa (non dimentichiamo che è stato Sam a “perdere” Nathan, peraltro per chiacchierare al telefono col suo flirt di allora) non le interessano più. Vuole solo i soldi, le 40.000 sterline, perché quel denaro spetta a Ellie e Talulah. Intanto Jess avvisa Jason che grazie alla sua bambina, che ha deciso di chiamare Epona, le cose finalmente cambieranno. Prima, però, bisogna eliminare la concorrenza. E’ tempo di chiudere il passaggio e dare inizio alla caccia.
Tornata alla luce del sole, Ellie confessa a Kail di amare quel posto. E’ perché lo capisce, ribatte l’altra. Ma c’è di più: è stata proprio lei a inviare quell’email delirante. Dopo l’arrivo di Sam, Jess, sua madre, ha iniziato a comportarsi stranamente, dunque era arrivato il tempo di mandarlo via, per riportare l’equilibrio. Ellie, che non sapeva della mail, rimane stupita: dunque suo padre si trova lì? Ecco spiegato il motivo di quel viaggio. L’arrivo di Larry interrompe il momento: sta per cominciare qualcosa. Ma cosa? Semplice: il “passaggio di consegne.” Rimasta sola, Lu, che vede Jason e Tomo uccidere a sangue freddo Alan e sua madre, capisce che la situazione sta prendendo una piega se possibile ancora peggiore. Va così a nascondersi nella casa abbandonata, sotto il letto. Rischia di essere scoperta – alcuni uomini sono venuti a trasformare la camera da letto in un’armeria –, ma alla fine, coltellaccio da cucina alla mano, riesce a tornare al pub e a rifugiarsi nella stanza dove ha passato la notte.
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The Third Day, il cast e i personaggi della serie tv. FOTO
Nel frattempo Jess, presso la chiesa in mezzo al bosco, convince Ellie e unirsi a loro…e alla sua nuova sorellina. In realtà l’obiettivo della nuova leader di Osea è chiaro: usarla per scovare Helen, Talulah, Nathan e Sam. E fare pulizia. Ovviamente Ellie crede davvero che potrà tornare a casa con la sua famiglia e ricominciare una nuova vita, ma a noi spettatori il vero intento degli isolani che non sono fan di suo padre è chiarissimo. Presso la Big House, Mrs. Martin si giustifica con Helen dicendole che loro (lei e suo marito, ma anche gli altri) hanno detto la verità a Sam, ma che lui ha preferito credere che quel ragazzino fosse effettivamente suo figlio. Dunque chi è il finto Nathan? Un erede di sangue, il figlio illegittimo del precedente “finto Padre.” Dunque il vero Nathan che fine ha fatto? Mrs. Martin racconta – e questa volta pare proprio sia la verità – che fu rapito da Goltan su loro richiesta, ma che però venne ucciso per errore dal suo rapitore durante un momento di panico. Helen vuole sapere che fine ha fatto il corpo di suo figlio: è stato restituito al mare, vicino al passaggio.
Basta con i racconti, bisogna andarsene: il Cowboy li avvisa, stanno venendo a prenderli. Mrs. Martin, però, non vuole arrendersi, e sprona Sam a fare qualcosa. Questi si risveglia solo quando viene a sapere che Lu e Ellie sono a Osea. Ma ormai è troppo tardi: gli altri sono arrivati. Mr. Martin tenta di aprire un dialogo, ma in tutta risposta viene freddato da Jason con un colpo d’ascia in pieno petto. Non resta che fuggire. Al sicuro nel bosco, Mrs. Martin si lascia andare a un pianto disperato. Sam, con Nathan al fianco, non sembra preoccupato: Jess vuole lui, non le sue figlie, non farà loro del male.
Ellie viene a sapere dalla nuova leader qual è il piano: ristabilire l’equilibrio non solo tramite la nuova Epona, ma anche chiudendo per sempre l’isola al mondo esterno. Lei, però, potrà rimanere, e lì sarà solo Ellie, non la sorella di un bambino assassinato o una ragazzina presa in giro a scuola. Osea sarà un nuovo inizio, per lei e, se lo vorrà, anche per sua madre. Deve solo aiutarla a trovarla. Nel frattempo Sam, Helen, fake Nathan, Mrs. Martin e il Cowboy raggiungono gli abitanti che non hanno scelto Jess, ma ecco arrivare Janny – con addosso polpo morto… –, che porta un messaggio: Ellie vuole parlare con sua madre. All’incontro privato partecipa anche Sam. Ellie ovviamente è scossa: vuole risposte dal padre, e vuole risposte dalla madre. Poi la seconda bomba: Nathan è vivo, e si trova lì. Helen si infuria e attacca il marito accusandolo di fare del proprio lutto uno spettacolo, ma Ellie, lapidaria, ribatte: “Almeno lui prova qualcosa.” Almeno lui non è di pietra.
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The Third Day, le foto della serie tv con Jude Law in onda su Sky
Come ogni adolescente in crisi con la figura genitoriale che si rispetti, Ellie tradisce la madre, consegnandola a Jess, che al tramonto, davanti ai suoi nuovi “ospiti” e al resto della comunità riunita, presenta a tutti Epona, la futura “Madre dell’isola.” Intanto sarà lei a prendersi cura di loro e di Osea. Niente più violenza, niente più divisioni interne: è tempo di perdonare e di tornare all’unità. Questo però non vale per Mrs. Martin, che viene eliminata senza tante cerimonie. Ellie – sconvolta per quell’omicidio a sangue freddo – viene portata via da Jason, ma Jess rassicura tutti: non farà del male a nessuno di loro, ma dovranno restare lì, almeno per un po'. Sam e Helen vengono così portati al pub, creduto erroneamente vuoto, ma nella maledetta stanza numero 1 c’è Talulah nascosta sotto il letto!
I tre raggiungono il Seabird Hotel. Lì Sam – su ordine della moglie, che non ha intenzione di perdere anche una figlia per colpa sua – accoltella con furia Jason e libera Ellie. Prima di andarsene, però, bisogna liberare il finto Nathan, prigioniero di Larry e Tomo presso la chiesa nel bosco. Sam, che ormai ha accettato l’oscurità dentro di sé, spara ai due uomini. Poi recupera i soldi, nascosti in un buco nel muro. “Ecco ciò per cui sei venuta. Il passaggio si apre all’alba, trova un posto dove nascondervi fino ad allora...” annuncia alla moglie, facendole chiaramente intendere che lui resterà lì, con suo figlio. Ormai sul punto di andarsene, Helen viene fermata da fake Nathan, che le dice: “Lo so che non lo pensavi…quello che hai detto quel giorno. Lo so che mi hai sempre voluto.” Forse quel posto è veramente speciale.
Ma Helen non può perdere altro tempo: deve portare in salvo Ellie e Talulah. A breve il sole sorgerà e la marea si abbasserà…ma gli isolani sono sulle loro tracce. Disperata, Helen fa salire le figlie su una barchetta di legno grande abbastanza per loro due, afferra la corda a cui la barchetta è legata, e si mette a nuotare nell’acqua gelida. Le salverà. Per un momento, sotto quell'estremo sforzo fisico, si guarda indietro…e sulla barchetta vede suo figlio di sei anni, il “vero Nathan,” che le dice che ha freddo. E’ solo un momento. Con le ultime forze raggiunge la terraferma. Gli isolani non le seguiranno, non lasceranno Osea, obbediranno alla loro nuova leader.
Con le ultime forze si trascina insieme alle figlie fino a un capanno. Travolta dai brividi, si accascia a terra. Mentre Lu la copre con una coperta, le sembra di avere tra le mani la maglietta a righe bianche e blu vista addosso a Nathan poco prima. In realtà è la busta con i soldi. Mentre il sole sorge, Ellie abbraccia la mamma e la sorellina: ora che tante cose sono state chiarite e, soprattutto, ora che il dolore finalmente è venuto a galla potranno lasciarsi alle spalle il passato e cominciare una nuova vita. Insieme.
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The Third Day, il trailer della serie tv con Jude Law
The Third Day, il commento al finale
Degli ultimi due episodi di The Third Day, in particolare del sesto, colpisce una cosa: la netta virata verso l’horror (vedere alla voce “Jason che pianta un’accetta nel petto al povero Mr. Martin”). Se fino al parto di Jess siamo in territorio thriller psicologico, nel momento in cui questa scopre che la giovane Lu è figlia del personaggio di Jude Law c’è un palpabile cambio di registro e di atmosfera. Ma andiamo con ordine.
La serie SKY/HBO è un viaggio dentro la psicosi di Sam, psicosi in cui, volenti o nolenti, si ritrovano coinvolte anche Helen, Ellie e Talulah. Tutto ha origine da un trauma, l’omicidio di Nathan: da quel momento, come ben spiega lo stesso Sam a Jess nel secondo episodio, lui e sua moglie si sono trovati ad affrontare il lutto. Insieme ma soli, perché quel genere di sofferenza è impossibile da condividere. Sam, però, come ci viene suggerito fin da subito, è un narratore inaffidabile, e non solo perché vittima di crolli psicotici, ma anche, soprattutto, perché mosso dal senso di colpa. La domanda sorge a questo punto spontanea: si può impazzire dal dolore?
Completamente diversa, addirittura opposta, la reazione di Helen, che, nonostante la rabbia e nonostante il rimorso (che è una cosa diversa dal senso di colpa, è bene precisarlo), è riuscita ad andare avanti. Per essere più precisi: è stata costretta ad andare avanti. Il personaggio dell’ottima Naomie Harris vive due momenti fondamentali negli episodi 5 e 6: anzitutto la “confessione” al Cowboy – Nathan era un bambino problematico, arrabbiato e violento, e le sue ultime parole per lui sono state quanto di più lontano dall’amore materno che tutti immaginiamo e desideriamo –, e poi la “confessione” a sua figlia Ellie – non è mai stata di pietra, è stata solo obbligata a dare un termine al suo lutto, a farsi forza e ad andare avanti, giorno dopo giorno, perché qualcuno doveva pur farlo.
Forse un po’ estremo lo sviluppo del personaggio di Katherine Waterson – veramente perfetta per la parte, assolutamente terrificante nella scena con la piccola Lu –, ma, proprio come detto dalla stessa Jess, quando si cresce in un certo contesto la fede è un dato di fatto, non è qualcosa su cui ci si sta a interrogare. Sarebbe sicuramente stato interessante saperne di più sul passato di questa donna apparentemente innocua, ma in realtà capace di manipolare le persone fino a portarle a commettere gesti estremi. Resta un grande punto interrogativo anche sul padre delle sue due figlie: si tratta forse del “finto Padre dell’isola?” E ancora: come e perché Jess, che è americana, è finita a Osea? Veramente solo per fini accademici? O forse, più probabilmente, perché alla ricerca di qualcosa di preciso, per esempio salvare il mondo riportando l’equilibrio sull’isola? Su di lei resta un alone di mistero, ma in fondo, considerando il tono generale della serie, va bene così.
Sempre ottimi Paddy Considine – a breve sul set di House of The Dragon, il prequel di Game of Thrones – e Emily Watson – un nome, una garanzia –, ma colpisce anche la figura del Cowboy, interpretato da Paul Kaye, AKA Thoros di Myr de Il Trono di Spade, non un autoctono, ma neanche un completo estraneo. Un credente lì per ricaricare le batterie spirituali, dunque una persona a cavallo tra il mondo e l’anima del mondo.
Decisamente inquietante l’ultimo messaggio del “finto Nathan” alla sua “finta madre,” e se per un momento siamo rimasti di sasso anche noi spettatori, proprio come Helen, basta poco per rendersi conto che una spiegazione c’è eccome: forse nel tentativo di risvegliare quantomeno il dubbio della fede dentro quella donna piena di rabbia e di dolore, o forse solo per aiutarla a lasciarsi quel lutto definitivamente alle spalle, il Cowboy quasi sicuramente ha condiviso col bambino la confessione “estorta” solo poche ore prima. Non c’è niente di divino o di soprannaturale in tutto questo, eppure la forza di quelle parole, parole di perdono, è evidente.
Cala dunque il sipario su The Third Day, uno dei titoli più riusciti dell’autunno grazie a una storia sicuramente curiosa e avvincente (le sette o simil sette religiose tirano sempre), a un’ambientazione veramente unica (ora vogliamo tutti andare a visitare Osea, inutile negarlo!), a una sceneggiatura solida nonostante i numerosi misteri e i numerosi chiaroscuri (volutamente lasciati in sospeso, perché spiegare ogni singolo dettaglio avrebbe fatto perdere buona parte della forza della narrazione), e, last but not least, a un cast in ottima forma trainato da un Jude Law che migliora col passare degli anni. Senza dubbio un titolo da non perdere per gli amanti del genere.
NOTE SPARSE
- Che Jess sarebbe rimasta incinta di Sam era chiaro fin dall’inizio, altrimenti perché sottolineare il fatto che durante la loro notte brava non sono state prese precauzioni?
- The Third Day philosphy: La persona che crede in Dio (e che crede di avere Dio dalla propria parte) è una persona con la quale è meglio non mettersi a discutere!
- La perla di Mr. Martin (RIP): L’amore è stupendo, anche se a volte ci fa commettere degli errori. In ogni caso, mai scusarsi per amore.
- Ma vogliamo parlare di quanto sia inquietante il ratto morto con testa di pesce che trova Talulah fuori dal pub??!
- A proposito di cadaveri e carcasse: i disegni del “finto Nathan” sono a dir poco monotematici, pieni di violenza, di morti e di omicidi. D’altronde, quando cresci in un posto del genere e con delle persone del genere è difficile che la tua infanzia sia tutta unicorni e arcobaleni…
- Il tempo sull’isola “funziona” diversamente, oppure sono le menti delle persone a “funzionare” in maniera diversa una volta lì? Fino a che punto la fede cieca e il delirio mistico possono influenzare il pensiero delle persone?
- Perché Sam continua a chiamare Helen “Cas?” Per non rovinare il colpo di scena nel finale del quarto episodio, ok, ma poi? Vogliamo, anzi, pretendiamo una spiegazione!
- Veramente diabolico, seppur veritiero, il discorso che Jess fa a Ellie in merito al suo rapporto con sua madre, quando le dice che Helen tratta Talulah diversamente perché, a differenza sua, non le ricorda continuamente Nathan e la sua sofferenza.
- TOP lo “sbrocco” di Helen nei confronti di Sam: “Non siamo una famiglia, siamo tre persone e un fo**uto parassita!” Beh, che dire? Mrs martin aveva ragione da vendere quando le ha detto di caricare in macchina bagagli e figlie, mettere in moto, andarsene e pregare di non avere mai più a che fare con suo marito!
- Jess è la vera boss dell’isola, lei sì che ha il piglio di ferro necessario per sistemare le cose! Fantastiche le sue ultime parole a Sam: “Sei il padre di questa bambina, ma non ho nessun interesse ad avere un rapporto con te. Ogni tanto fatti semplicemente vedere…e pettinati quei capelli!”
- A livello metaforico, The Third Day può essere intesa anche come un viaggio dentro gli oscuri meandri del lutto e della sofferenza che porta alla pazzia. Di conseguenza, la decisione di Sam di restare sull’isola, nell’unico luogo in cui non è consumato ogni giorno dal dolore e dal senso di colpa, può essere vista come la scelta di abbandonarsi al proprio mondo interiore perché quello "lì fuori" è veramente troppo brutto e troppo duro.