Il 15 novembre 2002 Cesare Cremonini pubblicava Bagus, il suo album d'esordio da solista

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Manuel Santangelo

©IPA/Fotogramma

Il 15 novembre del 2002 l’allora ventiduenne cantante bolognese dopo avere lasciato i Lùnapop avviò la propria carriera da solista. Lo fece con un disco estremamente coraggioso che mostrava già in nuce quello che sarebbe potuto diventare come artista. Oggi vediamo espresse tutte quelle potenzialità che si intravedevano già allora. Ripercorriamo la storia di questo lavoro a distanza di vent’anni per capire quanto e come tutto è cambiato

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Cesare Cremonini
non ha mai avuto paura durante la propria carriera. La sua vita professionale è piena di mosse coraggiose, dalla scelta di dare in pasto al pubblico un disco quando era poco più che un adolescente con i Lùnapop al coraggio di lasciare quello stesso progetto all’apice, forse per cercare di raccontare qualcosa di più personale. La parabola discografica della band di Un giorno migliore fu davvero “qualcosa di grande” ma si esaurì nei soli 1077 giorni che dividono l’uscita di…Squérez? da quella di Bagus, l’album d'esordio da solista di Cesare Cremonini uscito il 15 novembre 2002.

Il cantante dei giorni più belli

Bagus in indonesiano significa qualcosa come “tutto è bello, tutto è meraviglioso”. Magari dire che il disco che porta questo nome è effettivamente tanto perfetto appare un azzardo, soprattutto considerando retrospettivamente la crescita esponenziale della musica di Cesare Cremonini. Tuttavia questo album rimane anche a un ventennio di distanza affascinante, in parte anche per quel titolo che il cantante scelse durante un viaggio a Bali, dove si era trasferita la sua fidanzata di allora. Bagus trasmette davvero a partire da quella scritta sulla copertina un ottimismo figlio dei vent’anni e di un periodo storico dove il futuro non faceva paura ai giovani ma sembrava poter regalare continue opportunità. Non che non esistesse pure allora una nostalgia per un passato mai vissuto: La cameriera dei giorni più belli (criminalmente rifiutata alle selezioni per il Festival di Sanremo) evoca un mondo già ai tempi abbastanza lontano in cui nei locali furoreggiavano i jukebox e il calcio era uno sport più divertente ma lo fa assumendo la prospettiva di chi a quel periodo lega la sua giovinezza, rendendo il magone meno posticcio. Proprio in quel brano si sentiva un inusuale banjo che dimostrava quanto a inizio millennio si cercasse di provare nuove strade, anche in prodotti comunque dalla smaccata radice pop (si pensi in proposito pure alle tablas di Mille galassie).

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Tutto è bello, tutto è meraviglioso

La radice di Bagus è ancora da ricercare nell’amore. Tutte le canzoni sono ispirate dal più nobile dei sentimenti, anche se viene virato di volta in volta in maniera diversa. In sede di presentazione dell’album Cesare Cremonini chiarì una cosa che probabilmente è ancora valida oggi: a lui “piace andare dove c’è amore” e poco importa se quest’ultimo sia complicato dalla distanza (si veda Due stelle in cielo) o dalle inevitabili incomprensioni generazionali, come suggerito in Padremadre. La canzone che Cremonini dedica ai suoi genitori è tra le più particolari dell’album e spiega forse perché l’artista si sia staccato tutto sommato presto dalla band: non era per cercare palcoscenici più grandi o maggior notorietà quanto più per trovare lo spazio necessario a raccontare qualcosa di suo. Un brano tanto personale come Padremadre non avrebbe avuto una sua logica all’interno di un lavoro che doveva rappresentare le sensibilità diverse all’interno di un gruppo e, forse, sarebbe stato ingenuo credere che uno sfogo così maturo potesse comunque arrivare prima di Bagus. Quella canzone rimane un modo per rivendicare una sacrosanta libertà senza staccarsi al contempo dalle proprie radici e non può essere un caso che sopravviva ancora nelle scalette degli ultimi concerti, restando ancora una summa di “tutto quello che vorrei dire ai miei genitori ma non dico perché non ne ho il coraggio”.

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Vieni a vedere perché.. è resistito vent’anni

Bagus è in generale un lavoro a tratti ingenuo, dove è chiara la passione di Cesare Cremonini per certa musica (Piccola Ery richiama chiaramente She’s Electric degli Oasis) ma si ha come la sensazione che a volte al cantante mancassero gli strumenti necessari per processare tutto quello che gli girava in testa nella maniera migliore. Oggi Cremonini è cresciuto e ha compiuto quel passo che si intuiva potesse fare ai tempi, realizzando le previsioni più rosee di vent’anni fa. L’attitudine delicata ma giocosa di Latin Lover è sopravvissuta ai decenni assieme alle vocali un po’ strascicate tracciando un percorso che tanti colleghi invidierebbero e che forse non appare comunque più replicabile. Nessuno vuole essere Robin ma tanti cantanti vorrebbero essere Cesare. Citando uno dei cavalli di battaglia del suo esordio solista, “vieni a vedere perché” ascoltando di nuovo Bagus.

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