Il brano parla del coraggio di restare giù per un po’, di ascoltare il tonfo del proprio cuore e poi, piano, risalire. La versione acustica è stata fatta in ESCLUSIVA
IL VDEIO E' INTRODOTTO DA UN TESTO ORIGINALE DELL'ARTISTA
Mi chiamo Ornella Sabia, avrei voluto scegliere un nome d’arte, ma alla fine il mio suona musicale, perché si legge con l’accento sulla “i”. Faccio musica da quando avevo 16 anni e strimpellavo le prime note alla chitarra. Ho continuato a scrivere e suonare, senza dirlo a nessuno, finché nel 2021 ho pubblicato un pezzo rock, “Lucida”, con cui ho avuto la fortuna di arrivare in finale al contest Sanremo Rock. Da qui, in poi, mi sono indirizzata verso atmosfere più pop, giocando con i generi, perché a me non piace la definizione di “genere”, in nessun caso, figuriamoci poi nella musica. Up and Down riunisce un po’ le mie diverse anime: quella rock e quella un po’ più intima e cantautorale, che strizza l’occhio al pop.
Veniamo al brano: la canzone dipinge quella zona grigia della notte in cui il tempo rallenta e la città diventa specchio. Gli occhi intorno sono vuoti, le luci fredde, i pensieri confusi. E mentre tutto continua a muoversi, qualcosa dentro si ferma: un ricordo, un addio, la sensazione di essere “down” quando il mondo ti vuole “up”. Con Up and Down voglio rimarcare il contrasto tra la superficie e il fondo, tra ciò che mostriamo e ciò che sentiamo davvero. Parlo della fatica di restare a galla quando dentro si affonda, e del bisogno di non giudicarsi per questo. In sostanza, la canzone è la cronaca di una città interiore in cui convivono malinconia e lucidità, forza e resa, corsa e sosta.
Nel cuore del brano c’è un addio, una ferita invisibile che tiene insieme tutte le altre: quella che ti cambia senza chiederti il permesso, che ti costringe a fare i conti con chi eri prima e chi non sarai più. Up and Down è anche un dialogo mancato, un messaggio rimasto sospeso, la domanda che rivolgo a chi se n’è andato: “Chi sei tu ora? Chi sono io?”. Dentro quel vuoto nasce la mia “disperazione”: non gridata, ma tenuta in piedi da una dignità fragile, da una voglia di capire il senso del cadere e del rialzarsi.
Per questo ho voluto riproporre la canzone in chiave acustica. Quando una storia finisce, resta il bisogno di dirla a voce nuda, senza difese. L’acustico mi ha permesso di spogliarla di ogni sovrastruttura e rendere il brano più cantautorale, essenziale, con un focus maggiore sull’interpretazione e il testo. È la mia maniera di stare “down” senza vergognarmi, di mostrare la mia fragilità come un gesto di forza. Inoltre, girare il video in studio mi ha permesso di mostrare dove passo la maggior parte delle mie giornate, il mio spazio sicuro, dove sono libera di sentirmi giù, su, o entrambe contemporaneamente.
Sono accompagnata alla chitarra dal mio amico e produttore Cristian Lapolla e alle tastiere dal mio pianista preferito, Gerardo Criscio. Up and Down, in fondo, non parla solo di cadute. Parla del coraggio di restare giù per un po’, di ascoltare il tonfo del proprio cuore e poi — piano — risalire.