Pink Floyd, compie 50 anni Wish You Were Here il loro album più ribelle

Musica
Fabrizio Basso

Fabrizio Basso

©Getty

Un disco spartiacque, tra i più belli di sempre. Accoglie un commovente omaggio all'ex membro della band Syd Barrett e critica l'industria musicale. IL COMMENTO

Vorrei che tu fossi qui...Wish You Were Here. Cinquanta anni fa come oggi, 12 settembre 2025, veniva pubblicato un album che ha cambiato la storia non solo della musica ma anche i movimenti politico-cuturali che intorno alla musica ruotano. Era, appunto, il 12 settembre 1975 quando i Pink Floyd hanno pubblicato il loro nono album in studio, quel Wish You Were Here che mai avrebbero immaginato sarebbe diventato un monumento del Rock. Al di là dell'aspetto musicale, il disco va a toccare una crisi personale del gruppo, una crepa in quell'amicizia che fino a Obscured by Clouds aveva avuto qualche inciampo ma mai aveva vacillato. I testi dell'intero album sono stati scritti da Roger Waters e il progetto esplora i temi dell'assenza, della disillusione della band verso l'industria discografica che si fa sempre più matrigna e men mamma dei musicisti del declino mentale dell'ex membro del gruppo Syd Barrett. L'incipit è Shine On You Crazy Diamond che risucchia l'anima con uno strumentale di otto minuti e mezzo prima che cominci il cantato. Il pezzo è un tributo all'ex Pink Floyd Syd Barrett, il cui crollo nervoso conseguenza della tossicodipendenza lo ha costretto a lasciare la band. Syd Barrett è ritrattato con pennellate testuali quali "remember when you were young, you shone like the sun" ("Ricorda quando eri giovane, splendevi come il sole") e "You reached for the secret too soon, you cried for the moon" ("Volevi raggiungere il segreto troppo presto, hai chiesto l'impossibile"). Per sottolienare come la musica avesse un suo sviluppo, Wish You Were Here ospitita "solamente" cinque compsizioni, due sul lato A (Shine On You Crazy Diamond e Welcome to the Machinee tre sul Lato B (Have a Cigar, Wish You Were here e Shine on you Crazy Diamond).

WISH YOU WERE HERE E' UN MANIFESTO DI RIBELLE MODERNITA'

E' un progetto aggressivo per l'epoca, l'industria discografica non è quella melliflua odierna che periodicamente riduce il concetto di disco d'oro e di platino. E i Pink Floyd, reduci per altro dal successo planetario di The Dark Side of the Moon e dunque potenziali accondiscendenti del sistema, lo affrontano con rabbia Rock: quel capolavoro che è Shine On You Crazy Diamond si fonde senza soluzione di continuità in Welcome to the Machine, che si accende con l'apertura di una porta automatica che simboleggia un progresso tradito dal mondo della musica, che è più interessato al successo e che all'evoluzione dell'arte. La canzone finisce con i rumori di una festa che simboleggiano una mancanza di contatto umano quasi a volere anticipare la contemporaneità del 2025, quando il calore scorre tra Tinder e i social. La cover è una stretta di mano ci tra un uomo di spalle, con un abito scuro e un altro con la schiena in fiamme. Sono entrambi, nell'iconografia del progetto, uomini d'affari e il tema è: scottarsi o non scottarsi? Quasi scespiriano come concetto, to be or not to be, solo che qui ci sono anime che si vendono, anime che si svendono, anime che si perdono e anime salve, per dirla alla Fabrizio De André. Insomma un eroe tragico quale fu Syd Barrett, morto a Cambridge il 7 luglio del 2006, ha portato i Pink Floyd a creare un racconto crudo e sincero di una umanità che travalica l'arte musicale e che mezzo secolo dopo resta una effige di modernità.

Approfondimento

Morto Ronnie Rondell Jr., l’uomo che brucia in "Wish You Were Here"

Spettacolo: Per te