The Who in concerto a Milano, the song is over ma restano i sogni Rock
Musica
La tappa milanese del Farewell tour è stata emozionante. Gli ottantenni Roger Daltrey e Pete Townshend hanno costruito un viaggio emozionale lungo 57 anni. IL RACCONTO
Finisce il viaggio ma non finisce la storia. The Who hanno portato a Milano la loro storia, e tanta parte della storia del Rock, per la seconda tappa italiana (la prima è stata a Piazzola Sul Brenta) del The Song is Over - The Italian Farewell. Ad ospitare la data lombarda è il Parco della Musica, una nuova area concerti vicino all'aeroporto di Linate. Non è proprio il massimo della comodità, soprattutto se, come accaduto per The Who, il concerto è iniziato che erano le ore 22 e si è protratto per quasi due ore creando a quelli degli oltre diecimila presenti che hanno scelto di affidarsi alla metropolitana, non pochi problemi di rientro in quanto Milano ha un respiro europeo ma quando si tratta di mezzi pubblici diventa un borgo di provincia. Pete Townshend e Roger Daltrey si presentano sul palco accompagnati da una band rodata: Simon Townshend (chitarra, mandolino, cori) Loren Gold (tastiere e cori), Jon Button (basso), John Hogg (cori e percussioni), Jody Linscott (percussioni) e Scott Devours (batteria). La prima emozione è figlia del suono, che non in tutti gli angoli del parco suona bene ma resta comunque accettabile (tra un aereo e l'altro sopra la testa): il sound, le vibe sono quelle degli albori, quelle che con le prime esibizioni live nel 1964 hanno avviato il cammino della band (che all'epoca era formata oltreché da Daltrey e Townshend da due leggente quali John Entwistle e Keith Moon) verso le loro pagine di storia del Rock. Molti giovani, non solo nostalgici sotto il palco ed questa è stata una bella sensazione.
THE WHO, THE SONG IS OVER MA NON I SOGNI
L'incipit è una fitta al cuore. Si parte infatti con I Can't Explain dedicata a Ozzy Osbourne mancato da poche ore: sullo schermo campeggia il volto del fratello maggiore del Metal. Poi parte il viaggio, quello che porta in dote oltre cento milioni di dischi venduti. La scaletta è stata studiata con arguzia, i brani più famosi equamente distribuiti nella serata anche se il finale ha creato non poche aritmie emotive. Arrivano subito Substite, Bargain, The Seeker e Pinball Wizard, tra le altre. Il pubblico è un coro sotto le stelle e tra le zanzare, sul palco Daltrey e Townshend non si risparmiano, fanno ululare il Rock con la stessa energia di cinquant'anni fa. Sono due ottantenni che trasmettono amore per la musica: pochissime parole nell'arco della serata. Il momento commozione lo scatena Pete Townshend: "Tutte le cose belle finiscono -dice- e sebbene la strada non sia sempre stata piacevole per me, di solito è stata facile: ho fatto il miglior lavoro che avrei mai potuto avere. Roger e io stiamo vivendo un bel momento, nonostante l'età, siamo desiderosi di dare il massimo per questo addio a tutti i nostri fan più fedeli e a quelli che verranno a vedere cosa si sono persi negli ultimi 57 anni. E' un tour all'insegna dei ricordi, dell'amore e delle risate". Sul grande schermo, oltre al loro celebre simbolo, compaiono immagine d'epoca che in più di un fan si traducono in lacrimoni. In totale fanno venti canzoni, un riassunto del riassunto della loro carriera ma sarebbero bastate le ultime sei in scaletta per alimentare la magia: My Generation/Cry If You Want, See Me, Feel Me, You Better You Bet, Baba O'Riley, Won't Get Fooled Again e, ovviamente, The Song Is Over. Ed è vero, purtroppo. Ma i sogni figli del Rock sono coriacei e dunque per noi The Song Remains The Same...Forever!