Beatrice Rana e il debutto con l’orchestra a 9 anni: “Paura? No, quella è arrivata dopo”

Sarà dedicata al rapporto tra la musica e il potere la nona edizione di Classiche Forme, il festival ideato dalla stella del pianoforte Beatrice Rana che ogni anno porta la musica classica nei luoghi più magici del Salento, masserie, chiostre, uliveti. Otto giorni immersivi di musica da camera, dal 13 al 20 luglio, con grandi nomi internazionali. Come Brannon Cho, Alexandra Conunova, Giuliana Gianfaldoni, Leonidas Kavakos, Georgy Kovalev, Andrea Obiso, Ettore Pagano, Ludovica Rana, Massimo Spada, Kevin Spagnolo,il Chaos String Quartet, il Quartetto Werther, il Trio Concept. Abbiamo incontrato Beatrice Rana e ci ha anticipato un po’ il programma del Festival per poi parlare anche del suo ultimo album dedicato a Bach e di quando, a soli 9 anni, debuttò in un concerto con orchestra. Da “Le mani del Salento”, tema dello scorso anno, a “Musica e potere”. C’è un legame tra le due tematiche? Il Festival è sempre stato estremamente legato al territorio però, avendo io in quanto pianista la fortuna di viaggiare per il mondo, il mio territorio è diventato veramente il mondo e quello che sta succedendo adesso è qualcosa di estremamente difficile da accettare. Per questo ho scelto come tema di questa edizione la relazione fra musica e potere ma non vista come qualcosa di negativo: la musica deve semplicemente essere usata come chiave di lettura per raccontare l'attualità e per trascenderla immaginando futuri diversi e vivendo delle emozioni che solo la musica può far provare. Tutto questo negli ambienti straordinari del Salento dove il Festival prende forma: chiostri, masserie, natura. Saranno quindi veramente otto giorni di musica intensissima con autori che hanno saputo raccontare il potere come Ravel, Messiaen ma anche Strauss. Tutti insieme in una cartolina sonora, come mi piace dire, che è appunto Classiche Forme. Quando si parla di potere si parla anche di guerra? Certamente, infatti nel programma ci sono dei grandi compositori come Ravel e Messiaen che hanno saputo raccontare le due grandi guerre e c’è il Quartetto per la fine del tempo di Messiaen che è stato scritto in un lager. Quindi sono delle musiche fortissime che sanno raccontare emozioni che in fin dei conti sono universali e senza tempo. Una delle prerogative del Festival Classiche Forme è anche quella di presentare musica nuova, lo scorso anno fu la Romanza dell’Ulivo composta dal Premio Oscar Nicola Piovani, quale sarà la commissione d’opera di quest’anno? L’abbiamo affidata a Riccardo Panfili che ha scritto questo quartetto d'archi per il Chaos String Quartet che è un quartetto bellissimo, ho già avuto modo di ascoltarlo. Per me il Festival è anche l’occasione per aprire il palcoscenico a musica che io ritengo bella indipendentemente dal fatto che sia famosa. Per cui in questa edizione ci saranno anche pagine meno conosciute come Fazil Say, che è un pianista e compositore turco straordinario, o Francesca Verunelli, che è una compositrice attuale. Il focus del Festival sarà Ravel, di cui ricorre quest’anno il 150esimo dalla nascita. È un compositore a me molto caro che sa raccontare l'attualità come nessun altro. A proposito dei compositori a te cari, hai appena pubblicato un album dedicato a Bach, BACH KEYBOARD CONCERTOS. BWV 1052 1053 1054 1056” , che è legato alla tua infanzia e non solo… Beh la musica sa raccontare anche periodi personali e Bach sicuramente è una fotografia della mia infanzia perché il Concerto in fa minore è stato il concerto con il quale ho debuttato con l'orchestra a nove anni. Così questo album è stato veramente un'avventura che da un lato mi ha riportato all’infanzia e dall’altro all’oggi perché racconta il rapporto che ho con l'Amsterdam Sinfonietta, che è un'orchestra straordinaria con la quale ho avuto la fortuna di poter registrare questo disco. La musica di Bach per me racconta una gioia di vivere assolutamente straordinaria. Di quel concerto a nove anni che ricordo hai? Tantissima felicità, ero felicissima di suonare per il pubblico, ho sempre amato suonare per le persone e non mi sembrava vero che le persone venissero ad ascoltarmi. Quindi tanta gioia. Nessuna paura? No, la paura è arrivata dopo. Sei richiestissima da tanti anni dai teatri di tutto il mondo, hai mai contato quanti concerti fai in un anno? Sì li ho contati perché sono molto selettiva. Diciamo che faccio una settantina di date all'anno, che sembrano poche ma in realtà sono tantissime. Mi permettono comunque di avere anche un tempo fuori dal palcoscenico che è assolutamente necessario per ricaricarsi. Hai detto che la vita discografica la vivi un po' come una fotografia. Cosa intendi? Un album è qualcosa che rimane scolpito. La musica è un'arte effimera perché si va in sala da concerto, si ascolta il concerto dal vivo e rimane poi il ricordo di quello che hai vissuto. Invece l'album fissa in maniera immortale un'interpretazione che comunque è il risultato di un'ispirazione istantanea. Quindi mi piace pensare alle registrazioni come delle fotografie. In un concerto la scommessa è fare qualcosa sempre di diverso o cercare di replicare un’esibizione perfetta? Per me la musica è un'unione perfetta fra perfezione e diversità e questo secondo me risiede nell'onestà del rapporto con il pubblico. Io sono fedele a me stessa ma è ovvio che se sono con una persona mi comporterò in maniera diversa rispetto a quando sono con un'altra. E questo accade esattamente anche con la musica e con i concerti. Ogni pubblico è diverso, ogni cultura è diversa e ogni serata è diversa. E questa è veramente la bellezza della musica, di poter essere sempre diversa e sempre vera. Nel video sotto un estratto del nuovo album di Beatrice Rana

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Beatrice Rana e il debutto con l’orchestra a 9 anni: “Paura? No, quella è arrivata dopo”