Abbiamo (ancora) bisogno del Pride?

“Ci vedete qui con brillantini e colori ma oggi non è una festa” dice un ragazzo poco più che ventenne. A Roma, su via Cavour, una fila di oltre 200 mila persone avanza lenta. La cappa di afa stordisce fino a rendere la musica ovattata, intorno c’è odore di crema solare e birra rovesciata, nel tentativo di combattere il caldo estremo di questo 14 giugno. Qualcuno chiama gli amici persi nella folla, altre persone ballano sulle note di icone queer: Elodie, Raffaella Carrà, Lady Gaga, Sia. “Sono gay e in questo momento è molto importante manifestare che siamo qui, che abbiamo un posto in questa società. In generale, il Pride è uno spazio in cui tutte le minoranze possono venire e gridare insieme ‘noi ci siamo’” dice con determinazione Francesco, felice di avere al suo fianco in questa giornata la migliore amica Sara: “Io sono etero e sono qui per supporto. Non c’è uguaglianza tra il trattamento che ricevo io e una persona queer. A me capita di essere discriminata in quanto donna quindi in parte capisco quella sensazione di venire svalutato per il solo fatto di essere quello che sei. C’è tanta strada da fare”. In un mondo di odio, uniamoci al corteo Questo spazio di libertà e rivendicazioni è così entusiasmante da far immaginare una nuova società appena oltre l’angolo di via Celio, sulla strada del Colosseo. Riconoscere se stessi negli occhi degli altri fa sentire protetti e protette. Se è vero che insieme si respinge meglio l’odio, quel sentimento però non viene cancellato, solo allontanato. Per notarlo, basta bucare la bolla in cui spesso ci spingono i social, leggendo, per esempio, i migliaia di commenti ai video di Rose Villain, madrina del Roma Pride, che canta e incita la folla dal primo dei 40 carri che hanno animato la giornata: “Che senso ha?” scrive un utente, “Pagliacci”, per riportare l’insulto più live. “Dove finiremo?” si chiede un altro mentre molti paragonano il corteo alla tradizionale festa in maschera della prima metà dell’anno. “Con tutto quello che succede nel mondo” dice un altro, forse il commento più azzeccato. Con tutto quello che succede nel mondo… Bisognerebbe proprio andare al Pride. “Ci mostriamo per far vedere che non siamo una minoranza da schiacciare, siamo i vostri fratelli, le vostre sorelle, i vicini di casa, la compagna di banco, il collega di lavoro. È facile dire ‘odio i gay’ ma chi sono davvero questi gay? Guardarci come una categoria astratta rende facile l’odio invece eccoci qui, avete la forza di odiarci tutti?” dice Marco, studente di 21 anni, che ha rinunciato senza ripensamenti alla giornata di studio nonostante la sessione imminente: il Pride non se lo sarebbe perso per nulla al mondo. Il giorno più bello per il Pride: quando non esisterà più Mentre il Roma Pride approdava in via delle Terme di Caracalla, sede della cosiddetta "Pride Croisette" e punto di arrivo della manifestazione, dall’altra parte del mondo quello stesso odio cieco stava portando un uomo in casa di una deputata statale del Minnesota, Melissa Hortman del Partito Democratico per ucciderla insieme al marito Mark. Poche ore dopo, al minuto di silenzio dedicato dal Pride ai civili palestinesi vittime della guerra in Medio Oriente corrispondeva un dialogo fatto solo di missili e bombe tra Israele e Iran. “Sono molto preoccupata per il mondo in cui stiamo crescendo. Non mi piace pensare al Pride come una festa, le nostre vite sono messe sempre più sotto controllo e si sta normalizzando la violenza. Siamo qui per opporci insieme perché se lasciamo che tutto ci scorra addosso faremo la fine che fanno le minoranze quando serve qualcuno a cui dare la colpa. Già adesso ci troviamo in un mondo in cui i cortei queer vengono proibiti, l’identità di genere cancellata, alle donne non è garantito il diritto all’aborto, le persone trans vengono sempre più invisibilizzate.” dice Alissa, arrivata al corteo insieme alle amiche dell’università. “Non abbiamo mai avuto tanto bisogno del Pride come oggi” dice di sfuggita una ragazza minuta con il cerchietto arcobaleno e le orecchie da elfo, per poi proseguire la marcia danzando, circondata da una dimensione in cui stelle di David campeggiano su bandiere arcobaleno che chiedono pace, genitori LGBT passeggiano orgogliosi accompagnati dai loro figli e i potenti del mondo sono ridotti a cartonati capovolti a testa in giù o innocui disegnetti satirici. Il giorno più bello per il Pride sarà quando non esisterà più. In un mondo lontano, forse utopico, nessuno sentirà la necessità di scendere in piazza perché non ci saranno diritti da rivendicare: sentirsi al sicuro e parte integrante della società sarà un dato di fatto e non più una meta da difendere ogni giorno.

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