Fertilità in calo: economia, guerre e ambiente inibiscono le nascite

Si fanno sempre meno figli, e non solo in Italia. La media globale del tasso di fertilità è in discesa da ormai 60 anni. In tutto il mondo la natalità è in calo e siamo giunti quasi a un tasso di perfetto pareggio, e cioè due figli per famiglia. Proseguendo di questo passo, presto la popolazione mondiale inizierà a decrescere. Siamo oggi un po’ più di 8 miliardi di persone, una cifra che è molto probabilmente molto vicina al record che sarà raggiunto in questo secolo. Molto è dovuto alle politiche per la riduzione della natalità adottate negli anni scorsi nei Paesi più popolosi, ma sempre di più a frenare le coppie in età fertile sono le preoccupazioni economiche. E, adesso, si aggiungono anche quelle relative alla salute del pianeta, stravolto dalla crisi climatica. A dirlo i dati del rapporto del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione , per realizzare il quale è stato condotto un sondaggio su oltre 14 mila adulti, in 14 paesi. VIcini alla stabilità demografica Il tasso di fertilità è calato in tutte le macroregioni del mondo, ma in alcune è già da tempo sotto la soglia di due figli per coppia. Tra questi i più ricchi, come l’Europa, gli Stati Uniti e i Paesi dell’Asia che si affacciano sull’Oceano Pacifico e l’America Latina. L’Italia la soglia l’ha attraversata all'inizio degli anni ‘80. E da allora il tasso di fertilità continua a diminuire fino al 1,2 per cento attuale. La media globale è passata dal 5,3 del 1963 al 2,2 del 2023, molto vicina alla stabilità demografica, quella in cui il numero di esseri umani si mantiene costante. se non visualizzi il grafico, clicca qui Non solo una questione di soldi Il venti per cento degli intervistati ha dichiarato che non avrà la quantità di prole desiderata. Ne vorrebbero di più ma si sentono limitati da alcuni ostacoli. Le preoccupazioni economiche rappresentano le principali ragione di questa parziale astensione dalla riproduzione. I timori riguardano l’incertezza del lavoro, la case sempre più piccole e care, ma anche le poche opzioni disponibili in molti Paesi per l’assistenza all’infanzia e alle famiglie con figli. Ma, subito dopo le preoccupazioni economico-finanziarie, è la situazione geopolitica a preoccupare chi vorrebbe avere più figli. Le guerre e la paura del ripetersi di un’altra pandemia frenano il 14 per cento dei genitori. E si fa strada tra le preoccupazioni maggiori anche quella relativa agli effetti della crisi climatica in corso. Se non visualizzi il grafico, clicca qui Il quadro economico incerto I più preoccupati dalle difficoltà e incertezze economiche sono i coreani, il 59 per cento dei quali ha imputato a questo motivo la mancanza del numero di figli desiderati. Anche in Sud Africa, Tailandia e Marocco più o meno un rispondente su due ha manifestato la sua preoccupazione in merito. I Paesi europei contemplati nel campione statistico UNFPA sono quelli che meno sono afflitti da questo tipo di timore. In Italia uno su tre, in Germania uno su quattro e in Svezia uno su cinque. Se non visualizzi il grafico, clicca qui La paura di guerre e pandemie Oltre cinquanta conflitti di intensità più o meno alta attualmente in corso sono uno scenario in effetti sconfortante per chi sta pensando di mettere nuove vite al mondo. La recente pandemia di Covid-19 ha acuito il sentimento di precarietà e acceso le più cupe angosce sull’avvenire. In Italia queste motivazioni inibiscono un quinto dei genitori intervistati. Più preoccupati di noi solo Thailandia, Brasile e Messico. I più sereni, invece, sono coreani, marocchini e - di nuovo - gli svedesi. Se non visualizzi il grafico, clicca qui Crisi delle nascite e crisi climatica E in Svezia nemmeno la stagione di eventi atmosferici sempre più estremi e sempre più frequenti sfiducia le coppie che hanno figli. Solo il 4 per cento di loro si dice preoccupata, stessa percentuale di Marocco e Ungheria. Ben diverso l’umore in Thailandia, dove quasi uno su cinque è in ansia al punto da procreare meno del voluto. In Italia la percentuale è dell'11 per cento, in linea coi dati del Brasile, della Nigeria e della Germania. Se non visualizzi il grafico, clicca qui

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