Madeleine Peyroux: "Grata alla vita. La musica salverà il mondo"

La sua carriera è iniziata nel 1996 e, a distanza di quasi trent’anni, Madeleine Peyroux è sempre la stessa: determinata, appassionata, innamorata della musica. Nella nostra chiacchierata, in cui abbiamo parlato tantissimo della contemporaneità che, inevitabilmente, si riflette anche sulle sue canzoni, mi ha parlato molto di come si sente oggi, a distanza di tempo dai suoi primi passi da musicista. Madeleine è grata alla musica, molto, e anche a se stessa per aver scelto una bellissima professione che non smette mai di stupirla. È bello incontrare artisti così ricchi di storia e passione, due caratteristiche che rendono una musicista come Madeleine Peyroux ancora più speciale e bella. Madeleine Peyroux: "La musica non fa mai sentire soli" Madeleine, bentornata! La vedremo dal vivo il 27 gennaio a Roma, dopo alcuni anni complicati che non ci hanno permesso di venire ai suoi concerti e anche a lei di fare tour. Come si sente all’idea di essere nuovamente in viaggio, anche con l'album "Let's Walk"? È bello, perché ti ricordi che stai bene, e che tutto procede nella giusta direzione. Per me è tutto quello che serve. Suonare da sola non è la stessa cosa che condividere musica con chi fa il tuo stesso lavoro: quando puoi farlo, cambia tutto, anche il flusso sanguigno! Ti senti nuovo, ti cambia anche l’aria nei polmoni. Essere, però, in una stanza con delle persone che hanno scelto di essere lì con te, beh…è la cosa più bella che ti possa accadere. È qualcosa che cura e guarisce l’anima. Sai, quando ti trovi in uno spazio con altre persone, e il motivo che ha portato tutti lì è la musica, puoi essere veramente te stesso. Stai condividendo qualcosa con qualcuno: il corpo di ogni persona vive delle stesse vibrazioni che senti tu. Ecco: la musica non fa mai sentire soli, ed è quello che provo, sempre. Le proteste per Black Lives Matter, l'importanza di lottare per i propri diritti tra i temi dell'album "Let's Walk" Quando ha detto che la musica non fa mai sentire soli mi è venuto subito in mente il titolo del suo nuovo album, Let’s Walk. Un disco ispirato dalle proteste negli Stati Uniti, e nel mondo, del 2020. Un inno a camminare insieme, per difendere i propri diritti. La musica ha una forza incredibile: può essere la colonna sonora di una passeggiata con amici ma anche veicolo potentissimo di messaggi. Ha composto l’album con l’obiettivo di dire alle persone “Nessuno è solo, camminiamo insieme”? Le proteste del 2020 ci hanno portato a camminare tutti insieme. Il punto di tutto questo è proprio questo: marciare e protestare con tanta gente, pacificamente, è urlare a tutto il mondo che non si è soli. Mai. In un mondo che non permette di far sentire la propria voce, è importante trovare il proprio spazio e farsi sentire, anche protestando in luoghi pubblici. Le proteste del 2020 erano per Black Lives Matter: ce ne sono state tantissime e in tutto il mondo: in molti hanno dato il loro sostegno marciando con tante persone e non solo per la morte di George Floyd, ma soprattutto per protestare contro chi continua a non rispettare le persone di colore. E tutto quello che succede, accade per motivi specifici. Certo, il movimento per i diritti civili negli anni Sessanta ha portato ad alcune leggi significative, ma ci sono alcune questioni che ancora non hanno una soluzione o non sono state affrontate. Il mio augurio è che le proteste del 2020 portino a qualcosa di concreto e importante per la società. Lei parla di quello che è successo a George Floyd e Breonna Taylor nel brano “How I Wish”. In molti si chiedono se è giusto che un artista possa parlare di politica nei testi delle proprie canzoni. Per lei è difficile non farsi influenzare da ciò che succede nel mondo quando compone? Non ci penso proprio. Nel senso: non riuscirei mai a separare gli ambiti, ma proprio mai. Essere una musicista e non raccontare quello accade è come preparare del cibo solo per fare delle foto, e non per mangiarlo. Un po’ come dire: sì, ho fatto qualcosa, ma non mi interessa sapere se è buono o salutare. Per me non funziona così: credo che ciascuno di noi, nel proprio lavoro, debba trovare il modo migliore per esprimersi e raccontarsi. Essere una musicista, per me, non ha nulla a vedere con l’intrattenimento, ma con il fatto di dare un valore a ciò che si sta vivendo e affrontando. Sono molto felice di fare questo lavoro: se nelle mie canzoni non parlassi di quello che mi circonda, non sarei io. "La musica oggi è importantissima" È difficile essere una musicista nel 2025? Bisogna avere passione ma allo stesso tempo lavorare tanto. È complicato trovare nuove idee, rinnovare la propria creatività? Abbiamo iniziato la nostra intervista parlando degli anni del Covid, in cui non potevamo muoverci, vederci e suonare dal vivo. Sai, probabilmente prima della pandemia ti avrei detto che essere un musicista non è uno dei lavori più importanti. Dopo il Covid?! Beh, è fondamentale diffondere musica, perché è quello che siamo, ci identifica, come del resto lo è mangiare, parlare, dormire. Sono tutti elementi che ci rendono umani. "Sono grata alla vita e a questa professione" Credo che un concerto possa avere la forza di cambiarti la giornata, ma anche la vita. E poi, diciamolo: la musica dal vivo non si può condividere con tutti…ma solo con chi la apprezza e ne condivide la potenza. Assolutamente! Sai, quando vado a sentire artisti che per me sono speciali e hanno un valore, e magari ci vado con altre persone, mi isolo completamente. Non sono stata a tanti concerti: quando ero piccola, la mia famiglia non aveva tanti soldi. Quando, però, ho iniziato a lavorare ho cominciato a vedere tanti live perché venivo invitata ai festival. Ho visto dal vivo Nina Simone, Ray Charles…Ma ho un bellissimo ricordo del live di Bob Dylan: eravamo tantissimi, e bisognava spingere per avvicinarsi al palco. Una persona tra il pubblico mi ha passato il suo binocolo e, quando Dylan ha iniziato a cantare The Times They Are A-Changin’ ho iniziato a piangere così tanto che non vedevo più dalle lenti . Non so chi mi ha prestato quel binocolo, non conosco il suo nome, ma è come se a quel concerto fossimo andati insieme. Una bella sensazione. Sono passati quasi 30 anni dal suo primo album: chi è Madeleine Peyroux, oggi? Una persona grata alla vita per essere riuscita a fare questo lavoro così a lungo. Quando ho firmato il mio primo contratto discografico ero giovane e avevo tanta paura: avevo poco più di 20 anni, avere molto timore non mi ha impedito di essere felice, certo. Avevo paura di fare errori. Sono grata che tutto sia andato…come è andato. Non importa quello che farò: con me ci sarà sempre la musica. Tutte le persone che ho incontrato e con cui ho condiviso anche brevi istanti fanno – e faranno sempre – parte della mia vita. Non ho rimpianti. Sono grata alla vita e alla professione che ho scelto.

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Madeleine Peyroux: "Grata alla vita. La musica salverà il mondo"