Fabio Ilacqua, l'album Passo_01: "Tramando storie con la calligrafia della vita"

Musica
Fabrizio Basso

Fabrizio Basso

Credit Riccardo Bellei

Cantautore d’eccellenza, paroliere, compositore e arrangiatore inconfondibile, indaga la quotidianità attraverso le sfumature dell'animo umano. L'INTERVISTA

Passo _01 è il nuovo progetto discografico e opera prima di Fabio Ilacqua, un album di 9 tracce che è un vero e proprio viaggio cantautorale introspettivo e nostalgico. E' un'opera preziosa che esplora le sfumature dell'uomo, dell’amicizia, del tempo, della perdita e della crescita personale attraverso le emozioni.

Fabio partiamo dalla storia di Passo_01 e dalla scelta di costruirlo quasi come un caleidoscopio, con immagini che si rincorrono, si alternano fino a diventare una narrazione.
E’ questo, la costruzione come spesso accade non segue un filo, ho lavorato singolarmente ai pezzi per poi cercare il punto d’unione. Anche le parti strumentali sono pezzi a sé se ci pensi, sono lo sfondo alle nove storie. Ho evocato immagini attraverso le parole e la musica.

Il Vino e i Serpenti è il brano d’apertura, da una parte mi ha ricordato La Leggenda del Santo Bevitore di Joseph Roth dall’altra L’Ubriaco di Francesco Guccini: in cosa Natalino è la metafora in questa epoca di tanti muri e pochi bicchieri?
Mi fanno piacere i riscontri che si ricollegano alle proprie esperienze. Il Natalino della canzone è un mio cugino, un anti-eroe con una dedizione speciale per l’alcol, un analfabeta senza istruzione che è arrivato da un piccolo paese della Calabria e che è diventato quasi selvatico. Ha un rapporto col mondo integro e spontaneo, la sua forza era essere se stesso, non avere ruoli. Ho raccontato la sua spigolosità con una anomala tonalità in sette quarti.

Ne I Fianchi hai scelto di raccontare una storia triste da una prospettiva femminile: perché?
I fianchi, come Il Vino e i Serpenti, narrano storie di cui sono stato spettatore. Questa dopo avere promesso fedeltà eterna al marito ha visto la situazione e ha scelto di cambiare uscendo da un incubo domestico. Ho ascoltato i suoi racconti e visto il suo vissuto. Il suo è stato un grande coraggio contro la morale comune. Per sensibilità ed empatia subisce sempre la donna e dunque le ho dato voce.

E perché ai poeti viene sempre donato almeno un amore perduto? Forse perché l’ispirazione è figlia dei fianchi di una donna che se ne va?
I poeti per questo loro difetto, o pregio, che si chiama grande sensibilità hanno sempre un amore perduto che diventa un pretesto per scrivere. E’ la forza dei grandi poeti.

Un Giorno da Cani è un invito a una forma di rivoluzione sociale o è il giorno che ognuno di noi vorrebbe vivere, una volta nella vita?
La prima. E’ un invito alla protesta e a guardare con un occhio critico quello che accade, a riprendersi la vita contro i poteri dominanti. Diventa un simbolo di riscatto, c’è il ribellarsi a ogni potere.

Sia il rapitore che Lazzaro ne L’Uomo Bidimensionale incarnano il dissenso: ma esiste ancora in questa società anestetizzata? E’ la nuova forma di lotta partigiana?
E’ una lotta ridotta rispetto al passato. Pier Paolo Pasolini citava la nostalgia della gente povera che lottava contro il padrone ma senza volerlo diventare. Oggi c’è una omologazione che ha trasformato l’uomo in oggetto e non in soggetto della storia e così ne ha abbassato il livello. Il fascismo oggi è evoluto, non quello del manganello o dell’olio di ricino, e dunque il senso di rivolta è sfumato.

“I ponti che tracciamo le parole” di cui parli ne La Parte mi ha fatto pensare al ponte sul Bosforo che una volta divideva due mondi. Nella canzone passano tante cose, dai giorni buoni ai sogni di cartastraccia ma cosa passa sotto i ponti in un’epoca dove si costruiscono solo muri?
Passa tutto velocemente e in maniera futile. Abbiamo bisogno di tempo per introiettare e capire il mondo. E’ il brano più personale, c’è la caducità di un nulla che afferri, ci vuole tempo per capire la calligrafia delle cose e nel mondo corre veloce è come osservarla dal finestrino di un treno in movimento. Io vengo da una famiglia di gente umile emigrata dal Sud e questi racconti li ho sempre sentiti.

La Francesca di Un Amore di meno è una donna carnale oppure è una versione estiva e moderna della donna dello schermo dantesco? E’ nella nostra vita c’è sempre un Guido Cavalcanti che ci schernisce?
Era una ragazzina, all’epoca dei fatti era adolescente. E’ una storia vissuta di persona e ognuno di noi ha un suo Guido soprattutto in una società che si spaccia per inclusiva ma non lo è. Se è un nemico il vicino di casa per un parcheggio figuriamoci il migrante.

Tra sudore e ricordi che sbiadiscono, come ti immagini oggi Farfalla Nera?
Proprio come la ho scritta, nella scrittura cerco un punto di vista atemporale. Questa è una storia locale poi gli sviluppi li decide la canzone. Io ci ho messo un respiro più ampio, almeno io la penso così.

Il sogno di uno Stradino pur nella sua frenesia resta un sogno a occhi aperti, è immaginazione…è così che dovrebbe essere la quotidianità: piedi per terra e testa tra le nuvole?
Assolutamente sì, c’è un buon equilibrio tra la componente razionale e quella onirica, che è più interessante poiché ho una mente non razionale ma più immaginativa. Con l’ironia ci prenderemmo meno sul serio.

Che accadrà nelle prossime settimane?
Non sto lavorando a un tour perché non ho tanta voglia di espormi, vengo da Brera, ho studiato scultura e il disco è come un dipinto: quando è finito non lo tocco più. Al momento non ho idea di che accadrà, vedremo più avanti. Io spero che il disco vada avanti con le sue gambe.

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