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Barezzi Festival, Andrew Bird in concerto: “Esploro la musica che amo”

Musica

Matteo Rossini

Crediti: Alexa Viscius

In attesa del concerto a Parma, l’artista di Chicago ci ha parlato del Metodo Suzuki, della sensazione provata nel riascoltare i suoi primi lavori, dell’album Sunday Morning Put-On e di molto altro ancora. L’intervista

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Sabato 16 novembre Andrew Bird sarà tra i protagonisti dell’ultima giornata della 18esima edizione di Barezzi Festival in programma a Parma. Alle 18.00 l’Auditorium Paganini vedrà l’artista di Chicago, presente con la formazione Andrew Bird Trio, esibirsi con Sunday Morning Put-On.

Sunday Morning Put-On, ANDREW BIRD: “un progetto in cui esploro ciò che amo”

 

Andrew Bird è tra i più acclamati polistrumentisti a livello internazionale. Nominato ai Grammy Awards nella categoria Best Folk Album per My Finest Work Yet, a maggio l’artista di Chicago ha pubblicato Sunday Morning Put-On. L’album di cover è una vera e propria dichiarazione d’amore di Andrew Bird alla musica jazz. La nostra intervista.

 

Quando hai iniziato a lavorare a Sunday Morning Put-On?

Ho iniziato in un piccolo studio nella primavera dello scorso anno. Abbiamo messo insieme il trio, suonato i miei classici jazz preferiti e trovato il giusto equilibrio tra melodia e canto.

 

Come hai scelto le cover?

Sono semplicemente le mie canzoni preferite, quelle che ascolto e suono da anni. Ho dedicato molto tempo alla lettura dei testi, apprezzo i brani ben scritti perché mi riportano indietro nel tempo a quando ho iniziato a suonare quei pezzi.

 

C’è una canzone a cui sei più legato?

Suono Caravan da quando avevo diciannove anni. La suonavo nei locali ed è un brano fortissimo e scritto in modo entusiasmante. Credo sia la canzone che suono da maggior tempo, ma mi piacciono molto anche I Cover the Waterfront e I Fall in Love Too Easily.

 

Come mai hai deciso di fare un album di cover?

Come i miei fan sanno, ogni tanto tra un disco e l’altro mi prendo una sorta di periodo sabbatico. Mi piace dedicarmi a progetti in cui esploro ciò che amo riconnettendomi con la musica e gli strumenti. 

 

Il tuo avvicinamento alla musica è avvenuto con il Metodo Suzuki

Ho imparato a suonare gli strumenti attraverso il Metodo Suzuki, attraverso l’udito. Ho iniziato a leggere la musica solo quando sono cresciuto. Il Metodo Suzuki è una tradizione orale in cui connetti gli strumenti alle tue orecchie, per questo motivo quando ascolto una melodia, la posso riprodurre immediatamente.

 

Qual è tuo primo ricordo musicale?

Il mio primo ricordo è legato a un violino. Avevo quattro anni, ricordo mio padre tenere in mano un violino mentre io saltavo per cercare di prenderlo. Mi disse di dover prima imparare a rispettarlo.

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Cosa ha influenzato la tua scrittura?

Oltre a imparare a suonare Bach e Mozart con il Metodo Suzuki, le mie maggiori influenze sono arrivate principalmente dal jazz, dalla musica degli anni ’30 e ’40 e dal country blues. 

 

Cosa diresti al te che ha iniziato a scrivere le sue prime canzoni?

Gli direi di andare con calma e di non cercare di mettere milioni di idee in una sola canzone. Capisco quanto quel ragazzo fosse entusiasta, ma poi è stata necessaria la calma per poter trovare altre dimensioni come autore.

 

Che effetto ti fa ascoltare i tuoi primi lavori?

Sono divertenti da ascoltare ma percepisco il forte desiderio di allora di voler mettere tutto in un’unica canzone.

 

Come scegli le canzoni da proporre sul palco?

Per il concerto in Italia ho pensato a brani adatti al contesto. Tra le canzoni ci saranno grandi classici del jazz.

 

C’è una canzone che non ami suonare?

Sì, si chiama Puma e fa parte dell’album Are You Serious? Parla di un momento difficile della mia vita, di quando mia moglie era malata, non mi piace suonarla perché significherebbe rivivere quel periodo. Non avrei voluto scriverla, ma è stato necessario.