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Lamante e l'album In Memoria Di: “La vecchiaia è quando non hai più domande da farti”

Musica

Fabrizio Basso

La giovane artista veneta mette nella sua musica e nei suoi testi la volontà di trasmettere gli eventi della sua memoria che a volte diventa una memoria più collettiva: miti eroici, fotografie di un'eredità umana, testi visuali e descrittivi di un’atmosfera, più che di un umore, ribattezzata “tribale matriarcale”. L'INTERVISTA

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Lamante si lascia indietro il tempo nel suo primo disco, In Memoria diprodotto insieme a Taketo GoharaIn Memoria di è un disco potente composto da undici canzoni che sono state la misura di tutte le cose che hanno accompagnato i primi venticinque anni della vita di Giorgia Pietribiasi. Attraverso le canzoni trasmette e difende la memoria della parte femminile della sua famiglia , per arrivare finalmente a lasciare andare quella storia.

Giorgia partiamo dalla storia di In Memoria Di, un album che è nel tempo e al contempo ne è al di fuori, che le generazioni le raccoglie e le seleziona. In questa indefinitezza c’è un momento in cui ha preso forma?
Sì ma mai stato un mio obiettivo. Tanti che lo hanno ascoltato lo hanno percepito come un concept ma non è vero, quando scrivo…scrivo e basta. C’è però stato un momento focale: quando si è deciso il titolo ha preso forma. E’ uscito con un gioco di parole insieme a Nicolò Bassetto che è il regista dei miei video oltreché il mio compagno. Quando ha pronunciato quella frase ha preso forma. E’ un album trasversale dal punto di vista generazionale, protagonista è la memoria, col titolo ho capito che il laccio tra le canzoni era la memoria.

Ti confesso che i primi singoli li ho trovati faticosi mentre l’album nella sua interezza è potentissimo. Mi ha ricordato La Storia di Elsa Morante e L’Arte della Gioia di Goliarda Sapienza, un po’ Useppe un po’ Modesta.
Una delle frasi che mi dico spesso è che il mondo deve ancora venire ed è quella mia grande speranza. C’è la storia della mia famiglia che si dipana nell’album, che è anche una storia di morti. Dopo di me ci sarà qualcun altro ed è quella mia forza.

“Vent’anni ti sembrano pochi poi ti volti a guardarli e non li trovi più”: è Francesco De Gregori in Buffalo Bill. Lo sfasamento temporale di Ed è proprio così è la versione angosciata 2.0 di quella sensazione?
Lì mi immagino la fine del rapporto tra me e mio padre quando uno dei due non ci sarà più. Mi sono immaginata con un padre anziano e anche io cresciuta osservando quanto mare di tempo ci sarebbe stato alle spalle. Spero di morire non sazia di quello che ho vissuto. La vera vecchiaia è quando non hai più domande da farti.

La borghesia non ti fa più paura ma sei una anarchica mancata: è la formula della disillusione di una poco più che ventenne?
Potrebbe esserlo come una fase nichilista, in realtà lì parlo a mio padre: la mia famiglia ha fatto parte di gruppi extra parlamentari, la politica è parte fondante della mia formazione. Mio padre vive per le idee. Me le immaginavo come mostri, anarchia e borghesia, e poi esci di casa, parli con la gente e vedi la normalità. L’anarchia è legata al concetto di libertà ma soprattutto anarchia non è fare ciò che si vuole, è una idea farlocca e capitalistica.

“Il Cielo piove è la Madonna che si commuove”: sei credente?
Sì lo sono. Sono anche italiana dunque fa parte del retaggio culturale. Mio nonno era un contadino che andava sempre in chiesa, si pregava prima di andare a letto. La mia parte religiosa è importante per me.

In Non Chiamarmi Bella c’è l’ennesimo uomo che mangi, in Ebano rischi di fare innamorare qualcuno: amare è essere voraci oppure è lenta seduzione?
In generale l’amore ha a che fare con la distruzione, quindi è vorace. Parte di noi deve annullarsi per esperire l’altro. A volte noi ci immaginiamo qualcuno che non siamo. Nicolò si è innamorato di me come Lamante e io di lui come Bunni. Poi abbiamo scoperto Giorgia e Nicolò.

Chi è Annamaria cui dedichi una canzone?
Non lo so. Ma quel brano ha convinto Taketo Gohara a produrre l’album. Un giorno mi sono svegliata senza avere niente da scrivere e mi sono costretta a farlo: così è uscita Annamaria.

E’ davvero il tempo di una nuova generazione? O rigenerazione? Hai smesso di vivere all’ombra dei padri? E chi erano, o sono questi padri?
Tutto è cambiato anche se nulla è diverso. E’ così. Parlo per me e per la mia vita dopo questo album. Ora forse sono sotto un’ombra diversa, prima era maligna, intesa come quella degli uomini delle generazioni passate. Mi sono liberata da quello ed è migliorato il rapporto con mio padre. Lui era musicista, io potrei essere la sua seconda possibilità…mi va bene.

Quanto essere nata a Schio ha inciso nella scrittura? E, ovviamente, perché Lamante?
Importante Schio perché tanti mi hanno chiesto come mai suono in modo così diverso e io rispondo perché lo ho fatto a Schio. Dopo le pandemie le province si sono risvegliate, c’è stata una immigrazione di ritorno. A Schio c’è una scena bella di gruppi e studi di registrazione. Lamante? Perché di Giorgia ci sono già la Todrani e la Meloni.

Alla fine…quel mare di tempo è sempre alle spalle oppure oggi lo guardi puntando l’orizzonte?
Rimane sempre alle spalle. Posso non guardarlo, aumenterà sempre di più ma non guardo. Sono bulimica nella vita: da 25 anni, alla mia età, sono un vaso dove conservare tutto. Alla fine ho compreso che la mia missione è recidere i ricordi. La condanna non è l’oblio ma la troppa memoria.

Che accadrà nelle prossime settimane della tua vita artistica?
Il tour va avanti fino a gennaio. Sto portando avanti una collaborazione con Jacopo Benassi per delle performance in gallerie d’arte. E’ giù uscito pezzo per la mostra. Poi sto scrivendo un libro, un intarsio tra un memoir e un romanzo storico sulla mia famiglia. Sai ora a Schio mi riconoscono come artista, quella città è come mia madre: non capisce cosa faccio ma ci crede.

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