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Gabriele Esposito, l'album Accurdammece Vol 1: "L'essenza è mostrarsi senza filtri"

Musica

Fabrizio Basso

Le sette canzoni del progetto raccontano l’amore, ma anche la depressione generazionale e l’importanza del farsi del bene. L'INTERVISTA

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Accurdammece Vol. 1 è il nuovo EP di Gabriele Esposito. Il cantautore campano, a due anni dall’uscita dell'altro EP Via Scarlatti, torna con un nuovo lavoro che riunisce i quattro singoli usciti finora e tre brani inediti. Le sette canzoni che raccontano l’amore, ma anche la depressione generazionale e l’importanza del farsi del bene, primo passo verso una comprensione di quello che è il cammino verso la propria serenità personale.

Gabriele partiamo dal progetto di Accurdammece, dalla scelta dei brani e cosa puoi anticipare del volume 2?
Le canzoni sono nate nel corso di anni, è un primo documento di identità di un periodo della mia vita. Per il volume 2 racconterò di un periodo più recente ma con più maturità, c’è una linea artistica  diversa perché hanno una direzione più definita.

L’avventura inizia con Napoli Lo-Fi, una canzone amara, di lacrime e di sguardi speranzosi alla luna: cosa è rimasto oggi di quel Gabriele?
Il sound sicuramente perché qui fonde una sensibilità r’n’b e soul col sound napoletano, un mix che ha dato spunti ad altri mie lavori. La versione acustica del brano è quella che rappresenta di più il mio mood, che arriva anche col progetto Via Scarlatti: la chitarra è protagonista e la produzione è minimal. All’inizio è importante mostrarsi senza filtri.

Possiamo considerare il primo singolo dell’anno Na Rivoluzione (sento ‘o bbene ca me faccio) quello della svolta, della consapevolezza di sé?
Assolutamente. Nasce figlio di questo periodo di grande esposizione e movimento, ho suonato e conosciuto persone, ho dovuto capire chi mi fa stare bene. Qui c’è la mia rivoluzione interiore.

Voglio Capì racconta l’attesa e l’impazienza, racconta che giocare con i pensieri non sempre porta risultati. È il momento del disincanto?
Lo sto vivendo da una prospettiva di romanticismo, perché io sono romantico, ma lì cito le storie di Instagram e quelle delle frecciatine che mandano. Il mio è un disincanto da quello che non è un gesto amoroso, ma da quella che è la paura di affrontare i sentimenti di persona.

Per altro il tema dei pensieri è anche nel brano successivo e stavolta nel titolo, Aret’ a Nu Penziero. Però stavolta il pensiero è concreto, a lui segue una quotidianità: è la porta per la felicità?
Seconde me sì, la mia serenità dell’ultimo periodo è nelle cose semplici e nell’allontanarmi dalle sovrastrutture che ci appesantiscono e ci fanno soffrire. Sono grato alla quotidianità delle piccole cose che mi portano alla pace alla quale aspiro ogni giorno.

In Piense a T’Annammurà c’è l’amore e c’è il disagio generazionale, parli di un mondo sbagliato e dell’essere padroni del proprio destino anche negli errori: quanto la tua generazione paga gli errori delle precedenti?
Siamo figli di un momento storico dove tutte le cose accumulate culturalmente dalle nostre famiglie ritornano. La mia generazione sta affrontando un momento dove il dialogo si sta aprendo ma ancora ci sono tante opinioni e poche informazioni. Stiamo costantemente imparando a ricercare più informazioni che opinioni, ancora decodifichiamo il passato per una migliore applicazione sua nell’oggi. Siamo, al Sud, mammoni e casalinghi, vogliamo cambiare le cose ma stando a casa, ci facciamo attirare da situazioni che non te lo fanno esaminare serenamente. Io dico che bisogna apprezzare ciò che abbiamo.

Oggi le persone “nun se guardano dint’ ’a ll’uocchie”, sempre gli occhi puntati sui tablet: quanto è difficile scrivere di amore vivendo in un mondo così asettico?
Bisogna nuotare nella nostra individualità. Io nelle canzoni parlo di me e della mia esperienza. Oggi c’è facilità, sui social, di cambiare partner, non ci impegna a capire gli altri che poi è anche un capire se stessi, fuggiamo pure dal confronto con noi stessi e scivoliamo in relazioni più blande. È un brano, il mio, uscito dal nulla, è un grido.

Quando scrivi “Nunn’è sulo ammore, è ‘na rivoluzione” ti senti un vero rivoluzionario?
La cosa principale è l’amore come rivoluzione poi ognuno la porta avanti come crede, io lo faccio con la musica. Qui la rivoluzione è interiore ma arriva col riconoscimento della persona che mi fa stare bene. Infatti dico che se mi stringe sento il bene che faccio a me stesso.

Si m’annammor’ racchiude tutte le inquietudini dell’amore: all’inizio il sole sembra lontano ma quando la luna se ne va e inizia la giornata… è lì che spariscono le pare?
Avverto molto l’energia del sole e della luna sul mio umore. Non so se sono più mattutino o notturno, a livello statistico ti dico che sono più creativo la notte. Sono del segno della Bilancia e dunque ricerco l’equilibrio anche inseguendo gli opposti.

Ora sei in tour e poi che accadrà? Subito al lavoro per il Volume 2?
Il tour va avanti in estate, poi mi prenderò qualche giorno per scrivere, mi piace fare session in una casetta affittata in posti speciali. Andrò a vedere qualche concerto e a settembre uscirà il videoclip Nu ricordo luntano e così si chiude il cerchio.