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Renzo Rubino e l'album Il Silenzio fa Boom: “Le debolezze ci definiscono e rendono umani"

Musica

Fabrizio Basso

Credit Clarissa Ceci

A dieci anni dal suo esordio discografico e dalla sua prima partecipazione al Festival di Sanremo, l'artista pugliese torna con un progetto intimo e autobiografico, che è un invito alla sua personalissima festa patronale: un microcosmo di musica, gioia e vitalità che celebra l’esistenza umana in tutte le sue sfumature, un progetto dal respiro felliniano, in cui storie dal tocco onirico si calano nel presente, tra dolci illusioni e amara realtà. L'INTERVISTA

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Il silenzio fa boom, l'attesissimo nuovo, intenso, palpitante album di Renzo Rubinoè il momento esatto in cui due persone si stanno innamorando, è quel momento in cui prendi per la prima volta in braccio tuo figlio o, nel caso di Renzo Rubino, un nipote. È il momento in cui sei colpito dalla meraviglia che ti lascia senza fiato, è anche la festa, la banda. E, per l'appunto, nel cuore de Il silenzio fa Boom pulsa la forza della Sbanda, che accompagna Rubino nei dieci brani che compongono il disco. Una formazione unica nel suo genere, che rievoca l'anima della banda di paese, con i suoi componenti provenienti da diverse parti d'Italia e uniti dalla passione per la musica. Non musicisti professionisti, ma persone comuni che, come il panettiere, il macellaio o l'assicuratore, si ritrovano a suonare per ricrearsi dagli impegni quotidiani. E proprio da questa spontaneità nasce un suono antico eppure moderno, capace di emozionare e coinvolgere. Un suono che affonda le sue radici nella tradizione musicale italiana, un patrimonio prezioso da salvaguardare e valorizzare. La scelta di Renzo Rubino di collaborare con la Sbanda non è dunque casuale: è un omaggio a questa tradizione e un modo per darle nuova vita. Dietro le quinte de Il silenzio fa boom due eccellenze della musica italiana: Taketo Gohara e Mauro Ottolini. Il primo, produttore di fama internazionale, il secondo, jazzista di straordinario talento, che ha firmato gli arrangiamenti e diretto la Sbanda, infondendo al progetto la sua inconfondibile impronta. Le registrazioni, avvenute al Teatro Verdi di Martina Franca, si sono svolte in un clima di ritrovata familiarità. Un'atmosfera che ha contribuito a creare un album caldo e vibrante, permeato da una forte energia collettiva.

Renzo partiamo dalla storia di Il Silenzio ha fatto Boom, un album che ha avuto una gestazione infinita: cosa ti ha rallentato e come lo hai costruito? E come è nato il titolo?
E’ un lavoro strutturato e complesso, un lavoro di scrittura, arrangiamenti, fogli per aria e matite spezzate. Un lavoro certosino e appassionato, abbiamo lavorato alla vecchia: ogni strumento aveva una sua importanza, un lavoro antico che torna attuale. I tempi sono stati lunghi perché un lavoro creato con cura ha i suoi…tempi pure nella gestazione. La copertina stessa ha avuto bisogno di tempo. Tu che conosci la mia terra, immagina la primavera, una quercia in valle d’Itria, il bianco di Locorotondo e la persona che ami al fianco: quel silenzio diventa esplosivo. E’ lo stesso che vivo quando prendo in braccio mio nipote e svanisce il male intorno a noi. E’ il disco della vita, ho perso persone care, famigliari e amici, mi ha fatto tirare fuori il malessere restando gioioso.

Mario Desiati nell’introduzione ti ha definito “uno scombinato eroe”: chi sono oggi gli eroi?
Mario è stato eccessivo e lo ringrazio. Un eroe credo perché, al di là del tempo, in musica affronto il mio mestiere con dignità e senza paura, conscio che è più difficile da comunicare per quello che è l’orecchio collettivo attuale. Eroi sono le persone libere.

Ti presenti, tu che sei con un maestro di parole, con un brano acustico, che ha un inizio distorto, quasi punk, per poi passare a una melodia romantica: anche questo è un incipit scombinato, come lo hai pensato?
San Donaci è una marcia che torna sempre in ogni angolo delle strade. Dietro c’è quel pazzo di Taketo Gohara: voglio fare capire la compressione di questi anni cosa può generare, un suono chiuso e metallico che diventa super spaziale. E’ una intro a pressione.

Mal D Chep è una canzone d’amore d’altri tempi: quanto è difficile scrivere d’amore oggi che ci si conosce e ama su Tinder? La parola resistere assume dunque una valenza speciale?
Sono innamorato dell’amore, anche di quello monotono, quello di tutti i giorni; ne ho parlato spesso nei miei testi ma qui è più forte essendo un disco di sentimenti. Ho perso mio nonno che per me era il padre, è stata una botta. Il rito di sapere che a casa ci fossero i miei nonni, di fatto i miei genitori, è volato via e quindi cambiano le abitudini ma questa è la vita. Ci rende eterni la costruzione di un amore.

La Madonna della Ninna Nanna sembra uscita da una storia di Guareschi, è Peppone e Don Camillo: quale è il momento in cui “trasformiamo in sacro tutto quanto il sesso per te”?
Hai colto una frase che amo molto. Mai sono stato attratto esclusivamente dal sesso, il buon sesso si fa quando c’è sentimento. Stiamo attenti nel mescolare fisicità e sguardi, può diventare un connubio incontenibile.

La Patrona delle Piccole Cose è un inno alla quotidianità: le lacrime che non si lasciano asciugare ma si trasformano, cosa diventano?
Si possono asciugare e diventano tenerezza, è il non avere paura delle proprie debolezze. La società ci porta a essere forti e belli, a cambiare costantemente e qui c’è un disco che invece ti porta a mostrarti per quello che sei, senza paura di quelle debolezze che possono definirci e renderci umani.

Charpentier mi sembra la versione 2.0 di Shampoo di Giorgio Gaber. Ci hai pensato? E se dovessi creare un tuo profumo quali essenze non dovrebbero mancare?
A Gaber ci ho pensato dopo, è anche una citazione a Goigest che è il mio ufficio stampa. E’ tra i grandi che mi hanno fatto venire voglia di scrivere, è un mio angelo custode. Amo i profumi e il mio sarebbe legnoso con incensi, palosanto, sandalo e un po’ di bruciato.

Porto Rubino è nato per “sbriciolare tutte le paure e darle in pasto ai pesci”? Patchouli è la forza motrice della vita, quella che ti tiene in rotta quando hai l’acquario sotto il mento?
Sono inevitabili i riferimenti al mare, anche dove non ci sono come nel caso di Patchouli. Il porto è un luogo di salvezza, e nel mare, che è vita, si naviga tra i pericoli: ogni volta che esco in mare ci sono problemi ma ci si ritrova poi nel porto. Porto Rubino è stato la mia salvezza, mi ha dato stabilità e la forza di continuare, è la sola canzone del passato che è in Il Silenzio fa Boom, è un omaggio al Festival e alla vita.

“Lontano dallo specchio senza essere perfetto” è il pensionamento Narciso, il superamento della vanità: quanto oggi la libertà è una conseguenza dell’essere se stessi?
Non bisogna temere di apparire, bisogna farsi scivolare addosso i commenti negativi, anche quelli social. Occorre capire chi si è per stessi, in primis. Io sono fiero di essere me stesso: se voglio indossare i tacchi lo faccio, per fare un riferimento all’apparenza, ma vale anche all’essere se stessi nel mondo: non si deve piacere per forza a tutti.

Indaco è una favola con una origine romantica, scritta per una coppia di sposi. A proposito di favole, quali erano, o sono le tue preferite?
I destinatari sono Angelo e Maria, della cantina San Marzano. Mi chiesero di fargli da testimone di nozze e non sapevo cosa regalargli dunque gli ho scritto una composizione solo musicale e il giorno delle nozze ho regalato loro gli spartiti e suonato il brano con la Sbanda. Mi hanno detto che sarebbe rimasto un regalo incompiuto senza le parole e senza entrare in un disco. Io vedo l’amore in loro. La mia favola di sempre è Pinocchio, il voler diventato un bambino vero ed essere accettato.

Possiamo definire Porto Rubino la tua My Way? Il leopardiano naufragar m’è dolce in questo mare? Insomma la canzone della quiete interiore?
La ho scritta in pieno lockdown a Milano, è una esigenza personale di serenità. Ci sono canzoni che stancano e altre che ti portano sempre in un tempo e uno spazio di pace.

Il progetto che il covid ha interrotto vedrà prima o poi la luce o resterà materiale d’archivio?
Ci sto già rimettendo mano. Ogni volta che facevo un progetto…faticava a completarsi. Ora materiale ne ho tanto, ho una bellissima squadra di persone che crede in me e dunque ho il tempo per riprendere i progetti sospesi.

Cosa puoi dirmi del tour e dell’edizione 2024 di Porto Rubino?
Per Porto Rubino sto lavorando sul cast, presto racconterò tutto, manca poco. Con La Sbanda voglio suonare tutta l’estate e si può andare ovunque. In inverno concerti al chiuso per chiudere il cerchio”.

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