Ligabue in concerto: “Sessanta anni fa il Vajont, non possiamo permetterci di dimenticare”

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Fabrizio Basso

Fabrizio Basso

Debutto in Arena di Verona per il tour che accompagna l’album Dedicato a Noi. Il cantante sul palco ricorda la tragedia del Vajont. Molto rock e molta memoria per un popolo che da oltre trent’anni vive tra palco e realtà. LA RECENSIONE

Siamo vicini alle 40 volte di Luciano Ligabue in Arena: “Ho una brandina qui dietro ci dormo tutto l’anno e ogni tanto mi dicono, vieni adesso tocca a te!”. Poi lancia quella che definisce una delle sue canzoni più belle di sempre, ed è La Metà della mela, ma arriva con un pubblico già scatenato da Questa è la mia Vita e Balliamo sul Mondo. Io lo chiamo il LigaRock perché è quello che invade i gradoni scaligeri e accarezza l’anima. La sua è una storia che non invecchia mai, è una storia che segue la Via Emilia e si corrobora tra Lambrusco e Popcorn. Una seducente intro ci accompagna in Così Come Sei al cospetto di una Arena che sembra il Viva Festival, tutti in piedi, qui si canta e si balla come non ci fosse un domani, anzi come se di domani ce ne fosse sempre un altro. E a proposito di altro ogni sera ci sarà una scaletta diversa e “ne ho trovato un pezzo che da un po’ di tempo non facevo, si chiama Viva. E’ un boato che lo accoglie in questa Arena “viva per quella che sei, sempre pronta”…e infatti questa serata è per te. Dopo questo risorgimento torniamo nel presente con Riderai, brano che è il capofila del nuovo album Dedicato a Noi. Quella che non sei ci riporta a quella sospensione del tempo che in Italia è rara: Luciano con suo incedere fiero e forte racconta una storia umana che non ha confini, perché ognuno di noi è Quella che non sei! Il pubblico è l’onda di Hokusai, freme, ribolle ma non fa danni anzi corrobora. Una scarica elettrica ci porta dentro l’Happy Hour. E quel che è sicuro è che Sarà un bel Souvenir. Ligabue si muove sul palco con una leggiadria da Templare e il finale, come un crescendo rossiniano, porta riflessi chiari e riflessi scuri ma comunque riflessi di poesia.

Ligabue

Siamo a metà e dunque è l’attimo di Una Canzone senza tempo con quel Ponentino che tiene diviso il cielo e il panorama. La grandezza del Liga è che riesce a essere rock anche quando è fermo, anche senza il Bar Mario e le Bamboline Barracuda. Sono i trent’anni di un album che “c’è un pezzo che so che qualcuno ama in modo particolare e che dici che qui e là ce ne vogliono due”. Oggi parlare sulla musica è la norma ma quando Luciano lo fece su I Duri hanno due Cuori si urlo all’eresia. Tre decenni dopo siamo qui a celebrare un visionario. Il palco è una festa, un po’ Blues Brothers un po’ Animal House, tanto John Belushi è sempre lì, con i suoi due cuori. E quando I Ragazzi sono in Giro, con quel palco che assume le sfumature di un agrumeto della Costiera, mi guardo in giro e penso che manchi una sola cosa, qualcuno che lanci il pogo per deificare l’energia punk con la quale gli strumenti colonizzano l’Arena. “Non abbiamo cos tanto spazio per ricordare tutto e non possiamo ricordarcelo, esattamente 60 anni un monte è franato in un bacino creando un’onda tra i 170 e 250 metri: non ci possiamo permetterci di dimenticare”. L’Arena si fa silente, va in apnea e con un applauso abbraccia una generazione uccisa dall’incuria. Non è facile riabbracciare il rock, Lettera a G è melanconica e solo con I Ragazzi che Vogliono Viaggiare in prima la tristezza si siede in una parte del cuore. Ci si avvicina al gran finale, Si Viene e Si va insieme a Il Peso della Valigia mantengono alto un ritmo che esplode con Marlon Brando è Sempre Lui (da antologia la schitarra di Niccolò Bossini) e Tra Palco e Realtà, due pietre angolari della storia del rock made in Italy. Facendo un passo indietro “Ora forse ti puoi riposare” ma qui nessuno ne ha voglia, quella quattro farfalle un po’ più dure a morire si sono moltiplicate all’infinito. E’ l’ora dell’attimo di sospensione, delle strette di mano e dei sorrisi. Ma è proprio un attimo perché arriva Dedicato a Noi che tira la volata a quel capolavoro che è Certe Notti, un manifesto generazionale, il trionfo e il fallimento della provincia, declinato con quella rabbia delicata che mi fa pensare a Cesare Pavese, Ignazio Silone, Beppe Fenoglio e la sua Malora, a Pier Paolo Pasolini, ai vinti di Nuto Revelli. L’arrivederci non può che essere Urlando contro il Cielo. E che urlo. Siderale e…Dedicato a Noi, che certe notti non possiamo non esserci.

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Ligabue

Il concerto è finito, l’Arena si spopola, i più se ne vanno urlando la loro gioia contro il cielo. Manca poco a mezzanotte quando Luciano Ligabue arriva in sala stampa per una chiacchierata informale ma libera e schietta, come è nella sua natura. E si parte dalla dedica a noi del fresco album e quella ai 60 anni della tragedia del Vajont: “Il mio album è una dedica che facciamo anche a noi stessi. I tempi li conosciamo e quello che so è che la velocità per metabolizzare tutto quello che ci accade intorno non è al mio passo; vedo che la memoria si accorcia sempre di più. Il Vajont è un simbolo, con lui è finita la civiltà agricola, ha ceduto il passo a quella industriale e non entro nei meandri delle colpe. Poco tempo fa, col gruppo dei miei amici di sempre, abbiamo fatto il giro delle caserme dove avevamo fatto il servizio militare e dunque sono tornato a Belluno: lì ho conosciuto la vedova di un sopravvissuto che mi ha raccontato cosa significava essere la moglie di un sopravvissuto a quella cosa, che silenzi e che pudore portava agli altri. Non abbiano spazio empatico per soffrire per ogni tragedia ma dobbiamo avere la memoria. Qualcosa devo fare anche io, ho saputo che proprio mentre io ero sul palco il Vajont veniva ricordato in tantissimi teatri d’Italia: i miei concerti sono una festa, so che è eresia quello che ho fatto per un evento live, ma qualcosa devo fare. Nella prima sera in Arena ho ricordato il Vajont, poi vedremo. Fanculo il mondo dell’applauso garantito, quando hai il microfono in mano hai un potere e dunque bisogna soppesare mille volte le parole e il mio sogno è parlare solo col mio lavoro”. Focalizzandoci sul concerto Ligabue spiega che “è una cosa anomala salire sul palco con tre chitarristi e se ci sono io anche diventano quattro: è una scelta spudorata e non in linea con questi tempi. Le chitarre dunque occupano tanto spazio, però mi piace proporre i brani nella maniera più fedele possibile. Sarà un bel Souvenir non la facevo da tempo come Viva e ogni sera apporterò piccoli cambiamenti. Ci sarà una intro ad hoc per ogni canzone che arriva da Dedicato a Noi per riscoprire il gusto della sorpresa. Mi porto dietro un senso di colpa e del dovere catto-comunista e voglio vedere contenta la gente: ho visto una ottima reazione su La Metà della Mela (tra le nuove la più cantata, ndr), brano che mi emoziona tantissimo. Questa è la canzone che più amo ma è Dedicato a Noi che raccoglie il senso dell’album, il dedicare noi a noi stessi anche se so che è un rischio farla all’inizio dei bis. Poi sono i dieci anni di Mondovisione, l’album che ha il record di biglietti venduti, eppure la prima sera non c’era alcuna canzone in scaletta. Comunque abbiamo pronte circa 40 canzoni, e fosse per me sarebbero 120, 130, ma i musicisti hanno bisogno di tempo. Questo però mi permette di cambiare qualcosa ogni sera e di sorprendere”. Trent’anni fa, per l’esattezza a gennaio 1993, usciva l’album di Luciano Sopravvissuti o Sopravviventi: chi è oggi il Liga? “Non ho corso così tanti rischi da considerarmi un sopravvissuto, mi sento più un sopravvivente. Gli anni Venti di questo millennio sono terribili, penso anche a quello che è successo sabato, un nuovo scenario di guerra. Vorrei fare di più, faccio quello che posso col mio mestiere. Diventiamo assuefatti alla cronaca e ci stacchiamo gli uni dagli altri e ciò mi preoccupa”. Stasera per Luciano seconda data in Arena e poi si passa nei palazzetti per un tour che terminerà l’1 dicembre a Messina: “Voglio sorreggere Dedicato a Noi perché oggi gli album hanno una vita breve, dunque vorrei sostenerlo un po’ più a lungo di quanto ci si aspetti. Come non lo so. Fosse per me farei un concerto ogni sera!”. Sul palco Luciano Ligabue sarà accompagnato da Il Gruppo: Fede Poggipollini, Niccolò Bossini, Max Cottafavi, Luciano Luisi, Ivano Zanotti e Davide Pezzin.

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