Ligabue: "Dedico le mie canzoni al tempo che dobbiamo regalare a noi stessi"

Musica
Fabrizio Basso

Fabrizio Basso

Credit Maurizio Bresciani

Dedicato a Noi è un viaggio nella nostra epoca, nelle nostre paure e nelle nostre speranze. Il 9 ottobre dall'Arena di Verona parte il tour. L'INTERVISTA

Anticipato dai singoli “Riderai” e “Una canzone senza tempo”, venerdì 22 settembre esce Dedicato a Noi (Warner Music Italy), il quattordicesimo album di inediti di Luciano Ligabue e la venticinquesima uscita discografica della sua carriera ultra-trentennale, che arriva a distanza di tre anni dalla pubblicazione dell’ultimo album di inediti 7 e della raccolta 77+7.

 

Luciano partiamo dalla storia dell’album: quando e come ha preso forma?
Col tempo. Ci siamo detti che non c’era nessuna fretta, ho il mio studio e dunque nulla incide sulle tempistiche. L’album è prodotto da me con Fabrizio Barbacci e co-prodotto da Niccolò Bossini, con la produzione esecutiva di Claudio Maioli. Da trenta canzoni siamo arrivati a undici e sono loro che si sono fatte scegliere; poi ci siamo dedicati alle scelte estetiche, ovvero come arrangiarle, che suono dare…
In Così come sei dici che “i figli ce la fanno senza di noi”: da cosa nasce questa certezza? Non hai la sensazione di avere intorno dei ventenni che hanno riscoperto il valore della piazza e con le idee chiare ma con un futuro nebuloso?
Sono i due protagonisti di Salviamoci la pelle che erano scappati da famiglie disfunzionali e li ritroviamo a 50 anni ancora capaci di salvarsi la pelle insieme; nel frattempo hanno avuto due figli, forse tre, che sono indipendenti e possono essere loro stessi. Sono loro che lo constatano. Io ho una figlia di 19 e chi ha questa età ha avuto una vita segnata dalla pandemia e ha fragilità diverse. L’adolescenza è un periodo formativo fondamentale.
Inoltre, sempre in riferimento a quel “senza di noi”: credi che abbiano superato i danni che hanno ereditato dalle generazioni precedenti? L’apice con i Baby Boomers e poi un costante declino. Chiudi parlando in un destino scritto da “altri altre vite fa”.
Non mi assolvo, io ho fatto del mio meglio per non lasciare disastri dietro di me ma non so se la società ha fatto altrettanto. Questo è il peggiore dei nostri sei decenni, non solo pandemia, la guerra nel nostro continente, le catastrofi climatiche e la cronaca nera, ma subiamo un arretramento culturale fatto di femminicidi e stupri. La Gen Z è da psicologo, non ha una idea di futuro e forse neanche la voglia di affrontarlo. Siamo frammentati, isolati, forse abbiamo più paura. Il noi che sottolineo riguarda la famiglia, la cerchia di amici, il noi che io vedo quando faccio concerti, di un pubblico col quale condividiamo valori e principi e cose in comune, è un noi idealizzato e più allargato ancora: c’è chi si sente sempre fuori da qualcosa ma ha in comune valori, aspettative e principi e non si rassegna a questa condizione. Non è tempo per noi e forse non lo sarà mai, qui il noi è dedicato anche al nostro tempo. Al tempo che dobbiamo prenderci per essere noi stessi.

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Il verso “Reggio è solo un’altra idea” mi ricorda L’Isola non trovata di Francesco Guccini, cui per altro tu hai dedicato una canzone in un momento complicato della tua vita artistica: che valore diamo oggi alla parola idea?
Quello che merita, attraverso di lei creiamo e facciamo, ci identifichiamo, è un motivo per scendere dal letto la mattina. Il mio è un mestiere fatto di idee e dunque restano un valore centrale.
Quale è l’ultimo rimpianto cui hai mostrato il dito medio?
Quello di non avere potuto fare il tour di Made in Italy per l’intervento per il polipo ma poi ho recuperato.
La metà della mela è la quotidianità dell’amore, è incomprensioni, sesso, condivisione… È un bel messaggio per chi oggi l’amore lo vive attraverso i social, non credi?
È come ho affrontato la storia mia e di mia moglie, sentimenti forti che vanno oltre la routine. A livello emotivo è il pezzo che più mi emoziona.
Tanto prima o poi saremo giovani: anche questo è un brano d’amore. Mi domando però se anche prima o poi saremo liberi… Chi è oggi un uomo libero? Per esserlo, collegandomi a Musica e parole, bisogna fuggire “alle grinfie del mondo”?
Canto “ci sarà chi fa la storia, ci farà chi fa la sua, dedicato a chi rimane ancora qui come tutti a tanto così”: Ognuno è sempre a tanto così dall’essere splendido, libero e giovane, idea che uso come provocazione. La fiducia c’è. Per essere liberi bisogna essere dentro il mondo e conviverci. Bisogna essere liberi di essere se stessi.
In Quel tanto che basta nella seconda strofa ricorri per due volte al concetto di ridere ed è già un'illuminazione, ma nel finale dici che finalmente non stai pensando a niente: ho pensato all’otium nell’accezione latina. Perché è così difficile fermarsi? Anche solo per una sera. Per altro in Chissà se Dio si sente solo, l’incipit è proprio “paura di stare soli”. Che è un tema che spesso è presente nei tuoi testi.
Ridere è una delle risorse che abbiamo, rappresenta quando uno sta bene e l’album infatti si chiude con Riderai. Parlo della paura di stare soli dentro troppo compagnia, ne ho bisogno e temo l’idea di sentirmi solo. C’è la paura di essere o non essere come gli altri. Poi ci colleghiamo all’iconografia cattolica dove penso che un signore con barba bianca da lassù non veda un grande spettacolo e mi chiedo: chissà se si sente solo?
Hai una risposta?
Penso che si senta un po’ abbandonato.
Stanotte più che mai è una canzone di disagio, tra i due anni rubati e lo xanax, ma alla fine si prende il giorno così come è: la vita è così? È così che oggi ci salviamo la pelle? Basta giorno dei giorni?
Cerchiamo quel tanto che basta, quello che serve. Tutto è ipertrofico, dobbiamo avere tanto e tante informazioni in una routine che non ti fa mai sentire appagato. Quel tanto che basta è canzone più pacificata: questa è la settima del disco, che come sai è il mio numero totemico. Siamo nell’occhio del ciclone, c’è la calma assoluta.
Cosa puoi anticiparmi del tour? Quanti brani di Dedicato a Noi pensi possano entrare in scaletta?
L’idea è di cambiare le scalette se non ogni sera quasi, è un mio desiderio. Chi viene deve avere una sorpresa e non essere preparato dai social.

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