Il concerto dei Sigur Ros a Mantova, la recensione

Musica
Fabrizio Basso

Fabrizio Basso

La band islandese ha entusiasmato per due ore l'incantevole, e incantata, piazza Sordello. La soddisfazione, le riflessioni e il desiderio di Fulvio De Rosa, head manager di Shining Italia, che col suo team cura il Mantova Summer Festival

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Piazza Sordello è una bomboniera. E, anche questa volta, si è vestita a festa per accogliere i Sigur Ròs, pionieri di una musica elettronica che quando ha debuttato sul palcoscenico mondiale, ed era il 1997 con l'album "Von" (anche se loro nascono come band post-rock nel 1994), ha scosso gli animi per un rigore fantasioso che, negli anni, ha generato tanti figli, che la hanno dissezionata e riassemblata, dandole mille sfumature: qualcuno lo ha fatto con stile (cito per tutti Jònsi, mùm, Amiina e Mogwai) ma molte sperimentazioni "sigurrossiane" sono dimenticabili. Due ore sul palco per questi islandesi dal volto di ghiaccio che non mostrano emozioni né empatia. Certo, qualcuno dirà che loro devono fare musica e non essere simpatici, ed è vero. Ma è altrettanto vero che con un sorriso e un grazie è più facile lo scambio di emozioni. La scaletta è composta da Glòsòli, Vaka, Svefn-g-englar, Ekki Mukk, Ny batterì, Ylur, E-Bow, Sæglópur, Daudalagid, Festival, Kveikur e Popplagio. Ho apprezzato che alla fine non hanno perpetrato la pantomima dell'uscita e del ritorno per i bis: finito il concerto sono riapparsi solo per raccogliere l'ultimo applauso di un pubblico comunque entusiasta. Personalmente ho apprezzato la modulazione sonora che li ha traghettati dalle atmosfere morbide dei primi brani a un finale più vibrante. Sul videowall immagini per lo più oniriche, alcune con i toni pastellosi delle tele di Edward Hopper altre più fluorescenti. E' un bel viaggio nel passato, è un po' come tornare al big bang della musica nordica. Ma aggiungo anche che si sente un po' di odore di naftalina in alcuni momenti. Lo so, loro sono così e sono sempre stati così. Non è la prima volta che assisto a una loro performance. Ma se prima li ho vissuti come visionari oggi li sento parte di un unicum. Chiaro che se ragiono su "Ekki Mukk", brano pubblicato nel 2012, e penso alla prima volta che lo ho ascoltato l'emozione è potente, ma ieri sera lo ho trovato meno impattante sull'anima. Si sciolgono, purtroppo, i ghiacciai, se i Sigur Ròs si sciogliessero un pochino forse l'abbraccio sarebbe più caldo. Questo non significa snaturarsi ma portare, col sorriso, una rivoluzione epocale nel 2023.

Sigur Ros

Mantova, da anni, è un punto di riferimento dell'estate (e non solo) musicale e culturale italiana. Oltre alla collaborazione delle istituzioni occorre, per essere calamitanti in una stagione che pullula di concerti e festival, essere visionari. Ovvero anticipare i trend, a oltre assecondarli altre volte bisogna osare. Il Mantova Summer Festival è trino, nel senso che portando sul palco di piazza Sordello, in questo torrido luglio, Sting, Sigur Ròs, Onerepublic e Fabri Fibra, dimostra di conoscere bene il concetto di accoglienza trasversale. Una linea sottile che va percorsa senza guardarsi indietro altrimenti i ripensamenti da sussurro si fanno boato. E qui entra in scena, anzi dietro la scena, Fulvio De Rosa, Head Manager di Shining Production, colui che, accompagnato da uno staff impeccabile, accende tanta musica in Italia. Mantova è un suo orgoglio: "Da quando collaboriamo con l'amministrazione - mi racconta- abbiamo l'opportunità di utilizzare a luglio piazza Sordello e a settembre l'Esedra di Palazzo Te. Nel 2018 siamo ripartiti con Ennio Morricone e con la consapevolezza che è più significativo distribuire le serate, anche per agevolare il turismo. La stessa filosofia adottiamo in inverno distribuendo le proposte Teatro Sociale di Mantova". Tutti i concerti della città dei Gonzaga se non sono sold out è perché mancan una manciata di biglietti. Dunque, nell'estate del sovraffollamento musicale questa è un'oasi serena: "Ero preoccupato già dal 2022 -spiega De Rosa- e temevo l'effetto elastico mentre invece si è allargata la forbice del mercato: l'Italia è leader per i grandi eventi, questa estate abbiamo 19 concerti a San Siro. I grandissimi eventi vanno bene, pensiamo al caso di Lana Del Rey che ha richiamato 20mila in pochi giorni. Forse manca la fascia di mezzo ma il nostro campionato gioca tra zero e 10mila posti. Inoltre, siamo sempre attenti al costo del biglietto: se in passato il costo era discriminante oggi conta molto anche l’esperienza: bruciati, ad esempio, i meet and greet con Sfera Ebbasta che arrivano intorno ai 200 euro. Mi sento di dire che il segmento delle fasce giovanili è quello in sofferenza forse perché l'associazionismo è in crisi: ti dico che sono soddisfatto da imprenditori ma percepisco un impoverimento culturale". Infine uno sguardo al futuro, perché anche se il programma del 2023 è solo ai primi passi, Fulvio de Rosa, sottotraccia, sta già lavorando sul 2024 e coltiva, in cuor suo, un desiderio: "Prima spendo due parole per il fenomeno Pinguini Tattici Nucleari: rappresentano la speranza col loro pop naturale e spontaneo. Personalmente mi piacerebbe creare un festival dove la partecipazione non è legata ai nomi in cartellone ma alla voglia di esserci. In Italia mi viene in mente solo il Nameless dove compri l'abbonamento senza vedere chi sale sul palco: nasce come festival elettronico poi si è allargato. Il MiAmi ci va vicino ma è legato solo al mondo Indie. Non ho una formula magica ma credo che la strada giusta sia non copiare ciò che accade all'estero e giocare sulla cucina e sulla bellezza del nostro paese e inventare una esperienza".

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