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Bob Dylan in concerto, quando la musica torna (finalmente) ad essere protagonista

Musica

Valentina Clemente

©Kika Press

Luci soffuse, una band di cinque musicisti, pressoché nessuna interazione con il pubblico e zero cellulari ammessi in sala: il concerto di Bob Dylan è una meraviglia per occhi e anima. Sì. Perché, finalmente, il centro di tutto torna ad essere la musica, portata sul palco da un gigante che, però, si fa vedere a malapena. Ma si fa sentire, senza urlare. Siamo stati alla seconda data del tour italiano di Bob Dylan al Teatro degli Arcimboldi di Milano, ecco il nostro racconto

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Si intravede a stento, ma la sua voce si sente eccome. Bob Dylan arriva in scena puntualissimo preceduto, qualche istante, dai cinque musicisti che compongono la sua band. Si mette dietro al pianoforte e inizia a cantare “Watching the River Flow” e, per almeno quattro canzoni, il suo volto è nascosto dal pianoforte. Una poesia, soprattutto in una contemporaneità in cui apparire è tutto, il Menestrello del Rock ci spiega, ancora una volta, ciò che conta. 

Nessun telefono, nessuna ripresa: la musica sola protagonista

Seconda data del tour italiano per Bob Dylan che, dopo le due serate al Teatro Arcimboldi di Milano, proseguirà a Lucca (6 luglio), a Perugia il 7 luglio e a Roma due giorni dopo, il 9 luglio. Ma soprattutto un tour in cui sono vietate riprese, foto e cellulari in sala. Una posizione non negoziabile e chi ha scelto di venire a sentire Dylan altro non ha fatto che far chiudere in una custodia il telefono, per poi rivederlo al termine del concerto. Una scelta che ha reso ancora più magica la serata.

Gli spettatori, infatti, tra cui spiccano anche numerosi ragazzi (e non solo con i genitori, ma con altri amici), alleggeriti dal dover scegliere il momento perfetto da fotografare o la parte di canzone da registrare, si godono ogni istante, cullati dalla musica del Premio Nobel. Lui si concede il minimo indispensabile e i pochissimi “Grazie”, pressoché centellinati, scatenano un boato tra i presenti a teatro.

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Un gigante nascosto (dal pianoforte)

Un’ora e quaranta minuti di concerto in cui, tra le diciotto canzoni, si ascolta grand parte dell’album “Rough and rowdy ways” del 2020, visto che occupa metà della scaletta. Non ci sono alcuni dei più grandi successi di Dylan (e al termine del concerto qualche lamentela si sente, ma sono pochissime), ma quello che il cantautore porta sul palco, accompagnato da cinque straordinari musicisti (vestiti di nero, proprio come Dylan) basta per far urlare, in più occasioni, “Gigante”, “Bravo” a gran parte del pubblico.

Lui ringrazia a fatica, non parla mai, non interagisce con il pubblico. Al termine di

"Every Grain of Sand" ultima canzone in scaletta, Dylan fa un cenno con il capo e se ne va. Nessun bis, nessun gesto di ringraziamento. Nessun gesto di empatia, certo, ma possiamo dire che, senza alcun dubbio, la musica è tornata ad essere l’unica protagonista. Ed è bellissimo così.

 

La scaletta del concerto

Watching the River Flow

Most Likely You Go Your Way and I'll Go Mine

I Contain Multitudes

False Prophet

When I Paint My Masterpiece

Black Rider

My Own Version of You

I'll Be Your Baby Tonight

Crossing the Rubicon

To Be Alone With You

Key West (Philosopher Pirate)

Gotta Serve Somebody

I've Made Up My Mind to Give Myself to You

That Old Black Magic

Brokedown Palace

Mother of Muses

Goodbye Jimmy Reed

Every Grain of Sand

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